Home Risorgimento Bologna: laurea in Storia ma senza studiare l’Unità d’Italia

Bologna: laurea in Storia ma senza studiare l’Unità d’Italia

Gli studenti dell’ateneo bolognese devono fare a meno della storia del Risorgimento. Anche se si laureano in Storia. Un “buco” che colpisce nei piani di studio ma cui nessuno sembra voler porre rimedio visto che i programmi offerti dal corso di studi si interrompono con i moti del 1831 e con l’insurrezione nazionale del 1848, per ripartire poi dalla fine dell’Ottocento. Mancano proprio quei quarant’anni che sono stati decisivi per l’unità d’Italia. Una svista? Una scelta voluta? I docenti interpellati spiegano che il caso non riguarda solo Bologna ma molte altre università dove la storia del Risorgimento risulta in declino o è addirittura scomparsa.

dal Secolo d’Italia del 15 gennaio 2014 

Un periodo che, nella complessa e relativa periodizzazione della Storia, è sempre stato al centro di dibattiti. Gli uomini che fecero l’Italia – i Mazzini, Cavour, D’Azeglio, Garibaldi, fino a Depretis e Giolitti – in questo modo non vengono affrontati dagli studenti. Per il professore Gian Paolo Brizzi, del corso di Storia Moderna, ”il tema non si è aperto solo a Bologna, ma è ampiamente diffuso nel nostro Paese”. Il professore ha spiegato che ”con l’espansione accademica della Storia contemporanea gli storici contemporaneisti hanno prima assunto la partizione cronologica 1815-1945 poi, assecondando i propri interessi di ricerca, hanno abbandonato l’Ottocento specializzandosi sul XX secolo, mentre Storia del Risorgimento decadeva rapidamente dopo gli anni Sessanta”. Il vuoto che si è creato a livello nazionale è uno dei temi che le ”associazioni storiche dibattono e che ha prodotto una prima estensione dei manuali più recenti di Storia moderna al 1848”. Brizzi ha comunque riconosciuto ”l’esigenza di formulare una soluzione concordata fra le varie discipline storiche che assicuri una conoscenza del XIX secolo che non sia affidata alla diligenza di qualche docente”.

Il vuoto ha comunque stupito il direttore del Dipartimento di Storia cultura e civiltà di Bologna, Giuseppe Sassatelli, che si è detto all’oscuro del problema. ”Non c’è alcun limite nell’insegnamento di ciascun professore, ognuno può coprire gli aspetti che preferisce – ha spiegato – certo è che lasciare dei buchi dall’antichità ad oggi è deleterio per gli studenti”. Sassatelli ha anche fatto una promessa: ”Prendo atto della situazione e mi faccio carico di questa mancanza, è un impegno che prendo personalmente”. Il problema era già stato posto dal professore Paolo Prodi, che lo aveva definito ”ambiguo”. Nel suo saggio Introduzione allo studio della storia moderna aveva spiegato che ”dopo gli sviluppi degli ultimi decenni e la marginalizzazione della Storia del Risorgimento si ha nell’insegnamento universitario quasi un buco nero o terra di nessuno che ricopre gran parte dell’Ottocento e che si estende almeno sino alla prima guerra mondiale”.

 

SE NON TE LO INSEGNANO ALL’UNIVERSITA’, IL RISORGIMENTO PUOI STUDIARLO SU STORIA IN RETE!

