Home XX secolo La Guerra Segreta: gli uomini della svolta nel 1939-1945

La Guerra Segreta: gli uomini della svolta nel 1939-1945

La Seconda guerra mondiale è stata il periodo della storia umana più condizionato dalle informazioni dei servizi segreti. Ogni giorno nelle centrali spionistiche di tutti i paesi che si combattevano senza esclusione di colpi, arrivava una valanga di decriptazioni, dossier, registrazioni. Il problema che si poneva non era quello dell’assenza di informazioni, come in altri momenti, ma della loro sovrabbondanza. Tutti sapevano di tutto, ma era difficile decidere quale materiale fosse falsificato e per ingannare il nemico e quale fosse autentico.
di Stefano Malatesta da Repubblica del 25 gennaio 2017
Non è vero che Stalin sia stato colto di sorpresa dall’attacco di Hitler, nell’operazione chiamata Barbarossa. Qualche settimana prima i due capi dei servizi di spionaggio e controspionaggio russi, avevano chiesto udienza al Cremlino per mostrare le prove che i tedeschi entro pochi giorni avrebbero lanciato il più grande attacco di carri armati che si fosse mai visto. I due spioni avevano deciso di parlare con il piccolo padre rischiando in proprio. Stalin era affetto da una sindrome della falsificazione e vedeva in ogni informazione un modo per distorcere la realtà. Anni prima aveva fatto fucilare l’ufficiale più brillante dell’armata rossa, Michail Nikolaevic Tuchacevskij, perché sospettato di essere un infiltrato di Hilter, in base a documenti falsificati dalla Gestapo. Adesso non credeva nell’attacco all’Unione Sovietica e i capi dei servizi segreti rischiavano di finire in Siberia per aver detto la verità.
Muoversi in questo mondo era come entrare nel gioco delle scatole cinesi, molte spie erano doppi o triplici agenti e non si capiva chi spiava chi. Il generale Franz Alder, capo di stato maggiore della Wehrmacht, diceva che i piani strategici della OKW, l’Oberkommando, arrivassero prima negli studi del Cremlino che sulla sua scrivania. In Inghilterra quasi tutti gli scrittori in partenza per un viaggio venivano contattati dalla Whitehall. Nelle alte sfere britanniche c’era la convinzione che chi scriveva romanzi fosse particolarmente adatto a entrare nel labirinto delle informazioni spionistiche. Inoltre avevano il vantaggio di fare un mestiere che presupponeva mobilità ed eccentricità, e a nessuno veniva in mente di meravigliarsi perché Somerset Maugham partiva e tornava dalla Svizzera con frequenza irregolare.
Il difetto di servirsi di persone con la penna facile era la logorrea: lo scrittore scozzese di Extraordinary Women, Compton Mackenzie, era uno specialista nel trasformare le sue modeste avventure nel Levante in fantastici thriller che avevano l’aspetto e la forma del romanzo, quasi delle anticipazioni dei libri che avrebbero scritto. Nella Seconda guerra mondiale i migliori autori inglesi dividevano il loro tempo tra lo scrivere novelle e spiare: Graham Greene in Africa occidentale, Evelyn Waugh a Creta e altrove. Fare l’agente segreto era diventato quasi un lavoro part-time per arrotondare le entrate, come fare il cameriere in un ristorante.
Molti di questi agenti segreti erano persone apparentemente insignificanti che lavoravano copiando i giornali del posto o prendendo notizie di nessuna importanza che facevano passare per informazioni segrete. Ma c’erano anche le star del mestiere e la vita del più spettacolare degli agenti, Richard Sorge, è raccontata in un libro di Max Hastings, La guerra segreta (Neri Pozza), il più esauriente testo su come ha funzionato lo spionaggio nella Seconda guerra mondiale. Sorge era figlio di un ingegnere petrolifero tedesco che da giovane era stato indottrinato dall’ideologia comunista. Era un uomo che aveva un immenso fascino sulle donne, attratte da una combinazione di personalità ipnotica e un aspetto da attore hollywoodiano. Cambiava fidanzata ogni mese e spesso si serviva di loro per avere informazioni riservate. Una di queste era Agnes, splendida ragazza di 23 anni, che Sorge infilava nel letto di potenziali informatori o di persone che potessero essere in qualche modo utili.
