Home XX secolo La Guerra Segreta: gli uomini della svolta nel 1939-1945

La Guerra Segreta: gli uomini della svolta nel 1939-1945

La Seconda guerra mondiale è stata il periodo della storia umana più condizionato dalle informazioni dei servizi segreti. Ogni giorno nelle centrali spionistiche di tutti i paesi che si combattevano senza esclusione di colpi, arrivava una valanga di decriptazioni, dossier, registrazioni. Il problema che si poneva non era quello dell’assenza di informazioni, come in altri momenti, ma della loro sovrabbondanza. Tutti sapevano di tutto, ma era difficile decidere quale materiale fosse falsificato e per ingannare il nemico e quale fosse autentico.
di Stefano Malatesta da Repubblica del 25 gennaio 2017
Non è vero che Stalin sia stato colto di sorpresa dall’attacco di Hitler, nell’operazione chiamata Barbarossa. Qualche settimana prima i due capi dei servizi di spionaggio e controspionaggio russi, avevano chiesto udienza al Cremlino per mostrare le prove che i tedeschi entro pochi giorni avrebbero lanciato il più grande attacco di carri armati che si fosse mai visto. I due spioni avevano deciso di parlare con il piccolo padre rischiando in proprio. Stalin era affetto da una sindrome della falsificazione e vedeva in ogni informazione un modo per distorcere la realtà. Anni prima aveva fatto fucilare l’ufficiale più brillante dell’armata rossa, Michail Nikolaevic Tuchacevskij, perché sospettato di essere un infiltrato di Hilter, in base a documenti falsificati dalla Gestapo. Adesso non credeva nell’attacco all’Unione Sovietica e i capi dei servizi segreti rischiavano di finire in Siberia per aver detto la verità.
Muoversi in questo mondo era come entrare nel gioco delle scatole cinesi, molte spie erano doppi o triplici agenti e non si capiva chi spiava chi. Il generale Franz Alder, capo di stato maggiore della Wehrmacht, diceva che i piani strategici della OKW, l’Oberkommando, arrivassero prima negli studi del Cremlino che sulla sua scrivania. In Inghilterra quasi tutti gli scrittori in partenza per un viaggio venivano contattati dalla Whitehall. Nelle alte sfere britanniche c’era la convinzione che chi scriveva romanzi fosse particolarmente adatto a entrare nel labirinto delle informazioni spionistiche. Inoltre avevano il vantaggio di fare un mestiere che presupponeva mobilità ed eccentricità, e a nessuno veniva in mente di meravigliarsi perché Somerset Maugham partiva e tornava dalla Svizzera con frequenza irregolare.
Il difetto di servirsi di persone con la penna facile era la logorrea: lo scrittore scozzese di Extraordinary Women, Compton Mackenzie, era uno specialista nel trasformare le sue modeste avventure nel Levante in fantastici thriller che avevano l’aspetto e la forma del romanzo, quasi delle anticipazioni dei libri che avrebbero scritto. Nella Seconda guerra mondiale i migliori autori inglesi dividevano il loro tempo tra lo scrivere novelle e spiare: Graham Greene in Africa occidentale, Evelyn Waugh a Creta e altrove. Fare l’agente segreto era diventato quasi un lavoro part-time per arrotondare le entrate, come fare il cameriere in un ristorante.
Molti di questi agenti segreti erano persone apparentemente insignificanti che lavoravano copiando i giornali del posto o prendendo notizie di nessuna importanza che facevano passare per informazioni segrete. Ma c’erano anche le star del mestiere e la vita del più spettacolare degli agenti, Richard Sorge, è raccontata in un libro di Max Hastings, La guerra segreta (Neri Pozza), il più esauriente testo su come ha funzionato lo spionaggio nella Seconda guerra mondiale. Sorge era figlio di un ingegnere petrolifero tedesco che da giovane era stato indottrinato dall’ideologia comunista. Era un uomo che aveva un immenso fascino sulle donne, attratte da una combinazione di personalità ipnotica e un aspetto da attore hollywoodiano. Cambiava fidanzata ogni mese e spesso si serviva di loro per avere informazioni riservate. Una di queste era Agnes, splendida ragazza di 23 anni, che Sorge infilava nel letto di potenziali informatori o di persone che potessero essere in qualche modo utili.
