«Gola Profonda» pedinava «Gola Profonda». Nel senso che il numero due dell’Fbi Mark Felt, prima di passare alla storia come la fonte del Washington Post che incastrò il presidente Nixon nello scandalo Watergate, si era dedicato ad una serissima indagine sul film pornografico più famoso al mondo.
PAOLO MASTROLILLI per La Stampa del 21-6-2009
Correva l’anno 1972. Il 2 maggio era morto Edgar Hoover, mitico capo dell’Fbi sempre a caccia di fantasmi. Era fissato con i sovversivi, e per difendere gli Stati Uniti dalla loro minaccia aveva messo segretamente sotto inchiesta oltre 12.000 americani, sospettati di essere sleali verso la patria. Tanto per capire il clima, anche Marilyn Monroe era finita sotto la lente di Hoover, deciso a dimostrare che era stata l’amante di John o Robert Kennedy. A questo scopo l’onnipotente capo del Federal Bureau of Investigation era riuscito persino a sequestrare un video amatoriale, in cui l’attrice faceva sesso orale con uno sconosciuto, per la disperazione del marito Joe Di Maggio. L’America di allora era anche questo: un capo dell’Fbi, sempre oggetto di pettegolezzi sulla sua presunta omosessualità, che andava a caccia di filmini porno per inchiodare i suoi nemici. Il 12 giugno del 1972, appena un mese dopo la morte di Hoover, era arrivato nelle sale cinematografiche «Deep Throat», ossia «Gola Profonda». Non poteva passare inosservato. Il regista, Gerard Damiano, voleva raccontare la storia di una ragazza, Linda Lovelace, alla disperata ricerca della propria sessualità, tanto per usare un eufemismo pubblicabile. Aveva investito appena 25.000 dollari nella produzione, ma secondo le stime dell’Fbi finì per mettersi in tasca almeno 100 milioni di dollari: una cifra notevole oggi, ma astronomica allora.
Ma perché l’Fbi si impicciava? In teoria, il film era finito sotto inchiesta perché i suoi autori avevano trasportato materiale osceno attraverso i confini di vari stati americani. Decine di agenti, dai set di New York e della Florida, da Honolulu a Detroit, erano stati scatenati sulle tracce dei pornografi, producendo circa 4.800 pagine di rapporti. Documenti che finivano spesso sul tavolo di Felt, che li leggeva con curiosità e li controfirmava. Sullo sfondo c’era anche il sospetto che la Mafia fosse coinvolta nella produzione di pellicole a luci rosse, ma ora che l’agenzia americana Associated Press ha messo le mani su alcuni di questi file, sta emergendo una verità ancora più nuova e intrigante: l’Fbi, forgiata dal moralista Hoover, stava combattendo l’ultima battaglia contro il dilagare della cultura liberal e permissiva. «Gola Profonda», secondo i successori dell’ex monarca del Bureau, non era semplicemente un film: era il tentativo strisciante di cambiare la morale degli americani. «Oggi – commenta il professore di legge della Rutgers-Newark School of Law Mark Weiner – un’inchiesta di questo livello per oscenità sarebbe inimmaginabile. Ma la storia di «Gola Profonda» è l’ultimo sussulto delle forze allineate contro la rivoluzione culturale e sessuale, e segna l’ingresso della pornografia sulla scena quotidiana».
Leggendo le cronache di oggi, non tutti sarebbero convinti che questa battaglia si sia conclusa con un successo per la società. Di sicuro la pensava così la corte del presidente Nixon, che proprio in quei mesi cominciava a vacillare. Infatti il 17 giugno del 1972, cinque giorni dopo l’uscita di «Deep Throat», cinque uomini erano stati arrestati al sesto piano dell’edificio Watergate di Washington: avevano forzato gli uffici del Partito Democratico, alle prese con una campagna elettorale presidenziale che non prometteva niente di buono. Il Washington Post assegnò questo strano caso di scasso a due giovani reporter, Bob Woodward e Carl Bernstein. Woodward era un ex sottotenente di Marina che due anni prima, ancora sotto le armi, aveva conosciuto un singolare signore di nome Mark Felt nella sala d’attesa della Casa Bianca. Erano diventati amici e Bob, già parecchio ambizioso, aveva deciso di usare il numero due dell’Fbi come protettore. Una volta diventato giornalista e assegnato al caso Watergate si era ricordato di lui e lo aveva chiamato. Felt, che dopo la morte di Hoover era rimasto deluso dalla mancata promozione a capo del Bureau, aveva deciso di aiutarlo. Quando Bob voleva parlare con Mark, metteva una bandierina rossa dentro un vaso di fiori nel suo balcone. Allora il vice capo dell’Fbi gli dava appuntamento in un garage al numero 1401 di Wilson Boulevard, dove regalava i segreti dell’inchiesta che nel 1974 avrebbe costretto Nixon a dimettersi.
Quando il giornalismo era una cosa seria, i direttori si fidavano dei loro reporter al punto di non pretendere di sapere i nomi delle loro fonti. Anche quando due ragazzi buttavano giù un capo della Casa Bianca. Almeno un soprannome in codice, però, era necessario, affinché Bob potesse intendersi col suo direttore Ben Bradlee. «Gola Profonda», pensò Woodward. Correva l’anno 1972, e la rivoluzione sessuale sconvolgeva l’America.
Paolo Mastrolilli
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Inserito su www.storiainrete.com il 25 giugno 2009