Era riuscito a farsi amici dappertutto nel mondo giornalistico e in quello diplomatico, e si fece nominare membro del partito nazionalsocialista. Così inviò a Mosca una serie di informazioni politiche, strategiche e confidenziali di prima qualità. A 38 anni era stato mandato in Giappone dove la sua carriera fece un salto. Era arrivato al punto di trasmettere i suoi messaggi dall’ambasciata a Berlino dove venivano presi e dirottati a Mosca. Alla fine fu scoperto e impiccato dai giapponesi.
Non c’era organizzazione spionistica di qualsiasi paese che fosse indenne dalle infiltrazioni. In Inghilterra c’era Kim Philby e il famoso studioso di arte barocca Anthony Blunt che davano all’Unione Sovietica quelle informazioni che il governo inglese aveva negato a Stalin. Così l’Oss, il gruppo degli agenti radunati da Bill Donovan, trasformato più tardi nella Cia, era infiltrato in molti ambienti sovietici fin dall’inizio. Gli agenti avevano tentacoli ovunque ed erano riusciti ad avere informazioni dalla segretaria di Walter Lippmann, il più famoso giornalista americano e amico personale di Roosevelt.
Non sapremo mai con certezza se il presidente americano sapesse in anticipo dell’attacco a Pearl Harbor. Qualche settimana prima aveva ordinato un sondaggio segreto sulla volontà degli americani di partecipare alla guerra in Europa contro i nazisti e il 60 per cento degli interpellati aveva risposto che la guerra era un affare esclusivamente europeo. Nessuno voleva ripetere l’errore della prima guerra mondiale quando più di 100.000 americani erano morti per aiutare il fronte occidentale a resistere ai tedeschi. Solo un atto di aggressione violenta da parte dei giapponesi avrebbe indotto l’America ad allearsi con l’Inghilterra. E Pearl Harbor era stato l’avvenimento che aveva rovesciato l’atteggiamento americano.
Comunque, se non a Roosevelt direttamente, le informazioni su Pearl Harbor erano certamente arrivate ai suoi assistenti. Qui incomincia la farsa dei messaggi di vitale importanza mandati agli agenti segreti a rischio della propria vita e che trovano una serie di ostacoli futili nella ricezione. Un agente segreto americano di stanza alle Hawaii aveva informato i capi dello spionaggio americano e questi ultimi avevano mandato un dossier al generale George Marshall, capo dei servizi speciali del presidente americano e la massima autorità dopo Roosevelt, ma quella mattina Marshall era andato a cavallo ed era introvabile.
Per una strana eccentricità del caso, negli attimi decisivi, quelli che devono intervenire immediatamente non ci sono nei loro uffici, chi sta in vacanza, chi va a ballare con la fidanzata, chi è andato a pesca di trote nel Montana e via assentandosi. Marshall prese in mano il dossier solo nel pomeriggio, era un fascicolo di molte pagine e il generale non andò subito alle conclusioni come sarebbe stato logico e urgente, ma si mise a leggerlo lentamente dall’inizio, come se avesse davanti il Washington Post. Quando arrivò al punto in cui si diceva che l’attacco era imminente, i giapponesi a Pearl Harbor avevano già affondato otto corazzate. Quell’informatore fu prezioso per la marina americana. In un dossier posteriore, inviato da lui all’ammiraglio Chester Nimitz, capo delle forze navali americane nel Pacifico, c’era l’elenco dettagliato, nave per nave, di tutta la flotta giapponese che si stava avvicinando alle isole Midway.
