Per tutti gli appassionati del mito arturiano il nome di Tintagel evoca il leggendario castello che diede i natali a Re Artù e le cui rovine sorgono sul promontorio dell’omonima cittadina nel nord della Cornovaglia. Stando infatti alla Historia Regum Britanniae di Goffredo di Monmouth, il primo storico a farci pervenire il nome di Re Artù, alla fine del V secolo il condottiero britanno Uther Pendragon, dopo aver sconfitto il capo tribù traditore Vortigern e suo figlio Paschent e dopo aver cacciato i mercenari invasori sassoni, cadde in preda alla lussuria e tradì il suo alleato Gorlois duca di Cornovaglia giacendo con sua moglie Ygraine, riuscendo a penetrare nella imprendibile fortezza di Tintagel grazie alla magia di Merlino. Durante questo atto di lussuria fu concepito il futuro re leggendario, destinato a lasciare un’impronta indelebile sulla cultura e sulla spiritualità dell’Europa intera.
di Carlomanno Adinolfi dal del 4 agosto 2016
Tutt’oggi migliaia di turisti visitano le rovine del castello di Tintagel, convinti dalle parole di Goffredo di Monmouth di trovarsi di fronte proprio al castello dell’infanzia di Artù. Il problema è che il castello di cui oggi vediamo le rovine è stato costruito nella prima metà del XIII secolo, quasi 800 anni dopo l’epoca in cui visse il re leggendario. Dobbiamo dunque “svegliarci” e arrenderci all’idea che tutto questo sia solo una leggenda? Non necessariamente. Intanto Goffredo di Monmouth parlando di un castello a Tintagel di certo non parlava di quello attuale, visto che la Historia Regum Britanniae è stata scritta tra il 1136 e il 1147, quindi esattamente un secolo prima della costruzione del “nuovo” castello. Lo storico quindi presumeva che un castello già esistesse sul promontorio della Cornovaglia.
Ebbene gli ultimi scavi nel sito archeologico di Tintagel, iniziati il 18 luglio e terminati martedì, hanno portato alla luce i resti di un palazzo ben più antico di quello finora conosciuto. E, guarda caso, gli archeologi lo avrebbero datato proprio in un’epoca compresa tra il V e il VI secolo, esattamente il periodo in cui il duca Gorlois, secondo Goffredo di Monmouth, avrebbe costruito la sua inespugnabile fortezza. Il castello appena riportato alla luce avrebbe avuto mura larghe circa un metro, massicci gradini e pavimenti lastricati in ardesia. Alcune delle stanze erano molto ampie, alcune lunghe 11 metri e larghe 4. Gli oltre 150 resti di cocci di ceramica, vasellame e anfore avrebbero poi evidenziato la particolare ricchezza della famiglia che dominava dal castello: vino dall’Anatolia, olio d’oliva dell’Egeo, piatti importati dall’oriente e dal Nord Africa e coppe di vetro dipinto provenienti dal regno dei Franchi. Sul fatto che fosse un luogo di potere abitato da una potente famiglia, dunque, pare proprio non ci siano dubbi. Dopo un periodo apicale che va appunto dalla fine del V secolo alla metà del VI secolo – il periodo arturiano insomma – l’intero complesso avrebbe conosciuto un periodo di declino fino al totale abbandono nei primi anni del VII secolo, quando una pandemia mortale si abbatté sulla Britannia e quando gli invasori Sassoni si impadronirono completamente della parte meridionale dell’isola inglese.
“La scoperta di un palazzo nobiliare, potenzialmente addirittura un complesso di edifici reali, qui a Tintagel è fondamentale per la comprensione del sito” ha annunciato Win Scutt, il curatore dell’Inghilterra occidentale per la English Heritage, l’organismo inglese che si incarica della gestione del patrimonio storico-culturale dell’Inghilterra. “Ci aiuterà a svelare un quadro molto interessante sulla vita in un posto così importante nella storia finora poco conosciuta dei secoli che sono seguiti al collasso dell’amministrazione romana in Britannia”. Noi intanto ci godiamo una scoperta che sembra proprio confermare gli antichi miti della nostra civiltà, che guarda caso ricominciano a emanare la loro luce immortale proprio nelle ore più buie dell’Europa.