Il progetto è in ballo da qualche anno, e la giunta Alemanno l’ha ereditato dal sindaco Veltroni riproponendolo senza nessun emendamento. Parliamo del Museo della Shoah che dovrebbe sorgere a Villa Torlonia, per il quale l’amministrazione capitolina esaminerà una delibera giovedì 22 gennaio. Ma su tutta l’operazione si è fatta sentire la presa di posizione contraria di Francesco Storace, che anche Exibart condivide nei termini generali, per diversi ordini di motivazioni.
A partire dalla retorica monumentalità di un lugubre progetto, fatto atterrare nel delicatissimo paesaggio di Via Alessandro Torlonia, fino al fatto, grave, che una commessa pubblica sia stata assegnata senza lo straccio di un concorso. Da un’analisi dei curricula dei due progettisti, è facile notare le contraddizioni nelle dichiarazioni di Walter Veltroni il quale promise: “sceglieremo per questo progetto il più grande architetto del mondo”. Ma a gridare vendetta c’è soprattutto la spesa di 29 milioni, stanziati da un’amministrazione che poi è costretta a risparmiare il milione o il mezzo milione su istituzioni come la Notte Bianca, il Festival della Fotografia o, peggio, il povero Macro. Tutto questo potrebbe già bastare. In realtà il vero motivo per cui non si può che essere contrari è un altro: un Museo della Shoah già c’è, già è pianificato e finanziato, già ne è stato definito il perimetro gestionale. Ed è un museo nazionale, istituito per legge nel 2003. È un omaggio e se vogliamo un risarcimento che lo Stato italiano tutto tributa alla comunità ebraica del paese. Il Museo Nazionale dell’Ebraismo e della Shoah sorgerà a Ferrara nel 2011 – anniversario dell’Unità d’Italia -, è frutto di un accordo destra-sinistra (ci hanno lavorato già tre governi, ministri e sottosegretari di ogni colore politico). I lavori si svolgeranno nel gigantesco spazio delle ex carceri: 13mila mq, praticamente un quartiere. Uno spazio aperto, transitabile, attraversabile in alcuni punti senza pagare il biglietto, che si presenterà come una porta urbana per la città di Ferrara, un “antighetto” per dirla con Riccardo Calimani, il presidente della Fondazione che gestirà il museo e che è costituita da Ministero per i Beni culturali, Comune di Ferrara, Centro di documentazione ebraica contemporanea e Unione delle comunità ebraiche italiane. Saranno allestite mostre, incontri, presentazioni, momenti didattici. Il museo estense sarà insomma un progetto di respiro internazionale e di dimensioni gigantesche. Costerà tuttavia 15 milioni, la metà del microscopico gemello capitolino. Se il Comune di Roma vuole davvero rendere omaggio ai suoi caduti di religione ebraica rinunci al clamoroso spreco di Villa Torlonia e entri nella Fondazione del Museo di Ferrara conferendo risorse, documentazioni e materiali, sarà senza dubbio il benvenuto. (m. t.)