La maschera di V for Vendetta indossata da hacker e indignati ha una storia vecchia di quattrocento anni. Il Regno Unito è da sempre una terra di complotti, traditori e spie che spesso si muovevano tra i corridoi di corte. Fino ai tempi recenti quando, nel 1999, l’87enne Melita Norwood rivelò di aver condotto per anni una doppia vita nelle vesti di informatrice dello spionaggio russo.
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di Dario Mazzocchi, da Linkiesta del 5 novembre 2011
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“Remember, remember, the fifth of November, Gundpower Treason and Plot”, recita la filastrocca. Ricorda il 5 di novembre, il giorno della congiura delle polveri: era il 1605 e quella notte il Parlamento londinese sarebbe dovuto saltare in aria per mano di un gruppo di cattolici tra i quali figurava Guy Fawkes, oggi volto noto per via di quella maschera resa famosa dal film “V for Vendetta”, emblema della battaglie di hacker e indignati. L’obiettivo dell’attentato di quel 5 novembre era Giacomo I, sovrano protestante. I papisti d’altronde non piacevano nemmeno ad un filosofo come John Locke: sudditi di un re straniero e quindi una minaccia per la stabilità dell’Inghilterra e del suo impero.
La storia della Gran Bretagna è un continuo susseguirsi di complotti, traditori e spie che spesso si muovevano tra i corridoi di corte. Come Roger Mortimer, nobiluomo che non solo divenne amante della moglie di Edoardo II, Isabella di Francia, ma l’aiutò a deporre il marito dal trono dopo aver fatto da garante al contratto matrimoniale tra i due. La sua gloria durò tre anni, prima di essere fatto prigioniero dal figlio più grande di re Edoardo: i suoi giorni finirono il 29 novembre 1330 e il suo corpo fu lasciato appeso alla forca per due giorni e due notti, come monito ai sudditi. Oppure come James Scott, duca di Monmouth e figlio illegittimo di Carlo II che nel 1685 si pose a capo di una sollevazione nei confronti di Giacomo II. Sconfitto in battaglia, riuscì a scappare prima di essere catturato e condannato per tradimento. I suoi sostenitori, all’incirca un migliaio, furono anch’essi condannati a morte o esiliati nelle Indie Occidentali. Una fine drammatica venne riservata anche a William Wallace che se nell’immaginario comune è il patriota scozzese per eccellenza, per gli inglesi era un pericoloso nemico: catturato il 5 agosto 1305 a Glasgow, il 23 agosto fu prima trascinato da un cavallo per la strade di Londra e in seguito il suo corpo venne diviso in quattro parti, con la testa appesa al London Bridge.
Se Guy Fawkes e soci avevano ideato il loro piano in un pub nei pressi di Charing Cross, nel 1820 salirono alla ribalta i cospirato di Cato Street, un’organizzazione radicale e rivoluzionaria che si ispirava al manifesto politico dell’avvocato Thomas Spence, nel quale era previsto l’eliminazione dell’aristocrazia e la democratizzazione dei suoi possedimenti terrieri. L’intento era di uccidere i membri dell’esecutivo, compreso il Primo ministro Lord Liverpool, mentre cenavano assieme: l’attentato svanì per mano di una spia governativa che era riuscita ad intrufolarsi nel gruppo e i responsabili finirono alla forca. Soltanto tre anni prima a Nottingham un altro esponente radicale, Jeremiah Branderth, radunò 300 uomini nella speranza di dare inizio ad una sollevazione popolare. Ci rimise la testa, tagliata con un colpo d’ascia.
La morte violenta per chi osasse ordire contro il re e le istituzioni non lasciò scampo nemmeno a Roger Casement, divenuto all’inizio del Novecento un rispettabile diplomatico britannico con tanto di nomina a cavaliere per l’impegno a tutela dei diritti umani. Sposò la causa indipendentista irlandese e venne arrestato mentre tentava di convincere la Germania a fornire armi ai ribelli in vista della rivolta di Pasqua del 1916. Nonostante le proteste sollevate da esponenti del mondo culturale come Arthur Conan Doyle e il poeta William Butler Yeats, finì al cappio. L’ultimo uomo ad essere condannato all’esecuzione per tradimento è stato William Joyce, nel 1945. Filonazista e riconoscibile per una cicatrice sul volto di cui aveva incolpato “gli ebrei comunisti”, nel 1940 ottenne la cittadinanza tedesca e lavorò alla propaganda per il regime hitleriano e venne soprannominato “Lord Haw-Haw”, soprannome creato per indicare gli speaker che dai microfoni delle stazioni radiofoniche della Germania cercavano di far presa sul pubblico britannico.
Ma il Novecento rimane il secolo delle spie e diversamente non poteva essere per la patria di James Bond. Primi fra tutti, i cinque di Cambridge. Apparentemente Kim Philby, Donald Maclean, Guy Burgess e Anthony Blunt erano cinque tranquilli impiegati governativi. In realtà, erano informatori dell’Unione sovietica che operarono per tutto il periodo della Seconda guerra mondiale e i primi anni ’50. Philby, Maclean e Burgess disertarono, Blunt confessò in cambio dell’immunità. Del quinto del gruppo non si è mai saputo nulla. Con gli uomini del KGB Londra ha sempre avuto grane, diventate argomento di barzellette in una famosa e irrisoria serie televisiva, “Yes, Prime minister”: non c’è nessuno al mondo che conosca così bene i segreti britannici come Mosca.
Nel 1999, l’87enne Melita Norwood rivelò di aver condotto per anni una doppia vita nelle vesti di informatrice dello spionaggio russo: la più longeva della spie se n’è andata in pace nel giugno 2005. Mentre è vicenda di poche settimane fa il flirt intercorso tra il deputato liberaldemocratico Mike Hancock e l’assistente Katia Zatuliveter, in missione per conto del governo moscovita. Una versione mal riuscita del film “007 – La spia che mi amava”.
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Inserito su www.storiainrete.com il 7 novembre 2011