Era riuscito a farsi amici dappertutto nel mondo giornalistico e in quello diplomatico, e si fece nominare membro del partito nazionalsocialista. Così inviò a Mosca una serie di informazioni politiche, strategiche e confidenziali di prima qualità. A 38 anni era stato mandato in Giappone dove la sua carriera fece un salto. Era arrivato al punto di trasmettere i suoi messaggi dall’ambasciata a Berlino dove venivano presi e dirottati a Mosca. Alla fine fu scoperto e impiccato dai giapponesi.
Non c’era organizzazione spionistica di qualsiasi paese che fosse indenne dalle infiltrazioni. In Inghilterra c’era Kim Philby e il famoso studioso di arte barocca Anthony Blunt che davano all’Unione Sovietica quelle informazioni che il governo inglese aveva negato a Stalin. Così l’Oss, il gruppo degli agenti radunati da Bill Donovan, trasformato più tardi nella Cia, era infiltrato in molti ambienti sovietici fin dall’inizio. Gli agenti avevano tentacoli ovunque ed erano riusciti ad avere informazioni dalla segretaria di Walter Lippmann, il più famoso giornalista americano e amico personale di Roosevelt.
Non sapremo mai con certezza se il presidente americano sapesse in anticipo dell’attacco a Pearl Harbor. Qualche settimana prima aveva ordinato un sondaggio segreto sulla volontà degli americani di partecipare alla guerra in Europa contro i nazisti e il 60 per cento degli interpellati aveva risposto che la guerra era un affare esclusivamente europeo. Nessuno voleva ripetere l’errore della prima guerra mondiale quando più di 100.000 americani erano morti per aiutare il fronte occidentale a resistere ai tedeschi. Solo un atto di aggressione violenta da parte dei giapponesi avrebbe indotto l’America ad allearsi con l’Inghilterra. E Pearl Harbor era stato l’avvenimento che aveva rovesciato l’atteggiamento americano.
Comunque, se non a Roosevelt direttamente, le informazioni su Pearl Harbor erano certamente arrivate ai suoi assistenti. Qui incomincia la farsa dei messaggi di vitale importanza mandati agli agenti segreti a rischio della propria vita e che trovano una serie di ostacoli futili nella ricezione. Un agente segreto americano di stanza alle Hawaii aveva informato i capi dello spionaggio americano e questi ultimi avevano mandato un dossier al generale George Marshall, capo dei servizi speciali del presidente americano e la massima autorità dopo Roosevelt, ma quella mattina Marshall era andato a cavallo ed era introvabile.
Per una strana eccentricità del caso, negli attimi decisivi, quelli che devono intervenire immediatamente non ci sono nei loro uffici, chi sta in vacanza, chi va a ballare con la fidanzata, chi è andato a pesca di trote nel Montana e via assentandosi. Marshall prese in mano il dossier solo nel pomeriggio, era un fascicolo di molte pagine e il generale non andò subito alle conclusioni come sarebbe stato logico e urgente, ma si mise a leggerlo lentamente dall’inizio, come se avesse davanti il Washington Post. Quando arrivò al punto in cui si diceva che l’attacco era imminente, i giapponesi a Pearl Harbor avevano già affondato otto corazzate. Quell’informatore fu prezioso per la marina americana. In un dossier posteriore, inviato da lui all’ammiraglio Chester Nimitz, capo delle forze navali americane nel Pacifico, c’era l’elenco dettagliato, nave per nave, di tutta la flotta giapponese che si stava avvicinando alle isole Midway.
