Stefano Porciello per “il Messaggero” del 14 febbraio 2021
I resti del leggendario pirata inglese Samuel Black Sam Bellamy potrebbero essere stati finalmente trovati nei pressi del sito del naufragio della sua nave, il Whydah, affondata al largo di Wellfleet, nel Massachusetts, nel 1717. Uno scheletro? Non proprio: si tratta resti umani appartenenti a diversi pirati e della speranza di un colpo di fortuna.
Secondo le notizie riportate da diversi media angloamericani, che citano fonti del Whydah Pirate Museum di Yarmouth, le ossa o quanto ne rimane di sei pirati sarebbero state identificate all’ interno di alcuni ammassi compatti di materia recuperati nei pressi del sito che, se passati ai raggi X, rivelano il loro segreto. Si tratta di concrezioni di sabbia e roccia formate sul fondo dell’ oceano e che, a quanto pare, avrebbero catturato al loro interno manufatti, monete e in questo caso anche resti umani.
«Ci auguriamo che la tecnologia moderna d’ avanguardia ci aiuti a identificare questi pirati e a riunirli con eventuali discendenti che potrebbero essere là fuori», ha dichiarato l’ esploratore subacqueo Barry Clifford, che nel 1984 ha scoperto il sito del naufragio.
Ora, si spera nel colpo grosso: riuscire a ricollegare almeno uno dei resti umani ritrovati al leggendario pirata, identificando i resti di Bellamy grazie al Dna. A disposizione del team investigativo del museo ci sarebbe un campione adatto al confronto, ottenuto nel 2018 da un discendente inglese del capitano del Whydah.
Già allora, infatti, il ritrovamento di resti umani aveva fatto trattenere il fiato finché l’ analisi del DNA non ha rivelato che l’ osso analizzato proveniva da un uomo in qualche modo legato all’ area del Mediterraneo orientale, ma che purtroppo non era Bellamy.
Ora, la notizia delle nuove scoperte riaccende l’ interesse verso la storia del pirata e su parte del suo tesoro raccolto al Whydah Pirate Museum. La collezione del museo è infatti basata sui ritrovamenti fatti nel sito archeologico scoperto nell’ 84, e vanta anche una collezione di 15.000 monete dell’ epoca. Si tratta solo di una parte del patrimonio di manufatti recuperati in questi 38 anni, che secondo un recente articolo del Boston Globe sarebbero circa 180.000.
Non a caso, Samuel Black Sam Bellamy è ricordato per una carriera piratesca eccezionale, per quanto breve. All’ epoca del naufragio aveva circa ventotto anni, ma era già riuscito ad accumulare un patrimonio impressionante.
Nel 2008, Forbes aveva scritto di lui come del pirata con i più grandi guadagni di sempre, valutando in circa 120 milioni di dollari il patrimonio accumulato nella sua carriera. Uno dei colpi più importanti sarebbe stata proprio la cattura del Whydah, precedentemente usata per la tratta degli schiavi, dove – scrive Forbes – sarebbero state contenute qualcosa come quattro tonnellate di oro e argento.
E se la storia della ricerca dei resti di Samuel Black Sam Bellamy dovesse concludersi con un fiasco anche questa volta, nel sito archeologico del Whydah sembra esserci ancora molto da scoprire. «Abbiamo portato su meno del 10% di quello che dovrebbe essere sulla nave», ha dichiarato Clifford al giornalista del Boston Globe, in un articolo pubblicato all’ inizio di quest’ anno. Articolo in cui si accenna all’ esistenza di ben 300 concrezioni già recuperate e che erano, allora, ancora da aprire.