8 Commenti

  1. Vedo che “Ernesto” (stavolta senza a Foria)è stato sollecito a rispondere e però scrive sempre le stesse cose, trite e ritrite, ma lo giustifico perchè essendo Calabrese (di Catanzaro), come tutti i suoi coonterranei (e non lo dico io, ma si dice)” ten ‘a capa tosta”. Lui continua a considerare quel “manipolo di terroristi” che lasciarono Il Regno per l’esilio (e non migranti) per sfuggire alle “torture” della legge e andare a cospirare in Piemonte (mi riferisco a, detto da lui il 22 ottobre 2012, 14:37-ricordi Ernesto? :”…Esistono fenomeni migratori interni o internazionali anche prima certo non della stessa intensità di fine ottocento o primi del novecento.( Non è che le persone emigrino subito dopo il marzo del 1861 inferocite con Garibaldi,Cavour o Vittorio Emanuele II, come vorrebbe qualche mattacchione che forse ha alzato un pò il gomito o è risentito perchè il Napoli ha perso).Mi riferivo prima agli esuli italiani per motivi politici, molti dei quali Meridionali (siciliani compresi), costretti a trovare rifugio prevalentemente nel Piemonte sabaudo,dove l’atteggiamento di Cavour e Vittorio Emanuele II verso gli esuli è…”. Ecco, questi erano “gli emigranti” ante 1870 di Ernesto. Poi mi vieni a dire:”..certo nelle contrade desolate del Regno …imperversavano violenza, arretratezza, miseria, isolamento..” e chi più ne ha, più ne metta (un pò come la denigrazione dell’epoca, che “lavorava bene” per gettare fango sul regno. Poi chissà perchè “il grande tour”, tutta l’Europa lo propagandava per il Sud ( forse sbaglio. Per il piemonte?). Chissà perchè”le contrade desolate” facevano parte della “Campania felix”. Sui briganti (e non Briganti, i (B)riganti sono tutt’altra cosa, sono partigiani)già ti risposi il 15 ottobre 2012, 18:29 Su:” Fenestrelle e il genocidio dei Borbonici” e ti scrissi (per rammentartelo):”… Si è vero c’erano i briganti,feroci e autori di efferatissimi delitti, ma questi li trovavi in ogni angolo della penisola, in quel periodo analizzato (La tua disanima si limita, con qualche piccola eccezione, al 1800). Ebbene, in Piemonte operavano i famosi “Mayno della Spinetta e “il Bersagliere” Pietro Mottino,poi mostri di provata crudeltà: dai “Fratelli di Narzole” al sanguinario Francesco Delpero, passando per “La jena di San Giorgio”. Sull’argomento puoi leggere: Briganti del Piemonte. Alessandro Mondo(Autore).
    Nella Romagna, invece,troviamo Alfonso Piccolomini “duca di Montemariano” (che, alla fine del ’500, mise in atto azioni di brigantaggio nei territori al confine fra la Romagna toscana e quella pontificia.La banda era composta da malfattori toscani, romagnoli e marchigiani. Celeberrimo, qualche anno più tardi, Stefano Pelloni, detto “il “Passatore”, che viene ucciso il 23 marzo 1851.
    Differente invece il “Brigantaggio” post-unitario. Quelli non erano Briganti, erano “Partigiani”…”Dici ancora:” …Crocco non era prima con Garibaldi?…”. Giusto! E io ti chiedo, prima ancora di “Garibardo” non era un soldato borbonico ?. Dici ancora:..”Il Piemonte era indebitato perchè Cavour aveva intrpreso un’opera di modernizzazione sconosciuta all’”avanzatissimo regno di Ferdinando II”,costruendo bla,bla,bla…”. No caro, il piemonte era indebitato fino al collo per la sua mania di “Wargames” senza risultati alcuni, dato che puntualmente ne usciva con “batoste clamorose” e con le ossa rotte.
    Per quanto riguarda “l’analfabetismo” , voglio citare uno studio fatto dalla CGIL Lombarda: “Istruzione da:CGIL notiziario Lombardia n° 30 del marzo 2011. Numero speciale: 150° dell’Unità d’Italia. “…Gli Stati preunitari hanno modelli scolastici molto diversi tra loro per qualità, durata e gratuità… all’idea che i giovani fossero nati per servire la patria e che la loro educazione non dovesse essere un problema privato, ma una questione pubblica e quindi politica. Il modello prevedeva diversi ordini di scuola. Lo Stato Pontificio era quello meno avanzato, non prevedeva alcun sistema di istruzione. Vi erano solo scuole private secondarie gestite dai vari ordini religiosi….Il tasso di analfabetismo era molto alto. Ma anche il Regno di Sardegna non se la passava granchè bene.Fino al 1815 la situazione resta di grande arretratezza. Da un’indagine dell’epoca risulta che a Torino ( A TORINO non a Napoli) solo l’8% della popolazione sapesse leggere e scrivere. Lo Stato che aveva dato maggiore impulso alla scuola era il Granducato di Toscana,… Anche il Regno delle Due Sicilie opera nell’alveo dell’assolutismo illuminato di quell’epoca muovendosi verso la statizzazione delle scuole, togliendole al controllo del curialismo. Si istituiscono università e scuole professionali,così come si diffondono le scuole elementari, imponendo ai conventi il pagamento del 10% delle loro rendite a favore dell’Azienda dell’Educazione. Si fa strada insomma l’idea della funzione pubblica dell’educazione vista come sviluppo del giovane “utile allo Stato”…. Questo studio, ripeto è stato fatto dalla CGIL LOMBARDA.