Era un’imponente flotta che contava le quattro portaerei più moderne nel mondo, guidata dell’ammiraglio Yamamoto, considerato un genio navale dalla stampa dell’occidente. Ma in questa occasione fece un errore così grande che devastò la marina nipponica senza rimedio. L’ordine dell’ammiraglio Nimitz era di tagliare la strada alla flotta nipponica, un gesto suicida perché i giapponesi erano infinitamente più forti e i caccia trasportati dalle portaerei erano i famosi Zero, mentre gli americani avevano navi sgangherate, aerei che cadevano in mare e siluri che non colpivano il bersaglio.
La prima parte della battaglia si svolse secondo le previsioni, tutti i caccia e gli aerei siluranti partiti dalle portaerei americane vennero abbattuti. A questo punto Yamamoto decise di finire lo scontro in un attacco scenografico a cui avrebbero partecipato insieme tutti gli aerei e le navi della flotta e diede ordine agli aerei di rientrare per rifornirsi di carburante.
Agli americani rimanevano sei bombardieri che si alzarono andando alla ricerca cieca della flotta giapponese non sapendo esattamente dove fosse. Ad un certo punto, il comandante della pattuglia fu attratto da un’ampia scia provocata da una nave che identificò come una delle più grandi portaerei giapponesi, in base alle informazioni date dall’agente segreto. Senza più il timore di essere attaccati dagli Zero, i bombardieri scesero in picchiata su questa e su altre due portaerei, centrandole. Si dice che l’ammiraglio Yamamoto assistesse inorridito ed impotente a quella scena che segnava la fine dei sogni di dominio del Pacifico da parte dei giapponesi.

10 Commenti

  1. Signor / Dottor Croce, mi sta benissimo che mi abbia preso in antipatia, non è la fine del mondo, così come è verissimo che ciascuno ha diritto alla propria opinione ed è vero che non esiste peggior sordo di chi non vuol sentire. Mi fa piacere che Lei sia stato su suolo nipponico per ben sei volte e che abbia avuto la fortuna di parlare con ufficiali della Marina Imperiale.
    Può anche darsi che la mia conoscenza della Guerra del Pacifico abbia diverse lacune, ma abbia pazienza, se Lei mi scrive che quest’articolo del Dottor Malatesta è un bell’articolo di storia o una bella recensione del libro di Hastings, siamo decisamente fuori strada.
    Il Dottor Malatesta avrà tanti meriti e pregi, ma è più che evidente che questa recensione la ha scritta mentre era indaffarato a fare altro: per4sino seduto sul gabinetto se si fosse concentrato solo sul libro di Hastings avrebbe potuto scrivere di meglio. Se poi Lei non rileva evidenti strafalcioni relativi ai succitati episodi della Pacific War, tipo Yamamoto che assiste alla distruzione della Kido Butai e le tante altre che ho correttamente rilevato come chiunque sappia di cosa parliamo può fare, allora devo dedurre che la profondità Sue conoscenze in materia è inferiore a quella di una piccolissima pozzanghera se non addirittura a quella di una goccia d’acqua.
    Lei mi cita il Dottor Pizzuti come autorità indiscussa su Pearl Harbor e sulla Pacific War e come Gran Depositario di Tutte Le Verità sull’Argomento, allora mi scusi, ma ho già capito di che pasta Lei è fatto ed è inutile proseguire a scrivere o discutere, visto che non ha la più pallida idea di cosa siano i testi che ho citato, non li ha mai letti ne mai ne ha avuto l’intenzione e cerca solo di attaccar briga.
