80 anni dal bombardamento alleato di Dresda: una analisi

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di Andrea Lombardi per Storia in Rete del 14 febbraio 2025

Gli storici dibattono da decenni sulla valenza strategica o meno della città di Dresda nel 1944-1945, al pari che sul numero delle vittime del bombardamento; per fermarci ai più noti dei tempi recenti, tra i primi citiamo Frederick Taylor, tra i secondi Anthony Beevor (Frederick Taylor, Dresden, Tuesday, February 13, 1945, New York 2004, tr. it. Dresda, Mondadori, Milano 2004; Antony Beevor, Berlin: the Downfall, 1945, London 2002, tr. it. Berlino 1945. La caduta, Milano 2002).

Un attacco mirato sul centro storico

Notiamo come anche uno storico accademico contemporaneo, esponente del nuovo corso storiografico progressista tedesco come Sönke Neitzel, autore di diversi studi sui crimini e sull’indottrinamento nazionalsocialista della Wehrmacht, propenda per la tesi della scarsa importanza militare di Dresda nel volume collettaneo Firestorm: The Bombing of Dresden, 1945, a cura di Paul Addison e Jeremy A. Crang, Chicago 2006). Vale la pena tuttavia notare come la maggior parte delle industrie, delle caserme militari e gli snodi ferroviari e stradali strategici nei pressi della città furono toccati per nulla o solo in parte dal bombardamento, che si concentrò appunto sui quartieri residenziali della Città Vecchia (Altstadt) di Dresda, come evidente dal Bomb damage diagram (schema dei danni da bombardamento) di Dresda della RAF elaborato dopo l’attacco (vedi foto), e come testimonianze di alti funzionari e militari e documenti ufficiali governativi inglesi e della RAF citino più volte l’esigenza politica di dimostrare plasticamente ai sovietici avanzanti in Germania la potenza distruttiva dei bombardamenti Alleati (vedi il saggio “13-14 febbraio 1945: perché Dresda è stata distrutta” dello storico Jacques R. Pauwels).

Lo schema dei danni da bombardamento di Dresda stilato dalla RAF
Non solo bombe, ma anche mitragliamenti sui civili

Durante il bombardamento nella notte del 13 febbraio furono impiegati nel raid 729 bombardieri pesanti AVRO Lancaster con il supporto di 9 bimotori De Havilland Mosquito, e 527 Boeing B-17 Flying Fortress scortati da 784 caccia P-51 Mustang nel bombardamento diurno il giorno dopo. Secondo diversi testimoni oculari, alcuni dei P-51 eseguirono dei mitragliamenti a bassa quota (strafing) – eseguiti comunemente dai caccia Alleati sulle vie di comunicazione nemiche contro bersagli d’opportunità – sui civili e militari superstiti fuggiti dal bombardamento notturno sulla città e riparatisi lungo gli argini dell’Elba.

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Helmut Schnatz, membro della commissione ufficiale sulle vittime del bombardamento di Dresda del 2005, creata ad hoc per “contrastare la narrazione dell’estrema destra” del bombardamento (le risultanze delle ricerche della commissione furono pubblicate nel volume a cura di Rolf-Dieter Müller Historikerkommission zu den Luftangriffen aud Dresden zwischen dem 13. und 15. Februar 1945, Dresden 2008), ha inteso confutare la veridicità delle testimonianze su questa circostanza, definita mediaticamente “Tieffliger-Legende” (“La leggenda dei caccia a bassa quota”) nel suo libro Tiefflieger über Dresden? Legenden und Wirklichkeit (Caccia a bassa quota su Dresda? Leggende e realtà), Wien 2000, dove le testimonianze sono definite “frutto di falsi ricordi” o “di errori di valutazione e autosuggestione dei presenti”, che “scambiarono il rumore delle esplosioni e dei combattimenti tra aerei” per dei mitragliamenti a bassa quota. Pretesa difficile quest’ultima, dal momento che come citato da tutte le fonti e gli storici la Luftwaffe fu praticamente assente durante l’operazione. Ci è quindi difficile capire di quali “combattimenti aerei” parli Schnatz in questa sua confutazione. Questa opera, apparentemente documentata, è in realtà una costruzione a tesi, come appunto le risultanze della commissione del 2005, dove fatti e documenti sono selezionati in funzione della tesi precostituita dell’autore. È elementare infatti notare come degli strafing su civili fossero difficilmente dichiarati nei rapporti post volo e quindi annotati nei registri ufficiali dell’USAAF, e come sia realmente puerile – o straordinariamente fazioso – assumere come assolutamente omogenea la rotta reale di tutti i ben 784 piloti dei P-51 Mustang di scorta dell’operazione sulla base dei Flight Plan stabiliti e archiviati, e come siano forzate alla tesi preconcetta dell’autore anche i calcoli sul timing delle fasi della missione; la finestra di opportunità per degli attacchi a bassa quota di alcuni dei caccia della scorta poteva infatti estendersi a ben più dei pochi minuti sull’area della città dopo le bombing run dei bombardieri vista la totale assenza di caccia della Luftwaffe sullo spazio aereo dell’area di Dresda.

