L’evento tanto atteso e temuto si era dunque compiuto: la separazione di Berlino era cosa fatta. Terza parte del racconto di Pierluigi Mennitti.
di Pierluigi Mennitti da StartMag del 14 Agosto 2023
Che qualcosa stesse per accadere era ormai nell’aria. Nei primi giorni di agosto, l’esodo raggiunse punte mai prima toccate: oltre 1.600 persone ingrossavano quotidianamente i centri di raccolta profughi di Berlino Ovest. Eppure, quando il già citato comunicato dell’ufficio statale per la protezione della Costituzione giunse sui banchi del Senato di Berlino Ovest nel tardo pomeriggio di venerdì 11 agosto (“Nessun evento inusuale è atteso per il prossimo week-end”), tutti tirarono un respiro di sollievo e si apprestarono, per il giorno seguente, a invadere le spiagge del Wansee, il grande lago a sudovest della città.
Nelle stesse ore, a Berlino Est, un signore che avrebbe poi segnato la storia della Ddr, Erich Honecker, allora componente del Politburo e segretario del Comitato centrale della Sed (il Partito socialista unitario), riceveva da Walter Ulbricht il via libera all’Azione X, il piano segretamente messo a punto nei giorni precedenti per la costruzione di un confine permanente tra la zona orientale di Berlino e quella occidentale: il Muro, ovvero il “bastione di difesa antifascista”.
La sera del giorno successivo, sabato 12 agosto, Honecker assunse il comando delle operazioni stabilendosi nel quartier generale della polizia di Berlino Est, nella Keibelstrasse. Da quelle stanze, il futuro leader della Ddr, affiancato da uno staff di otto persone, mosse l’intera macchina operativa militare e politica. La polizia e gli uomini della Nationale Volksarmee, affiancati dalle cosiddette Kampfgruppen, unità paramilitari costituite da brigate operaie, in sostanza l’esercito privato della Sed, erano pronti a entrare in azione. Le truppe sovietiche di stanza nell’ex capitale erano al massimo grado d’allerta.
Si attesero le prime ore di buio. Allo scoccare della mezzanotte il piano entrò nella fase operativa. Uno dopo l’altro vennero bloccati i treni in partenza per Berlino Ovest, quindi tutti i passaggi ferroviari tra i due settori della città. Alle 0.30 carri armati e truppe dell’esercito tedesco-orientale presero posizione sulla Unter den Linden, la principale arteria di Berlino tra la Porta di Brandeburgo e l’Alexanderplatz.
All’una, quattromila uomini della prima divisione motorizzata di stanza a Potsdam, con 140 carri armati e 200 carri militari, bloccarono tutte le vie di uscita intorno al perimetro di Berlino Ovest. All’1.11 l’agenzia di stampa della Ddr, l’Adn, batté il comunicato con il quale si pubblicizzava una nota che i paesi del Patto di Varsavia avevano indirizzato il venerdì precedente alla Camera popolare e al governo della Ddr con la proposta “di stabilire alla frontiera occidentale di Berlino un ordine che garantisca l’efficace controllo del territorio intorno Berlino Ovest, comprese le frontiere della Berlino democratica”.
All’1.50 giunse alle autorità di polizia tedesco-occidentali la prima notizia su quanto, ormai da un paio d’ore, stava accadendo ad Est: le vie di comunicazione ferroviarie della S-Bahn e della U-Bahn (rispettivamente la metropolitana di superficie e quella sotterranea) erano state interrotte nel settore orientale. Dalla stazione di Gesundbrunnen, situata nel settore francese, giunse al quartier generale della polizia di Berlino Ovest la conferma che tutti i treni erano stati bloccati.
Da quel momento le notizie rimbalzarono impazzite. Alle 2.30 venne bloccato il passaggio attraverso la Porta di Brandeburgo. Contemporaneamente, colonne militari si diressero verso la Potsdamerplatz e gli altri punti di comunicazione terrestre tra le due Berlino. Entrarono in azione anche i carri armati sovietici che presero posizione nei punti strategici della città e nella Alexanderplatz. Alle 3.25 la Rias, la radio che trasmetteva dal settore americano, interruppe i suoi programmi notturni per annunciare il blocco delle vie di comunicazione. Alle 4.45, dei 60 varchi esistenti, ben 45 erano stati chiusi: un’ora più tardi l’intera operazione fu completata. Alle 6.00, in tutte le stazioni metropolitane di Berlino Est furono esposti cartelli con la scritta: “Oggi nessun treno in partenza”.
Ai primi berlinesi che si aggirarono assonnati per le vie della città si presentò uno spettacolo allucinante: lungo tutto il perimetro del confine cittadino era stato steso il filo spinato. Le 95 strade che collegavano Berlino Est a Berlino Ovest erano state divise. A nessun abitante orientale fu consentito di attraversare il confine senza un permesso. Restarono aperti, ma strettamente sorvegliati dai militari, solo tredici varchi. Nessun blocco venne posto al traffico tra Berlino Ovest e la Repubblica federale tedesca. Nelle prime ore del mattino il quotidiano occidentale Berliner Morgenpost uscì in edizione straordinaria con il titolo: “Ost-Berlin ist abgeriegelt”, Berlino Est è sigillata.
L’evento tanto atteso e temuto si era dunque compiuto. La separazione era cosa fatta. Nei giorni successivi, la barriera di filo spinato fu rapidamente sostituita da un muro vero e proprio, al cui innalzamento vennero impiegate brigate di lavoratori tenute sotto stretta sorveglianza. Si trattava ancora di un muro modesto, quasi un muretto di campagna, fatto di mattoni cementati uno sull’altro, alto appena un metro e 25. Inesorabile, correva per 45 chilometri, dividendo campi e strade, piazze e palazzi, fiumi e foreste. Nel corso degli anni verrà fortificato e perfezionato per ben quattro volte assumendo quell’aspetto spettrale che tante volte ha fatto da scenario alla letteratura e ai film di spionaggio.
Negli anni successivi, tutte le abitazioni che sul lato orientale confinavano con la nuova costruzione furono abbattute. Il Muro di quarta generazione, costruito a partire dal 1975, era composto da lastre di cemento armato prefabbricate alte tre metri, unite l’una all’altra e sovrastate da una copertura rotonda per evitare l’arrampicamento: furono necessarie circa 45mila lastre per coprire l’intero perimetro. Alle sue spalle si estendeva la cosiddetta “terra di nessuno”, una lunga striscia di sicurezza che correva parallelamente al Muro, tagliata da una barriera metallica alta dai tre ai quattro metri, intervallata da 300 torri di guardia con il filo ad alta tensione. Completavano i sistemi di sicurezza 22 bunker, telecamere a circuito chiuso, cani poliziotto alloggiati in 232 cucce lungo i punti strategici, una trincea anti-veicoli, una lunga teoria di riflettori per illuminare a giorno l’intera area. Per ventotto anni è stato il confine più controllato e più invalicabile del mondo.
(3.continua. La prima e la seconda parte si possono leggere qui e qui)