Un catalogo degli orrori. Un repertorio di crudeltà che va ben al di là della ferocia insita in ogni guerra. Soldaten, il libro in uscita da Garzanti, con cui lo storico Sonke Neitzel e lo psicologo sociale Harald Welzer ricostruiscono il mondo interiore dei soldati di Hitler, non è lettura per palati fini. O per sensibilità delicate.
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di Giorgio Boatti per “la Stampa” del 2 maggio 2012
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Per oltre quattrocento pagine i due studiosi attingono alla montagna di verbali – desecretati dagli archivi inglesi e americani – che riportano le intercettazioni delle conversazioni tra combattenti tedeschi, detenuti nei campi di prigionia di Trent Park e Wilton Park nel Regno Unito e di Fort Hunt negli Usa.
I verbali sono il frutto del lavoro della rete dei Secret Interrogation Center allestiti da Londra già all’inizio della guerra e dei Joint Interrogation Centre resi operanti dagli americani a partire dall’estate del 1941. Sul milione di prigionieri caduti in mano alleata sono circa 10.000 i militari tedeschi e 563 gli italiani (su questi ultimi, in Soldaten, emerge piuttosto poco) trasferiti, dopo opportuna selezione, in questi luoghi di detenzione speciale.
L’obiettivo non è raccogliere prove per punire azioni criminali, ma fornire all’intelligence alleata materiale prezioso sull’avversario che si sta ancora fronteggiando. Quella che si effettua è una sorta di vivisezione operata su una significativa campionatura del grande corpo delle armate di Berlino. Ne emergono schegge taglienti, impietosi reperti di una guerra senza regole che viene esposta con una schiettezza che nessun interrogatorio potrebbe mai afferrare.
Ikamaraden, ignari – o, forse, in alcuni casi, incuranti – di essere intercettati dalle «cimici» installate nelle baracche di questi campi speciali, si raccontano l’un l’altro quella che per loro, alla fine, è stata solo la pratica quotidiana del mestiere di soldati di Hitler.
Nelle oltre 150.000 pagine dei documenti vagliati dai due studiosi prendono corpo, attraverso le voci dei diretti protagonisti, i dettagli più raccapriccianti del secondo conflitto mondiale: dalle modalità operative dello sterminio degli ebrei alle esecuzioni dei prigionieri, dalle stragi di ostaggi civili alla pratica dello stupro di massa nelle terre occupate. Sino alle «battute di caccia» con cui carnefici volontari, in un caso persino gli appartenenti a una banda musicale inviata ad allietare le truppe al fronte, chiedono di «sparare assieme» ai reparti «specializzati» nell’eliminazione di ebrei e partigiani.
Tutto accade come fosse la cosa più scontata e normale. In Soldaten si spiega come questi siano i frutti maturati in Germania in poco più di sei anni, dall’avvento di Hitler nel 1933 allo scoppio della guerra – della convinta adesione della maggioranza della società tedesca al mito della «razza eletta». Le riserve e gli interrogativi, quando ci sono, si rifugiano in privatissimi ambiti.
Nella vita pubblica la comunità dei prescelti esige degli esclusi: gli ebrei, i matti, gli zingari, gli oppositori. Nei confronti di questi, già in tempo di pace, una condotta collettiva e individuale sempre più disumana diventa la norma. Questo indurrà l’uomo della strada, il padre di famiglia esemplare – una volta rivestito nell’uniforme – a convivere con ogni efferatezza. Ancora una volta la Storia dimostra che non conta l’irrealtà di una situazione quanto il fatto che chi vi è immerso la possa percepire come reale.
Come dice il sociologo americano William I. Thomas, anche i fatti immaginari – ad esempio il «complotto ebraico» da estirpare per salvare la Germania – finiscono con l’avere conseguenze reali: l’infinito sgranarsi di brutalità e crimini rievocato, senza rimorsi né dubbi, nelle intercettazioni di Soldaten, ne è la prova.
Secondo lo storico Wolfram Setter furono poco più di un centinaio i casi di «Rettungswiderstand», ovvero di resistenza agli ordini finalizzata a salvare vittime. Cento su oltre 17 milioni di soldati inquadrati nella Wehrmacht nel corso dei sei anni di guerra. Tutti gli altri si adeguarono. Da volonterosi carnefici, da zelanti complici o da obbedienti comparse marciarono compatti sino in fondo al baratro. Facendo tacere ogni compassione e umanità.