Era un’imponente flotta che contava le quattro portaerei più moderne nel mondo, guidata dell’ammiraglio Yamamoto, considerato un genio navale dalla stampa dell’occidente. Ma in questa occasione fece un errore così grande che devastò la marina nipponica senza rimedio. L’ordine dell’ammiraglio Nimitz era di tagliare la strada alla flotta nipponica, un gesto suicida perché i giapponesi erano infinitamente più forti e i caccia trasportati dalle portaerei erano i famosi Zero, mentre gli americani avevano navi sgangherate, aerei che cadevano in mare e siluri che non colpivano il bersaglio.
La prima parte della battaglia si svolse secondo le previsioni, tutti i caccia e gli aerei siluranti partiti dalle portaerei americane vennero abbattuti. A questo punto Yamamoto decise di finire lo scontro in un attacco scenografico a cui avrebbero partecipato insieme tutti gli aerei e le navi della flotta e diede ordine agli aerei di rientrare per rifornirsi di carburante.
Agli americani rimanevano sei bombardieri che si alzarono andando alla ricerca cieca della flotta giapponese non sapendo esattamente dove fosse. Ad un certo punto, il comandante della pattuglia fu attratto da un’ampia scia provocata da una nave che identificò come una delle più grandi portaerei giapponesi, in base alle informazioni date dall’agente segreto. Senza più il timore di essere attaccati dagli Zero, i bombardieri scesero in picchiata su questa e su altre due portaerei, centrandole. Si dice che l’ammiraglio Yamamoto assistesse inorridito ed impotente a quella scena che segnava la fine dei sogni di dominio del Pacifico da parte dei giapponesi.

10 Commenti

  1. Sorvoliamo sul resto ma poffarbacco! …. come si fa a scrivere un tale numero si scemenze sulla Guerra del Pacifico? Il Signor Stefano Malatesta non ha la più pallida idea di quanto scrive!
    “Non sapremo mai con certezza se il presidente americano sapesse in anticipo dell’attacco a Pearl Harbor. Qualche settimana prima aveva ordinato un sondaggio segreto sulla volontà degli americani di partecipare alla guerra in Europa contro i nazisti e il 60 per cento degli interpellati aveva risposto che la guerra era un affare esclusivamente europeo. Nessuno voleva ripetere l’errore della prima guerra mondiale quando più di 100.000 americani erano morti per aiutare il fronte occidentale a resistere ai tedeschi. Solo un atto di aggressione violenta da parte dei giapponesi avrebbe indotto l’America ad allearsi con l’Inghilterra. E Pearl Harbor era stato l’avvenimento che aveva rovesciato l’atteggiamento americano. Comunque, se non a Roosevelt direttamente, le informazioni su Pearl Harbor erano certamente arrivate ai suoi assistenti. Qui incomincia la farsa dei messaggi di vitale importanza mandati agli agenti segreti a rischio della propria vita e che trovano una serie di ostacoli futili nella ricezione. Un agente segreto americano di stanza alle Hawaii aveva informato i capi dello spionaggio americano e questi ultimi avevano mandato un dossier al generale George Marshall, capo dei servizi speciali del presidente americano e la massima autorità dopo Roosevelt, ma quella mattina Marshall era andato a cavallo ed era introvabile.”