Altrettanto contestabili sono i risultati di recenti “ricerche archeologiche con esito negativo” alla ricerca delle “presunte” ogive dei proiettili calibro .50 (12,7 mm) delle mitragliatrici Browning dei caccia americani, eseguite su solo in alcuni punti delle rive dell’Elba e della città e dopo la ricostruzione e decenni di ulteriore urbanizzazione. Rivelatore, a tal proposito, il riferimento al ritrovamento nel centro di Dresda “solamente di un’ogiva di mitragliatrice da 14,5 mm russa [sic], non impiegata da alcun aereo americano [sic]” (da Sven Felix Kellerhoff, “Warum gab es keine Tiefflieger über Dresden?”, “Welt”, 22 maggio 2013). Che nella “vasta area interessata dagli scavi” si ritrovi un singolo proiettile di questo tipo, all’epoca camerato peraltro non in una “mitragliatrice” (la potente cartuccia russa da 14,5×114 mm fu impiegata operativamente nella mitragliatrice pesante russa KPV e derivate solo dal 1949) ma nei fuciloni controcarro PTRD-41 e PTRS-41, molto diffusi nell’Armata Rossa, visto che ne furono prodotti circa 480.000 esemplari, è semmai indicativo della futilità delle “ricerche archeologiche” effettuate.

Le vittime: il balletto delle cifre (in senso riduzionista…)

Le stime delle vittime del bombardamento di Dresda, città con una popolazione nel 1939 di circa 642.000 abitanti, e nell’inverno 1944-1945 ospitante sino a 200.000 profughi tedeschi provenienti dalle province orientali investite dall’avanzata delle truppe sovietiche, variano dalle 300.000 comunicate dalla propaganda tedesca dell’epoca e riprese spesso acriticamente della letteratura postbellica, citante solitamente tra i 135.000 e 250.000 morti (come nel caso del controverso libro di David Irving The Destruction of Dresden, London 1963 (tr. it. Apocalisse a Dresda. I bombardamenti del Febbraio 1945, Milano 1965, più volte rivisto dall’autore nelle edizioni successive), alle 35.000-40.000 vittime stimate dai più recenti studi di storici come Jörg Friedrich (Jörg Friedrich, Der Brand, Deutschland im Bombenkrieg 1940–1945, Munich 2002, tr. it. La Germania bombardata, Milano 2004), sino alla cifra di 25.000 sancita dalla commissione ufficiale di storici tedesca nel 2005, basata sul dato registrato dal sindaco di Dresda e dalle autorità cittadine nel marzo 1945, che indicarono come seppelliti i corpi o i resti umani di 21.271 vittime identificate.

Questa cifra però non considerava – o lo faceva solo in parte – le vittime completamente carbonizzate nel Feuersturm, o cremate in roghi improvvisati o direttamente nei rifugi dalle squadre di recupero (Bergungskommandos) per prevenire epidemie, non identificate e seppellite in fosse comuni alla periferia della città, dei dispersi e della loro effettiva sorte, o l’incertezza nel calcolare le vittime tra i profughi, di difficile riconoscimento vista la loro condizione, il cui numero è pesantemente minimizzato dalla commissione del 2005 (le stesse autorità cittadine citate indicavano secondo una comunicazione del capo della OrPo – Polizia d’ordine – di Dresda del 24 marzo 1945 “la registrazione sinora di 80.000-100.000 notifiche di dispersi” (vedi foto).

Copia della comunicazione, intercettata e decrittata dal servizio informazioni inglesi nel 1945, è custodita nei Public Record Office/The National Archives del Regno Unito).

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