Il 5 dicembre 1746 a Genova gli austriaci rimasero impantanati con un cannone nel quartiere Portoria. L’ufficiale ordinò alla folla di aiutarli scatenando la rivolta, iniziata appunto con la pietra lanciata dall’undicenne Giovan Battista Perasso.
di Enrico Silvestri dal Giornale del 4 dicembre 2014
Nell’Ottocento fu assunto a mito della volontà italiana di «risorgere» contro l’occupazione straniera mentre nel Novecento divenne addirittura uno dei principali simboli dell’italianità: l’Ansaldo chiamò con il suo nome un caccia ricognitore, per non parlare poi del fascismo. Durante il Ventennio la Fiat gli dedicò un’utilitaria e il regime un sommergibile e un Ente per l’educazione, e l’irrigimentazione, dei bambini, costretti a marciare sulle note di «Fischia il sasso/il nome squilla». Fu infatti proprio con un sasso, scagliato il 5 dicembre 1746 contro un soldato che Giovan Battista «Balilla» Perasso scatenò la rivolta di Genova contro l’occupante austriaco. Ma soprattutto entrò «gigante nella storia». Anche se ancor oggi, a distanza di quasi 170 anni e dopo innumerevoli ricerche, la sua figura è ancora a cavallo tra realtà e mitologia.
Certa è comunque la grande rivolta popolare che nel 1746 consentì a Genova di liberarsi delle truppe austriache da poco entrate in città. La secolare repubblica, dopo aver dominato il Mediterraneo, era ormai da un secolo esposta alle mire espansionistiche delle superpotenze europee. Dopo la Francia anche Austria allungò dunque le mani sull’antica Repubblica, inviando nel 1746 le sue truppe a occuparla. Il 5 dicembre un reparto asburgico stava trascinando un pesante cannone attraverso il popolare quartiere Portoria, quando le ruote sprofondarono nel fango. L’ufficiale ordinò ai popolani di liberarlo ma all’intimazione rispose appunto Giovanni Battista Perasso detto «Balilla» che scagliò un sasso contro i soldati gridando «Che l’inse?», cioè «La comincio?», «Volete che cominci io?». La rivolta divampò per tutta Genova e costrinse dopo cinque giornate di furiosi combattimenti gli austriaci alla fuga.
Il fatto entrò subito nella leggenda della città per assurgere cent’anni dopo a simbolo di tutti gli italiani in lotta per l’unità nazionale dalle occupazioni straniere. Durante il ventennio poi, il fascismo decise di creare un popolo di guerrieri e per questo di iniziare gli italiani all’educazione militare fin dalla più tenera infanzia. Nacquero così i «Figli della lupa», dai 6 agli 8 anni, i «Balilla», fino ai 10, i «Balilla moschettieri», fino ai 13 anni e gli «Avanguardisti», fino ai 18 anni. Non andò meglio alle ragazze costrette dai 6 anni ad arruolarsi nelle «Figlie della lupa», per poi diventare «Piccole italiane» a 8 e «Giovani italiane», dai 14 ai 18 anni. Il tutto sotto la supervisione di un Ente creato appositamente nel 1926, ovviamene l’Opera Nazionale Balilla. All’adolescente genovese venne dedicata una canzone per narrarne l’epica: «Fischia il sasso,/il nome squilla/del ragazzo di Portoria/e l’intrepido Balilla/sta gigante nella Storia/Era bronzo quel mortaio/che nel fango sprofondò/ma il ragazzo fu d’acciaio/e la Madre liberò». La Madre ovviamente era la Patria. Balilla fu chiamata anche una classe di sommergibili entrati in servizio nel 1928, mentre già dieci anni prima un caccia ricognitore Ansaldo A 1, aveva ricevuto lo stesso nomignolo. Nel 1932 la Fiat presentò alla Fiera di Milano una delle prime utilitarie della storia che, proprio perché «piccola», fu subito chiamata «Balilla».
Un mito inossidabile (tanto che nel 1947 il famoso «calcio da tavolo» fu chiamato anche «calcio Balilla») pur se l’esistenza di Giovanni Battista Perasso non fu mai storicamente accertata. L’esistenza di un non meglio precisato «ragazzo» viene confermata del diplomatico veneziano Cavalli che in un dispaccio inviato al proprio governo il 13 gennaio 1747 scrisse: «La prima mano, onde il grande incendio s’accese, fu quella di un picciol ragazzo, qual diè di piglio ad un sasso e lanciollo contro un ufficiale tedesco». Senza però aggiungere il suo nome o soprannome. Nel 1881 una commissione nominata dal Comune di Genova sentì i vecchi di Portoria che riferirono come i loro nonni avessero conosciuto di persona il Balilla, fornendo anche indicazioni precise sulla sua identità. Si stabilì pertanto «la quasi certezza» che Giambattista Perasso figlio di Antonio Maria tintore di seta, era nato a Genova nella parrocchia di Santo Stefano il 26 ottobre 1735. Dunque il Balilla avrebbe avuto all’epoca dei fatti 11 anni. L’anno dopo Giuseppe Perasso nato il 27 novembre 1800 a Genova assicurò «sul suo onore» che il nonno Gian Battista detto Balilla era «quel desso che ancora fanciullo in Portoria il 5 dicembre 1746 pronunciò il famoso “Che l’inse?”». Gli studi proseguirono ancora per anni fino a quando nel 1927 la Società Ligure di Storia Patria si arrese e sentenziò che non era possibile, sulla base dei documenti a disposizione, identificare con sicurezza il «ragazzo delle sassate». Poco chiara del resto pure l’origine di quel soprannome che potrebbe derivare da «balla», palla, cioè l’equivalente italiano di «Pallino».
Ma questo non bastò certo a cancellare una leggenda ormai così ben avviata dal regime. E così per altri 18 anni i Balilla continuarono a marciare cantando «Fischia il sasso/ il nome squilla».