    Ma agli inizi del Novecento (Regno d’italia) la situazione non era molto migliorata:
    33 milioni di abitanti di cui 23 milioni analfabeti.
    (Il problema dell’analfabetismo – Didattica Museale | Istruzione.it archivio.pubblica.istruzione.it ›)

    “La rete ferroviaria al Sud,seppure molto più esteso del Regno di Sardegna era infinitamemte inferiore.Intere…”
    Premesso che il Piemonte le locomotive le acquistò dai Borbone e premesso ciò che tu ben sai, che devo dire che i progetti rimasero sulla carta per il succedersi degli avvenimenti? Non dimenticare che la Napoli-Portici era solo un pezzo della tratta Capua-Nocera. Non dimenticare che la 1^ galleria ferroviaria costruita nel mondo è quella che da Nocera porta a Codola(SA).Se ricordo bene la flotta Mercantile era la 3^ (o 2^?) sul Continente. Non mi piace ripetermi ma io ti ho dato esaurientissime risposte già il 23 ottobre 2012, 15:11 ( sempre su “Fenestrelle e il genocidio…”) quando tu mi chiamasti “provocatore” : “… Però certo è che l’egregio sig.Nunzio o nupo è nu pocu provocatore…..” Tutte quelle risposte (che puoi verificare)fanno sembrare ridicola la tua tesi secondo cui i: ” Borbone si limitavano a tesaurizzare le risorse,senza fare investimenti,per questo erano pieni di soldi,non facevano quasi nulla.

    “Il meglio della cultura meridionale,gli Spaventa, i Ferrara, Massari, i De Sanctis e tanti altri,oggi sostanzialmente dimenticati e irrisi…” I traditori del Regno vorrai dire! Io aggiungerei ad essi anche Poerio, Don Liborio (il più grande traditore della storia), lo stesso Settembrini, autore delle famose lettere di Gladstone Sulla “negazione di Dio”. Quello stesso Settembrini che poi, nel 1870, ai giovani universitari che si lamentavano con lui (Rettore)dell’andamento dell’Università, rispose: ” Figli miei, bestemmiate la memoria di Ferdinando II, è sua la colpa di tutto questo! Professore, come c’entra quello lì? Si, c’entra; se egli invece di essere clemente avesse impiccato noi altri, oggi non si starebbe a questo; fu benevolo, e noi facemmo peggio”. (Dalle memorie di L.Settembrini).