    La questione è ancora piuttosto complessa ed è stata ampiamente dibattuta sia da storici “main strem” come Gordon Prange (At Down We Slept), Samuel E. Morison (History of United States Naval Operations in World War II, Vol 3), Stan Cohen (East Wind Rain), Elliot Carlson (Joe Rochefort’s War: The Odyssey of the Codebreaker Who Outwitted Yamamoto at Midway) sia da alcuni protagonisti “allineati”, come Edwin T Layton (And I Was There) , ….. sia dai cosiddetti revisionisti come Robert Stinnett (Day of Deceit ), Percy L Greaves (Pearl Harbor: The Seeds and Fruits of Infamy – per chi volesse è possibile scaricare gratuitamente quest’ottimo studio in epub o pdf dal sito del von Mises Institute https://mises.org/library/pearl-harbor-seeds-and-fruits-infamy), per non parlare di John T Flynn (The Truth About Pearl Harbor / The Final Secret of Pearl Harbor )
    o di Harry E Barnes (Pearl Harbor after a Quarter of a Century e erpetual War for Perpetual Peace: A Critical Examination of the Foreign Policy of Franklin Delano Roosevelt and its Aftermath), di alcuni protagonisti poco convinti dalle storielle raccontate da FDR, come l’ammiraglio Robert A Theobald ( The Final Secret of Pearl Harbor – la prefazione di questo libro è dell’ammiraglio Halsey – Theobald era il comandante della Destroyer Flotilla One della US Pacific Fleet e i 3 cacciatorpediniere distrutti dai giapponesi a Pearl Harbor, lo Shaw, il Cassin e il Downes erano ai suoi ordini), o l’ammiraglio James O Richardson, che aveva preceduto Kimmel come CinCUS in quella “trappola per topi” che era Pearl Harbor, (On The Treadmill To Pearl Harbor),
    Illuminanti anche le letture del libro di James Leutze sull’ammiraglio Thoma C Hart, comandante della US Asiatic Fleet (A Different Kind of Victory) e del Capitano Kemp Tolley (Cruise of the Lanikai – il Lanikai era uno yacht armato delle US Asiatic Fleet che nelle intenzioni di FDR avrebbe dovuto provocatoriamente “intercettare” i convogli giapponesi in rotta verso la Malesia per creare un “casus belli”), e i monumentali libri di William H Bartsch (Doomed At The Start e December 8,1941 – MacArthur’s Pearl Harbor).
    Fondamentali per capire cosa ci facesse la US Navy a Pearl Harbor e i dubbi causati da tale inusuale dispiegamento negli alti vertici della Marina Americana sono i due libri di Skipper Steely sull’ammiraglio James Otto Richardson, “silurato” da Franklin Delano Roosevelt proprio perché non voleva che la flotta americana rimanesse a Pearl Harbor (Pearl Harbor Countdown – Admiral James Otto Richardson e Why Stay at Pearl?: Senior Naval Officers, Attaches, Intelligence And State Department Influences On Placing The Fleet At Pearl Harbor In 1940).
    Aggiungiamo che la US Navy della prima metà del XX secolo fu una creazione della famiglia Roosevelt: 5 Roosevelt furono Assistent Secretary of the Navy (Vice-Ministro della Marina), Theodore Roosevelt, (1897-1898), Franklin Delano Roosevelt (1913-1920), Theodore Roosevelt Jr.(1921-1924),, Theodore Douglas Rodinson (1924-1929) e Henry L Roosevelt (1933-1936) e come noto, Theodore Roosevelt e Franklin Delano Roosevelt furono anche presidenti. Franklin Delano sotto Josephus Daniels (Secretary of the Navy – Ministro della Marina) lavorò alla “Navy Second To None” ( Navy che arrivò al rapporto 5:5 con la Royal Navy alla Conferenza Navale di Washington) mentre come presidente, grazie alle azioni di lobbing dei senatori Park Trammell (Vinson-Trammell Act, 1934) e David I Walsh e del deputato Carl Vinson (Naval Act 1938), pose solide basi per la “Two Ocean Navy”, approvata si badi bene il 19 luglio 1940 (Vinson-Walsh Act), quasi 17 mesi prima di Pearl Harbor!
    Franklin Delano Roosevelt fece tutto quanto era in suo potere per provocare i giapponesi: egli sapeva perfettamente che i giapponesi avrebbero attaccato Pearl Harbor, semplicemente non sapeva quando ovvero era all’oscuro del fatto che il “D-Day” sarebbe stato proprio l’8 dicembre 1941.
    James Otto Richardson l’aveva messo in guardia: e per questo venne rimosso anticipatamente dal comando della flotta: “Mr President, I feel that I must tell you that the senior officers of the Navy do not have the trust and confidence in the civilian leadership of this country that is essential for the successful prosecution of a war in the Pacific” .
