Domande e risposte: da Quarto 150 anni fa iniziava la fase più travolgente del Risorgimento italiano, la Spedizione dei Mille. “La Stampa” riassume per punti l’importanza di questo evento nella storia e nella coscienza del nostro Paese.
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Susanna Marzolla su “La Stampa” del 5 maggio 2010
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Perché il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano comincia le celebrazioni del 150° anniversario dell’unità d’Italia oggi da Quarto?
Perché esattamente da lì, il 5 maggio del 1860, partì l’esercito di volontari comandato da Giuseppe Garibaldi che sbarcò a Marsala, in Sicilia, l’11 maggio. Prese così il via la «Spedizione dei mille», cioè la chiave di volta del Risorgimento che si concluse con l’incontro tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II di Savoia a Teano meno di sei mesi dopo, il 26 ottobre 1860. Pur mancando ancora buona parte del Paese (il Triveneto e le terre dello Stato Pontificio), il Nord e il Sud dell’Italia erano nuovamente unite dopo secoli.
Dove si trova Quarto e come avvenne la scelta di partire da lì?
Quarto è oggi un quartiere del Levante di Genova, ma all’epoca non faceva parte della città (è rimasto Comune indipendente fino al 1926). Si scelse di partire da lì perchè la zona era sufficientemente appartata e c’era abbastanza spazio per ormeggiare i due piroscafi («Piemonte» e «Lombardo») su cui dovevano imbarcarsi i volontari. Non era infatti possibile partire dal porto di Genova, perchè quella dei Mille non era una spedizione militare ufficiale e quindi non si potevano «armare» due navi sotto gli occhi delle autorità.
Fu dunque un’operazione «clandestina»?
No. Il Regno di Sardegna sapeva benissimo che Garibaldi stava preparando l’impresa per la Sicilia. Non poteva darne ufficialmente l’avvallo perchè così avrebbe dovuto dichiarare guerra al Regno delle due Sicilie e in quel momento – militarmente e politicamente – non era possibile. Si può però dire che la spedizione dei Mille ebbe da Cavour il tacito consenso.
Perché fu scelto quel momento perla spedizione?
Perchè in Sicilia c’era molto fermento: dall’inizio di aprile si susseguivano manifestazioni e moti insurrezionali e Garibaldi, sollecitato dai patrioti siciliani (in particolare Rosolino Pilo e Francesco Crispi), ritenne fosse possibile tentare una prova di forza contro i Borboni.
Esattamente quanti volontari partirono con lui?
All’inizio erano 1162, ma non tutti arrivarono a destinazione. Quando a Talamone (tappa necessaria per imbarcare altre armi e munizioni) Garibaldi dichiarò che si andava a combattere «per l’Italia e Vittorio Emanuele», una settantina di mazziniani e repubblicani preferirono sbarcare (tentando poi un’operazione militare – fallita – nelle terre pontificie). In Sicilia arrivano «solo» in 1089.
Chi erano? Da dove venivano?
I Mille socialmente rappresentavano la parte più moderna della società, quella più proiettata verso il futuro Novecento: intellettuali, professionisti, insegnanti, operai, artigiani. Quasi assenti i contadini, che pure erano allora la parte preponderante della popolazione italiana. Venivano prevalentemente dalla Lombardia (435 e fra loro ben 180 erano bergamaschi); dal Veneto (151) e dalla Liguria (160 in stragrande maggioranza genovesi. C’erano poi 20 friulani, un’ottantina di toscani (molti i livornesi). Quaranta emiliani e 30 delle altre regioni centrali. Dal Sud ne venivano meno di un centinaio e di questi 45 erano siciliani. Pochi piemontesi (30) perché quasi tutti i patrioti erano inquadrati nell’esercito regolare.
Garibaldi come li aveva messi insieme?
Molti avevano combattuto con lui durante la Seconda guerra di indipendenza. C’erano patrioti che tornavano dall’esilio; c’era chi era stato in prima fila nei moti del 1848, come Agostino Bertani, protagonista delle Cinque giornate di Milano; e giovani poco più che ventenni. Una sola donna, Rosalia Montmasson, moglie di Francesco Crispi. E un bambino, Giuseppe Marchetti, 11 anni, che il padre aveva deciso di portare con sé.
C’erano anche personaggi diventati noti?
Sì. Due scrittori: Giuseppe Cesare Abba, che proprio sulla spedizione scrisse «Da Quarto al Volturno», e Ippolito Nievo («Confessioni di un ottuagenario»). Crispi, che divenne nel 1887 primo ministro (di destra), Nino Bixio; il figlio di Garibaldi, Menotti, e suo genero Stefano Canzio.
Chi fornì le navi? Chi finanziò l’impresa?
I due piroscafi, particolarmente moderni e veloci per l’epoca, venivano dalla flotta dell’armatore genovese Raffaele Rubattino, che stipulò segretamente un contratto con il garibaldino Giacomo Medici. Armi e soldi Garibaldi aveva poi cominciato a raccoglierli dalla fine del 1859 con la «Sottoscrizione nazionale “per un milione di fucili”», a cui avevano aderito migliaia di persone convinte dall’idea di un’Italia unita, e più libera e moderna.
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Inserito su www.storiainrete.com nel 150° anniversario della partenza dei Mille