    Dici ancora:”… oggi purtroppo in molte contrade del Sud e non solo dominano incontrastati a livello politico ed anche culturale gruppi di briganti legalizzati.Una volta almeno stavano nei boschi,oggi sono giornalisti,assessori ,sindaci…”. E chi li ha legalizzati i briganti e i mafiosi, non è stato forse il “Garibardo” per i suoi loschi disegni? in quanto a Cavour: “Cavour,nonostante il debito del regno,non aveva alcuna intenzione di scendere al Sud, lo fece solo per evitare che Garibaldi, che aveva un largo seguito anche al Sud e fu mosso ad agire dal gruppo siciliano facente capo a Crispi,…”. Tutte balle. Cavour aveva da tempo messo gli occhi sulle floride casse del Regno. Che il Piemonte avesse pianificato l’annessione… per rimpinguare le dissestate casse statali risulta fin dal 1854…
    Il bieco Cavour, già dal 1854 progettò uno sbarco in Calabria (Toh!, guarda si parla di Calabria).
    Si convenne… che il ministro avrebbe fornito cinquecento bersaglieri congedati dall’esercito, cento ufficiali, cinquemila fucili, due milioni di lire. L’imbarco sarebbe avvenuto in Sardegna, dopo la prima spedizione, altre si sarebbero succedute: riuscita l’inserruzione di Reggio,si attaccherebbe il fuoco a Messina e in tutta l’isola, si farebbero insorgere gli Abruzzi e la Basilicata…Alla fine i tre calabresi ( Romeo, Plutino e Mauro)…….Il conte di Cavour rimase soddisfatto e noi uscimmo pieni di speranze…
    Da Giovanni La Cecilia- Memorie storico-politiche dal 1820 al 1876. pagg.334-5.
    Sempre a proposito della Calabria se ricordo bene (Mongiana, Ferdinandea…) a quel tempo qualche opificio esisteva…oggi invece?
    Nupo da Napoli

  2. Ma come si fa a parlare di tradimento di un Regno nato a tavolino in ossequio alla volontà di Spagna,Austria,Inghilterra,Francia, Russia,ecc,ecc, senza consultare minimamente l’amato popolo del Sud da parte dei democraticissimi e intelligentissimi Borbone,modello di civiltà in tutto il pianeta?Si può parlare di Nazione borbonica o del Sud nel periodo 1734-1860? Mi duole per te che immagino(spero) coerente borbonico clerico reazionario e non “borbonico democratico progressista”(contraddizione evidente ma possibile nel rigore storico-politico dell’Italia contemporanea),ma il concetto di nazione nasce con la Rivoluzione francese e con i “malvagi giacobini”… Semmai giusto affondamento di una dinastia che ha sempre morticato i migliori talenti e le migliori energie del Mezzogiorno,premiando i servi e i codardi e gli incapaci.Noti analogia con il presente? Io si…Grande potenza si il vecchio reame… Anche se militarmente non valeva nulla,Ma se ce lo dicono alcuni cantanti di grido ,Gegè Bennato, Eddy Napoli e Ciruzzo il posteggiatore allora dobbiamo dire in coro si Napoli era la più bella,ricca e grande metropoli dell’universo e così valeva per le province,anche se molti viaggiatori stranieri erano di parere ben diverso(una casa editrice calabrese,la Rubbettino, oltre ai “memorabili” scritti di Lino Patruno, sta pubblicando una serie di scritti di viaggiatori stranieri al Sud dal 700 in poi) e gli stessi napoletani consigliavano loro di non scendere in terre come la Calabria, in quelle terre c’erano solo miseria e brigantaggio.Ma saranno stati massoni disfattisti o napoletani razzisti anticalabresi.Sulla rivalità tra Napoli e Sicilia,non mancava l’odio di parte dei siciliani verso Napoli si sofferma Denis Mac Smith, un noto storico inglese non certo filosabaudo. Rosario Romeo lo accusò di dilettantismo,sensazionalismo e superficialità. Erano gli anni 60.Oggi nella società dello spettacolo la Storia la fanno loro.La storia è una cosa seria,buffoni e burattini non la faranno mai,cantava Edoardo Bennato,fratello di Gegè, un altro “ribelle” con il portafoglio gonfio Lo cito visto che a Nupo piacciono i cantanti.. Ma credo che avesse torto.Saluti e baci.Sì sono caputosta su questo tema,tu pure mi pare…quindi mi sembra superfluo proseguire la discussione.

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