    Roosevelt aveva poi osteggiato i tentativi di dialogo con gli USA dei “governi moderati” giapponesi, favorendo così il proliferare di fazioni radicali favorevoli alla guerra nel panorama politico-militare giapponese. Assurdo ma vero, Tojo rispetto ad altri era un moderato.
    Gli storici dovrebbero approfondire il reale peso che ebbe Mr Stanley Hornbeck nell’evoluzione degli eventi che portarono a Pearl Harbor oppure dovrebbero scrivere un’accurata biografia sull’ammiraglio Harry Yarnell, sul suo ruolo nella nascita dell’US Naval Aviation imbarcata sulle portaerei, sul Fleet Problem XIII del 1932 con il relativo attacco aereo a Pearl Harbor simulato dai gruppi aerei della Lexington e della Saratoga, sulle relazioni tra l’ammiraglio Hasegawa Kiyoshi e l’ammiraglio Yamamoto, sulle relazioni tra l’ammiraglio Hasegawa Kiyoshi e l’ammiraglio Yarnell a proposito dell’incidente della Panay e sugli strani comportamenti degli ammiragli Leahy (nei confronti di Yarnell) e Stark (nei confronti di Richardson, di Hart e di Kimmel) sul ruolo dell’ammiraglio Anderson il 7 dicembre….
    “Per una strana eccentricità del caso, negli attimi decisivi, quelli che devono intervenire immediatamente non ci sono nei loro uffici, chi sta in vacanza, chi va a ballare con la fidanzata, chi è andato a pesca di trote nel Montana e via assentandosi. Marshall prese in mano il dossier solo nel pomeriggio, era un fascicolo di molte pagine e il generale non andò subito alle conclusioni come sarebbe stato logico e urgente, ma si mise a leggerlo lentamente dall’inizio, come se avesse davanti il Washington Post. Quando arrivò al punto in cui si diceva che l’attacco era imminente, i giapponesi a Pearl Harbor avevano già affondato otto corazzate. Quell’informatore fu prezioso per la marina americana. In un dossier posteriore, inviato da lui all’ammiraglio Chester Nimitz, capo delle forze navali americane nel Pacifico, c’era l’elenco dettagliato, nave per nave, di tutta la flotta giapponese che si stava avvicinando alle isole Midway.”
    8 corazzate affondate? Ma quando? USS Arizona affondata – irrecuperabile , USS Oklahoma affondata – irrecuperabile, USS West Virginia – affondata, recuperata e ricostruita, USS California – affondata – recuperata e ricostruita, USS Nevada – incagliata per prevenirne l’affondamento, gravemente danneggiata, ricostruita, USS Maryland danneggiata e riparata, USS Tennessee danneggiata e riparata, USS Pennsylvania – danneggiata e riparata: 5 corazzate “affondate” di cui 2 irrecuperabili
    “Era un’imponente flotta che contava le quattro portaerei più moderne nel mondo, guidata dell’ammiraglio Yamamoto, considerato un genio navale dalla stampa dell’occidente. Ma in questa occasione fece un errore così grande che devastò la marina nipponica senza rimedio. “
    Le portaerei più moderne del mondo? A Midway la Kido Butai dell’ammiraglio Nagumo era cotituita dall’Akagi (nave ammiraglia – entrata in servizio nel 1927), Kaga (entrata in servizio nel 1928), Soryu (entrata in servizio nel 1937) e Hiryu (entrata in servizio nel 1939). Le più moderne portaerei giapponesi erano la Zuikaku e la Shokaku, entrate in servizio nel 1941 e che parteciparono con le 4 succitate portaerei all’attacco a Pearl Harbor. Zuikaku e Shokaku non poterono partecipare a Midway a causa dei danni (Shokaku) e delle perdite (Zuikaku – gruppo aereo imbarcato da ricostituire) subite nella battaglia del Mar dei Coralli. In ogni caso non fu certo il solo Yamamoto a decidere di attaccare Midway!