2 – “NIENTE PIETÀ, NON SIAMO FEMMINUCCE”
Da “la Stampa”
Il timoniere del sottomarino U-187 Heinrich Skrzipek, catturato dagli inglesi, è intercettato mentre il 5 marzo 1943 spiega la sua visione del mondo ai commilitoni prigionieri: «Lo storpio va soppresso senza dolore. Così si fa. Loro non lo sanno e comunque non hanno nulla nella vita. Basta però non essere teneri! Non siamo mica femminucce! Lo stesso avviene con gli scemi o i mezzi scemi. Per uno scemo si possono nutrire sei soldati feriti. Naturalmente non tutto è giusto per tutti. Alcune cose non vanno neanche a me, ma qui stiamo parlando in generale…».
I BAMBINI LI HANNO PRESI PER I CAPELLI
Il generale Kittel parla dei massacri del 1941, nella zona di Daugavpils (Lettonia) di cui è stato comandante. Contro gli ebrei operava la Sicherheitsdienst (SD): «I bambini, li hanno presi per i capelli e hanno sparato. Poi li hanno gettati dentro la fossa. L’ho visto con i miei occhi… Sono salito in macchina e sono andato dall’uomo della SD e gli ho detto: “Vi proibisco una volta per tutte fucilazioni alle quali può assistere chiunque. Se fucilate la gente nel bosco, dove nessuno vede quanto accade, è affare vostro. Ma vi vieto di sparare anche per un solo giorno di più. Quando andiamo a prendere l’acqua alle fonti noi ci troviamo dei cadaveri…”».
I miei compagni si sono divertiti come matti Il caporale scelto Müller è intercettato mentre rievoca un’azione anti-partigiana svolta contro un villaggio russo: «Allora abbiamo riempito bottiglie di birra con la benzina, le abbiamo messe sul tavolo e uscendo, come se nulla fosse, ci siamo lanciati alle spalle delle bombe a mano. È bruciato tutto subito: tetti di paglia. Tutti morti: donne, bambini. Pochissimi partigiani. In situazioni simili io non avrei mai sparato senza essermi assicurato che si trattasse veramente di partigiani. Ma molti dei miei compagni si sono divertiti come matti».
LE HANNO BUTTATE SUL LETTO E…
Due commilitoni, caduti prigionieri degli americani, sono registrati il 2 aprile 1945 mentre parlano di un’azione di paracadutisti tedeschi operanti in Italia. Schultka: «Cosa non succede al giorno d’oggi. Roba da non credere. Dei parà hanno fatto irruzione in una casa italiana e hanno fatto fuori due uomini. Erano due padri; uno aveva due figlie. Poi si sono scopati entrambe le figlie, se le sono scopate per bene e poi le hanno fucilate. In casa c’erano quei grandi letti all’italiana; le hanno buttate sul letto e…». Czosnowski: «È disumano. Ma spesso raccontano cose che non hanno fatto, per darsi un sacco di arie…».
LA RESA DEI GENERALI ITALIANI COME TURISTI GRAN SIGNORI
Entrambi prigionieri degli inglesi, il generale Wilhelm Ritter von Thoma e il suo pari grado Wilhelm Cruwell rievocano la resa a El Alamein. Von Thoma, generale dei carristi, è stato fatto uscire dal suo corazzato a suon di pallottole e ha alzato le mani solo dopo che una pallottola gli ha bucato il basco. Ancora furente ricorda come invece alla resa «i generali italiani sono arrivati vestiti di tutto punto, con tanto di bagagli. Come dei viaggiatori della Cook, gran signori, con la valigia in cui avevano tutte le uniformi da parata. Io ho detto: “Non ho intenzione di frequentarvi…”».
MA DIAMOCELA TUTTI A GAMBE!
Nelle intercettazioni si parla spesso di ufficiali italiani in fuga. L’ammiraglio Leopardi, comandante delle fortezza di Augusta, una volta prigioniero, è intercettato dagli inglesi l’11 agosto 1943 mentre afferma: «Ho pensato di sparire in borghese. Alla fine se tutti gli altri se ne vanno non si vede perché non dovrebbe fuggire anche l’ammiraglio.. Perché mai dovrei rimanere? Non sarò mica così fesso? Diamocela tutti a gambe». Due generali italiani – i loro nomi non sono riportati – dopo la terza disfatta del novembre 1942 in Africa settentrionale sono registrati mentre convengono che: «È meglio non dire che cosa è successo: per esempio, che non abbiamo opposto alcuna resistenza». [G. B.]
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Inserito su www.storiainrete.com il 7 maggio 2012