La correlazione di eventi tra la situazione internazionale e le nostre date topiche e dissolutive del 25 luglio e 8 settembre ’43 presenta ancora oggi aspetti capaci di sorprendere. Il fascicolo di luglio del mensile Storia in rete, diretto da Fabio Andriola, dedicato al “1943. L’estate della svolta (e dei misteri)”, offre l’occasione di un’ampia rilettura di quella drammatica estate. Merito di Andriola è di aver riesumato un ignoto volume di Franco Bandini, giornalista d’inchiesta e storico, tra i primi ad aver affrontato i misteri della fine di Mussolini. Poco prima di morire, nel 2004, Bandini aveva affidato a un piccolo editore padovano un testo (“1943. L’estate delle tre tavolette”), edito postumo nel 2005, pochi mesi prima che la casa editrice chiudesse.
di Paolo Simoncelli da Il Foglio del 25 luglio 2013
Di fatto, un inedito. Un’ultima riflessione sulla situazione internazionale, che non cede nulla al già noto e che, dati alla mano, considera ancora in equilibrio, dopo Stalingrado, la situazione del titanico scontro russo-tedesco (conformemente a quanto sostenuto da importanti storici militari tedeschi come Paul Carell, nom de plume di Paul Schmidt). Un equilibrio militare che contribuì a sviluppare segreti contatti politici, che segreti non furono mai. Quando ne parlava De Felice (nel secondo tomo dei “Mussolini l’alleato”, 1990) erano già da tempo noti gli incontri di vertice russo-tedeschi (non più solo contatti) malgrado il conflitto in corso. Il conto numerico delle forze impegnate in quella guerra totale fa impallidire la disponibilità delle poche divisioni prima inglesi e poi americane operanti nello scacchiere mediterraneo. Inoltre, la questione delle armi segrete vantate da Hitler teneva in vera apprensione la Gran Bretagna.
Se quelle voci di accordo russo-tedesco avessero avuto un seguito concreto, o se anche solo si fosse stabilizzato il fronte orientale, centinaia di divisioni tedesche sarebbero state disponibili per la guerra sul fronte sud. In quell’estate del ’43, dunque, non solo l’Asse non aveva perso la guerra, malgrado il ritiro dall’Africa settentrionale, ma proprio allora sarebbero iniziati i problemi. Era questa la carta che Mussolini aveva intenzione di giocare. Un gioco teoricamente lucido, che lascia intravedere spazi di colloquio segreto con Hitler nel corso dell’incontro di Feltre del 19 luglio, durante il quale il duce pubblicamente subì le sfuriate del Führer. Un Mussolini ridotto a giocare sulla difensiva, a vedere l’invasione progressiva della Sicilia (l’articolo di Michele Vaccaro ricorda il “ritorno” della mafia) e a subire il bombardamento di Roma. Dunque un Mussolini pronto a fantasticare piani inverosimili pur di uscire dalla crisi politico-militare di cui portava la responsabilità? Ancora Andriola, in un suo altro intervento, riporta gli elementi documentari e le testimonianze che riducono il margine fantasioso delle progettazioni mussoliniane. Il duce era informato dell’ordine del giorno Grandi; anzi aveva incontrato Grandi il 22 luglio annunciandogli – e “pour cause” – “avvenimenti straordinari”: l’accordo russo-tedesco e la distruzione dell’Inghilterra. Ma, ricorda Andriola, non aveva cercato di farlo desistere dal presentare quell’ordine del giorno. Mussolini aveva dunque bisogno di un pronunciamento da parte di un qualsiasi organo istituzionale per presentare il conto a Hitler? (circostanze, si noti, che proiettano una luce ancor più sinistra su quello che sarebbe stato poi il processo di Verona contro i “traditori” del 25 luglio). Di ciò il re sapeva, e Mussolini contava su di lui per gestire l’uscita dell’Italia dalla guerra. Scherzi o nemesi della storia, quando Mussolini diede vita alla Repubblica sociale, con i tedeschi in casa, dovette occultare ogni propria testimonianza o documento su quei suoi progetti. Autore politicamente insospettabile, tra i primi a dare fondamento a queste ricostruzioni controcorrente, Ruggero Zangrandi; ma il suo “25 luglio-8 settembre”, del 1964, non ebbe il seguito che avrebbe meritato.
A proposito di 8 settembre: ancora un articolo di Luca Rocchi su Storia in rete ricorda scenari da tragicommedia. L’ultimo Consiglio della Corona, tenuto al Quirinale l’8 settembre alle 17,30, poco prima della grande fuga: in uno scenario livido di tensioni, anche personali, tra i vertici politico-militari di quello che restava dello stato, all’idea del rinvio dell’annuncio dell’armistizio, sostenuta da Badoglio, si aggiunse quella di sconfessare l’armistizio appena firmato a Cassibile dal generale Castellano, attribuendone la responsabilità a iniziative esclusivamente personali di Badoglio. D’accordo il generale Ambrosio (capo di stato maggiore delle Forze armate) che giunse a prospettare di non combattere più nessuno e non esser più combattuti da alcuno. Frattanto Radio Algeri aveva iniziato a trasmettere l’annuncio dell’armistizio; era il richiamo alla realtà e alla fuga, non prima che Badoglio comunicasse al comandante in capo delle forze Alleate in Europa, Eisenhower, farfugliate spiegazioni del ritardo della comunicazione radio italiana.
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Vuoi saperne di più? Leggi Storia in Rete n. 93-94, tutto dedicato all’estate del 1943!