    “L’ordine dell’ammiraglio Nimitz era di tagliare la strada alla flotta nipponica, un gesto suicida perché i giapponesi erano infinitamente più forti e i caccia trasportati dalle portaerei erano i famosi Zero, mentre gli americani avevano navi sgangherate, aerei che cadevano in mare e siluri che non colpivano il bersaglio.”
    Questa l’abbiamo scritta in preda agli effetti dell’alcol e di non so quali e quanti altri effetti speciali!
    I giapponesi non erano infinitamente più forti e soprattutto non si muovevano all’unisono a rullo compressore: c’erano diversi “Task Group” ciascuno con una funzione specifica, “separati nel tempo e nello spazio”. Nagumo disponeva di 4 portaerei e Spruance e Fletcher di 3. Nagumo aveva a disposizione circa 250 aerei e Spruance e Fletcher circa 230. Gli americani avevano però anche i B-17, i B-26, i TBF, gli SBD, gli SB2U (obsoleti), gli F4F e gli F2A (obsoleti) basati a Midway, per non parlare dei numerosi idrovolanti PBY Catalina. Le 3 portaerei classe Yorktown erano con le Zuikaku le migliori e più moderne portaerei allora esistenti al mondo, altro che sgangnerate! Gli incrociatori pesanti e leggeri dell’US Navy erano tutti abbastanza recenti o nuovissimi (Atlanta), i cacciatorpediniere erano tutti recenti, sebbene inferiori ai Kagero, altro che navi sgangherate!
    Che cavolo vuole dire “aerei che cadevano in mare”? I velivoli imbarcati sulle 3 Yorktown erano aerosiluranti TBD Devastator (obsoleti e inefficaci soprattutto a causa del siluro Mk. 13), bombardieri in picchiata SBD Dauntless (ottimi, all’epoca probabilmente i migliori al mondo, furono questi velivoli a decidere la battaglia), caccia F4F Wildcat (complessivamente inferiori allo Zero, ma assai robusti e grazie ad alcune tattiche di combattimento come la “Thatch Wave”, molto efficaci).
    “La prima parte della battaglia si svolse secondo le previsioni, tutti i caccia e gli aerei siluranti partiti dalle portaerei americane vennero abbattuti. A questo punto Yamamoto decise di finire lo scontro in un attacco scenografico a cui avrebbero partecipato insieme tutti gli aerei e le navi della flotta e diede ordine agli aerei di rientrare per rifornirsi di carburante.”
    Cosa? Ma quando? In che film? Era la solita americanata galattika? Nessuno aveva previsto un fico secco! Gli aerosiluranti americani non si coordinarono con gli altri velivoli dei gruppi di volo, trovarono per primi il bersaglio, ovvero le portaerei giapponesi ed eseguirono l’attacco senza protezione dei caccia F4F e senza coordinarsi con gli squadron di SBD (alcuni dei quali avevano “perso la rotta” – ad esempio i velivoli della Hornet). Attacco scenografico? Questa poi! Yamamoto non decise proprio un bel nulla visto che non era presente! Sull’Akagi c’era Nagumo, non Yamamoto! Gli aerei che rientrarono erano i caccia della CAP che avevano esaurito munizioni e carburante nello scontro con gli aerosiluranti dei 3 VT (VT-3, VT-6 e VT-8) dell’US Navy. Negli hangar delle portaerei giapponesi stavano per essere approntati i velivoli che avrebbero dovuto attaccare Midway
    “Agli americani rimanevano sei bombardieri che si alzarono andando alla ricerca cieca della flotta giapponese non sapendo esattamente dove fosse. Ad un certo punto, il comandante della pattuglia fu attratto da un’ampia scia provocata da una nave che identificò come una delle più grandi portaerei giapponesi, in base alle informazioni date dall’agente segreto. “
    Bum pum pam! Ma quale agente segreto! Qua si allude evidentemente a Joe Rochefort che non era affatto un “agente segreto” e al team di Magic che si occupava delle decrittazioni dei messaggi giapponesi,. Attenzione: gli SBD della Enterprise e della Yorktown che attaccarono Akagi, Kaga e Soryu non erano solo 6! VB-6 e VS-6 fecero alzare in volo più di una trentina di Dauntless, mentre il VB-3 ne fece alzare in volo 17 dei quali 13 attaccarono le navi giapponesi.