    Tanto è sempre colpa di Maugeri e dei traditori, e le intercettazioni ULTRA e MAGIC non sono mai esistite: che pistoloni inglesi e americani che complessivamente hanno impiegato alcune migliaia di uomini per questo scopo. O crediamo che dopo tutto Alan Turing fosse giusto un pederasta perditempo e non un genio della matematica e della crittografia? Continui pure a dar la caccia ai traditori e a credere alle trizzinate, liberissimo di farlo. Questi maledetti massoni-giudei-plutocrati-corruttori-imbroglioni, hanno corrotto il mondo e hanno ostacolato l’Uomo Buono figlio del fabbro di Predappio, onestissimo Gran Condottiero pacifista, genio incompreso della Nuova Romanità! Eia Eia Alalà!
    Saluti.

  2. Signor Croce, visto che Lei mi accusa di essere un gran figlio del copia e incolla e nulla più, e visto che vanta tanta cultura e conoscenza sull’argomento Pearl Harbor, saprebbe gentilmente dirmi che rapporto vi era tra il Generale Short e l’Ammiraglio Richardson, il predecessore di Kimmel?
    Guardi che non è esattamente cosa trascurabile! Su internet è un informazione assai difficile se non impossibile da trovare: occorre avere letto certi libri… sa com’è! Ogni tanto capita anche a me.
    I suoi “Guru Italici della Verità” Le hanno anche dimostrato per caso che FDR e i suoi perfidi informatori erano anche a conoscenza dell’esistenza e della consistenza della V Divisione Portaerei del Kido Butai?

  3. Sig.Admiral,
    non si arrampichi sugli sopecchi.Con me questa tattica per allocchi non funziona.Sia serio e si attenga ai fatti che le ho precisamente descritto.Clicchi anche sui link che le ho postato ,ascolti,legga e poi vediamo dove vuole parare.Ormai si é più che compreso qual’e il suo intento.Ch’é tutt’altro che fare storia,ma solo ed unicamente propaganda.
    Altrimenti avrebbe descritto ben altre cose,di cui non si capisce (almeno fin’ora)se lei non le sa veramente o le piace ignorare perché le fa comodo così.Insomma:ci fa o ci é?Abbia pazienza.
    Cordialitá.
    Ubaldo Croce

  4. Caro sig.Admiral Canoga,
    lei mi fa veramente ridere.Io non accuso nessuno e tanto meno ce l’ho con lei. Abbiamo forse preso un caffé insieme?gli ho forse prestato un milione di dollari USA e non me li ha ridati indietro? A me non risulta proprio. Lei continua ad infarcire in questa rubrica nomi di storici snob,di ufficiali,di una marea di cose e di personaggi che nella loro stragrande maggioranza hanno solo raccontato una marea di inesattezze (o mistificato i fatti) per non molestare chi ha interesse che certe cose non devono essere note,perché cosi va la moda.Altrimenti sei un nazifascista etc.etc. Le solite scemenze per gli utili idioti, propaganda pura e semplice,facendo passare il tutto per la STORIA quando cosi non è lo affatto.Io,visto che lei non vuol (o fa finta) capire,le dico solo di prestare attenzione a cio’che le ho indicato,di stare a quei fatti ( e non chiacchiere da “topo” di biblioteca ) e a fare un ragionamento ( se ci riesce). Invece, lei continua ad arrampicarsi sugli specchi ,facendo il demiurgo del nulla. Poi,e questo non le fa onore,la mette sul politico,chiamando in causa l’Uomo di Predappio ( con degli sciocchi “alalà”,che qui non centra un fico secco. Non è di lui che si sta parlando. Qui,si deve far capire che gli americani,sotto la presidenza di Roosvelt hanno cercato in tutti i modi di entrare in guerra ( e non hanno fatto nulla per evitarla),provocando in maniera grave i giapponesi.Ha mai sentito parlare del Principe Konoye ( o come si chiamava lui ) che cerco’ a piu’ riprese un’azione diplomatica e sistemare le cose con gli americani e che proprio questi ultimi fecero e vollero sistematicamente