I muri e le barriere hanno modellato le nostre civiltà, rendendole più sicure e prospere. Lo spiega in un libro edito da Piemme lo storico americano David Frye.
di Roberto Vivaldelli da Il Giornale del 15/10/2019
Piaccia o meno agli Open Borders di mezzo mondo, le civiltà nel corso della storia hanno prosperato grazie all’esistenza dei confini, dei muri e delle barriere. Sì, tutte quelle “protezioni” che gli accoglienti cosmopoliti dipingono come simboli reazionari e “disumani”, quasi a far intendere che la patente di “umanità” ce l’hanno solo loro. Che i muri e le difese consentano alle civiltà di crescere e prosperare in pace sembrerebbe quasi una banalità, per la gente comune, ma per i progressisti e i “cittadini del mondo” non è così. A spiegare questo semplice ma fondamentale concetto, ora, non è un “pericoloso sovranista” come il Presidente Usa Donald Trump ma uno storico affermato come David Frye, docente di storia antica presso la Eastern Connecticut State University, che ha pubblicato il saggio Muri. Una storia della civiltà in mattoni e sangue edito da Piemme.
Come si legge nella scheda di presentazione, per migliaia di anni, l’umanità ha vissuto dentro e dietro a muri. Muri di confine, città fortificate, barriere hanno separato e protetto le popolazioni dal nemico, dall’estraneo, o semplicemente dall’ignoto. Per migliaia di anni, gli uomini hanno costruito muri, li hanno assaltati, ammirati e oltraggiati. Grandi mura sono apparse in ogni continente, hanno accompagnato il sorgere di città, nazioni e imperi, eppure il loro ruolo è poco studiato nei libri di storia. Sollevate dall’incombenza di stare sempre all’erta, dietro mura e confini le civiltà hanno potuto dedicarsi alla letteratura, all’arte, alla cultura, alle scienze. Prosperare, insomma. Gli uomini, liberi dalle armi, si sono rivolti ad altre occupazioni, alleggerendo le donne da molti lavori pesanti. I popoli non protetti da mura, viceversa, erano destinati a un taciturno militarismo, dove un uomo non era altro che un guerriero.
Nel suo libro, David Frye scrive che “nessuna invenzione nella storia umana ha avuto un ruolo maggiore (rispetto ai muri) nel creare e modellare la civiltà”. Come spiega lo storico in un’intervista rilasciata al National Geographic, l’esigenza di erigere barriere e muri nasce da lontano. “L’antico bisogno umano di sicurezza è uno dei fondamenti della vita e deve essere raggiunto prima di poter avere altre cose – spiega -. Furono i muri a dare alla gente la sicurezza di sedersi e pensare. È difficile immaginare un romanzo scritto in un mondo in cui ogni uomo è un guerriero. Fino a quando una società non raggiunge la sicurezza, non può pensare ad altro che ai pericoli che la circondano”. Un bisogno e una necessità che rimangono attualissimi, come spiega Frye, perché in tutto il mondo i Paesi stanno costruendo – anche ora – muri e barriere. “In tutto – osserva – oltre 70 paesi diversi hanno fortificato i loro confini”.
Oggi, sottolinea, i muri vengono eretti per prevenire l’immigrazione, il terrorismo o il flusso di droghe illegali. Ma c’è una connessione comune, che è l’idea di tenere fuori gli estranei. E in passato? “Le prime erano mure cittadine che ebbero origine con le primissime città come Gerico, la città della Bibbia, che fu costruita attorno decimo millennio a.C., 12.000 anni fa. Era una città murata e, successivamente, quasi tutte le città del mondo antico furono murate” afferma lo storico. Tant’è vero che dentro e fuori le mura, spiega sempre Frye, si svilupparono stili di vita molto diversi. Quando i muri protettivi sorsero in tutto il mondo, influenzarono il modo in cui le persone vivevano, lavoravano e combattevano. E più di ogni altro singolo fattore, i muri sono stati i diretti responsabili dell’ascesa della civiltà. Ma solo ora stiamo iniziando a riconoscere la loro importanza.
Altro che Open Borders, assenza di confini o altre amenità care ai progressisti, dunque: la sicurezza è sinonimo di prosperità e civiltà. Lo dice la storia dell’umanità. Chi sostiene il contrario tifa il caos e barbarie.