    “Senza più il timore di essere attaccati dagli Zero, i bombardieri scesero in picchiata su questa e su altre due portaerei, centrandole. Si dice che l’ammiraglio Yamamoto assistesse inorridito ed impotente a quella scena che segnava la fine dei sogni di dominio del Pacifico da parte dei giapponesi.”
    L’ammiraglio Yamamoto non era presente! Sull’Akagi c’era Nagumo! Yamamoto era sulla Yamato e la Yamato non faceva parte della Kido Butai!
    La domanda è cosa c’entra questo orribile articolo del signor Stefano Malatesta, che evidentemente ha le idee piuttosto confuse, con il volume di Max Hastings?
    Ammettiamo pure che il volume sia stato mal tradotto in italiano, ma certe informazioni su Pearl Harbor e su Midway sono arcinorte! Studiare un pochino prima di imbrattare gironali o occupare maldestramente spazio sulla rete dovrebbe essere il minimo!

  2. Non finiremo mai di ribadirlo: spesso questo sito riprende e rilancia articoli di storia apparsi su altre testate, in Italia e all’estero. Non vuol dire che li condividiamo ma semplicemente segnaliamo ai nostri lettori quanto si scrive e si dibatte altrove in tema di Storia. Quindi l’articolo di Malatesta non è un articolo di “Storia In Rete” ma di “Repubblica”. Per quanto ci riguarda abbiamo a suo tempo pubblicato un articolo sui retroscena di Pearl Harbour che ha scatenato molte polemiche e che potete ritrovare qui:
    https://storiainrete.com/25/storia-militare/pearl-harbor-il-grande-inganno-di-franklin-delano-roosevelt/

  3. Gentile Dottor Andriola sono perfettamente a conoscenza del fatto che questo sito web è per gran parte una “rassegna stampa” e che gran parte degli articoli riportati non c’entrano nulla (o quasi) con la rivista cartacea o con gli articoli web scritti dallo staff e dai collaboratori della rivista Storia in Rete.
    Con tutto il dovuto rispetto è però davvero raccapricciante che sul sito web di Repubblica compaiano articoli del genere: capisco che presso la stampa generalista la storia ha sempre meno spazio, che venga trattata con aria di sufficienza e con meno precisione o attenzione rispetto a quanto non si faccia con i reality show o con le partite di calcio e che forse quest’articolo doveva essere una semplicemente una sorta di recensione dell’edizione italiana libro di Sir Max Hugh Macdonald Hastings “The Secret War: Spies, Codes And Guerrillas, 1939–45” (ricordiamo che Stefano Malatesta collabora con Repubblica e che le sue opere vengono pubblicate dall’editore Neri Pozza, editore che ha pubblicato l’edizione italiana del volume di Hastings), ma così proprio non va, mi scusi,qua mancava solo che venissero citati come partecipanti alla battaglia di Midway il generale George Pickett, l’ammiraglio Togo Heiachiro o Ernst Udet!

  4. Caro sig.Admiral,
    parafrasando cio’ che lei ha scritto riferendosi all’articolo del bravo dott.Stefano Malatesta,dovrei dirle ( scriverle) anch’io,con rispetto parlando,la stessa cosa:”… come si fa a scrivere un tale numero si scemenze sulla Guerra del Pacifico? Signor Admiral Canoga non ha la più pallida idea di quanto scrive!”.
    Vengo al dunque e le dimostro quanto sia propagandista ( e non storico) il suo intervento.Lei cita una marea di storici,di dati,etc.etc.( che secondo me sono nella maggior parte un suo copia e incolla di cose che ormai hanno fatto il suo tempo,in quantoché,a sua volta cio’ che lei cita sono anche i soliti copia e incolla di chi vorrebbe incantare i polli e poi ha la pretesa di farsi passare per storico,quando storico non é) e non va alla sostanza ( vera) dell’episodio in sè. Ma prima vorrei rendere giustizia all’ottimo lavoro del dott.S.Malatesta.