fallire ogni opzione diplomatica?gli americani erono proprio cio’ che volevano e quindi poi in Giappone prevalse l’ala militare e le cose andarono come si sa.E con quanta ipocrisia e caparbietà gli americani cercarono il causus bellico é ormai piu’ che noto. Non a caso,prima, gli americani sul lato atlantico cercarono a piu’ riprese un pretesto,un incidente con i tedeschi,che con i loro U-boot pizzicavano i convogli britannici.Non è un mistero che Hitler diede ordine ai suoi U-Boot di evitare ogni scontro con le navi americane che scortavano i mercantili inglesi e cercarono ad ogni costo uno scontro con gli U-boot tedeschi.Non è un mistero che gli americani,pur di arrivare allo scopo applicarono,arbitrariamente,contro ogni diritto internazionale,il prolungamento delle acque territoriale quasi fino alla Gran Bretagna ,pur di avere il pretesto di uno scontro bellico con qualche U-boot tedesco e da qui dichiarare guerra alla Germania ( tecnica già usata prima con gli spagnoli e dopo con il Vietnam etc.).Siccome che i tedeschi non caddero in quella trappola,ci riuscirono con i giapponesi. O vorra’ farmi (ci) credere che non è vero che queste sono teorie da nazifascista e scemenze varie? Ma lei dove vive? Ma lei sa di cosa parla o ancora dorme sulla neve sognando che i porci volano? In sostanza,io le ho chiesto,di guardarsi ( ed ascoltarsi) il video che le ho mandato e di leggersi l’articolo di Marco Pizzuti,perché non é l’unico che ha descritto,in modo chiaro e preciso, le dinamiche che causarono Pearl Harbor. Ormai anche le rocce del Gran Canyon sanno che Roosvelt e soci non vedevano l’ora che i giapponesi attaccassero per entrare in guerra e completare l’opera che sappiamo ( leggasi di Antonino Condemi :”Il peso della sconfitta”,i numeri ivi riportati e capirà se vuol capire),mentre lei ciurla nel manico.O non se ne rende conto? Non si arrampichi sugli specchi ( con me non funziona,ha sbagliato soggetto) e venga al sodo della questione.Lei ( lo sto notando da cio’ che scrive) non ha ancora capito che c’è stato nella storia dell’umanità,un periodo cruciale,tragico che va come minimo dal 1913 (e forse anche un po’ piu’ indietro) al 1945,trentadue anni che hanno cambiato e illuso in modo tragico la storia dell’umanità.I fatti ivi succedutosi da allora fino ad oggi ( e ancora non é finita) lo dimostrano in maniera cristallina.Su quel periodo ( 1913-1945) si è detto piu’ di un 90% di verità e solo una piccola fetta di verità. Basta citare il caso Rudolf Hess,il caso Dunquerke,il caso Martin Bormann,la morte ( solo la dinamica della morte e non il motivo) di Mussolini,la storia dei suoi documenti ( di cui io stesso,grazie alla buonanima del fu Avvocato Alessandro Zanella di Mantova,autore de “L’ora di Dongo” ( Edizioni Mondadori 1993) incontrai,a Cernobbio ( Como) due partigiani. Uno delle fu “Fiamme verdi” ( tale Antonio Lorenzini di Cernobbio) e uno comunista ( che non volle dirmi il nome) che mi confermarono,in maniera chiara e netta,con assoluta serenità che loro avevano visto tra i documenti di Mussolini, catturato a Dongo,una cartella dedicata a Wiston Churchill…E le risparmio il resto.Le ho descritto questo per farle capire ( se lei avrà la bontà di arrivarci)che ci sono troppe cose che NON quadrano. Infine i ” guru della verità”ce li ha lei e non io.Se li tenga lei i suoi guru,ci sguazzi pure con loro. A me non interessano e mai sono stati di mio gradimento e che Dio me ne scampi.A me interessa unicamente chi sa ragionare sui fatti e quindi farne le dovute analisi e non le chiacchiere senza costrutto e fragile come neve al sole.
    Spero di essermi spiegato.
    Ubaldo Croce

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