    Ebbene,una volta tanto,dopo tante bufale, Repubblica ( quando vuole) è capace di pubblicare cose serie.E l’artiicolo del dott.Stefano Malatesta n’è una conferma. Che le piaccia o no,caro sig.Admiral,è cosi. C’è poco da fare. Dato i fatti se ne deve fare una ragione.Sul caso Pearl Harbor vennero già fuori delle verità quando furono messi sotto inchiesta i comandanti di allora della base hawaiana della US Navy,il generale Short e l’Ammiraglio Kimmel. Ci sono carte che cantano ma pochissimi le hanno lette e ben inquadrate. Non solo. I servizi segreti australiani seppero con circa tre settimane di anticipo,mentre la flotta nipponica era in rotta verso le isole Haway, che i giapponesi avrebbero attaccato Pearl Harbor e avvertirono il governo americano di cosa stavano facendo i giapponesi.Lo sapevano benissimo anche i russi,grazie alla loro spia traditore tedesco Richard Sorge; che allora era in Giappone e che rese servigi all’Urss di un’importanza strategica notevole Ma gli americani,Roosvelt ( che sapevano benissimo cosa stavano per fare i giapponesi) fecero finta di niente (https://www.youtube.com/watch?v=7udTKK_NK4k Nel caso non si aprisse il link scriva,sul motore di ricerca di youtube:”Il piacere dell’ignoranza.Alberto Angela ci racconta Pearl Harbor “). Infine,si legga questo articolo ( veramente il piu’ completo in materia e in maniera incontrevertibile) del bravissimo dott.Marco Pizzuti:” Il caso Paerl Harbor” : http://www.altrainformazione.it/wp/il-caso-pearl-harbor/ . Infine,se permette,io sono stato per ben sei volte in Giappone da Tokyo fino alle porte di Okinawa. Il giorno 29 marzo del 2003 fui ospite dei veterani della fu Marina Imperiale Giapponese. Parlai ( grazie ad un bravissimo interprete e mio amico giapponese) con due ex ufficiali della Marina Nipponica che sapevano tutto di Pearl Harbor. Il loro racconto coincide in maniera totale (seppur con qualche sfumatura) con l’articolo di Marco Pizzuti di cui sopra le ho evidenziato col link. E per la precisione,le diro’ pure che il sottoscritto,nel 2003 ignorava totalmente e neanche sapeva chi fosse Marco Pizzuti,in quantoché solo quasi 10 anni dopo ne sono venuto a conoscenza.Non so se me spiego…
    A questo punto,caro sig.Admiral Canoga,lei non rende assolutamente nessun servizio alla storia con i suoi racconti di fantasia che,nella realtà,non hanno nulla a che fare con i fatti storici realmente accertati.E’ solo propaganda allo stato puro. Il sottoscritto,le ha già descritto ( parlando dei suoi idoli:santoni alberto,ultra e maugeri etc.)che la sua posizione in questi casi non ha nulla a che fare con chi vorrebbe dare un contributo alla storia del secolo scorso,ma assomiglia sempre piu’ ad un’arringa dell’avvocato delle cause perse. Insomma,non ci piove.Se le rimane un briciolo di ragionamento e di onestà intellettuale dovrebbe rendersene conto.In sostanza,davanti alle sue elucubrazioni storiche persino la carica dei seicento ( 600) diventa una ragionata manovra militare ,logica e sensata. Le do’un consiglio. Lasci perdere. Non si puo’ dormire continuamente sulla neve sognando che i porci volano.
    Non me ne voglia.Purtroppo per lei,in questo caso è cosi.Chi veramente sa le potrà confermare quanto le scrivo. Provare per credere.
    Cordialità.
    Ubaldo Croce

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