Home Archivio arretrati I briganti dividono ancora. Storia in Rete n. 76, febbraio 2012

I briganti dividono ancora. Storia in Rete n. 76, febbraio 2012

Storia in Rete dedica gran parte del numero di febbraio ad un dibattito serrato attorno ai fatti di Pontelandolfo e Casalduni, quando nell’agosto del 1861 un’escalation di violenze e uccisioni portò il Regio Esercito a compiere una terribile rappresaglia su quei due paesi del Sannio. Molti i lettori – e preparatissimi – che ci hanno scritto, e ricchissima è la documentazione e le repliche che Storia in Rete presenta, con la prospettiva di trasformare il dibattito in una presa di coscienza globale sugli aspetti oscuri del Risorgimento e – perchè no? – in una futura tavola rotonda. A margine di questo dibattito, altri due aspetti controversi: lo scontro dell’Aspromonte fra i garibaldini e l’esercito regolare e la partecipazione di Giuseppe Massari, liberale e meridionale, alla realizzazione di quella Legge Pica che sancirà la brutale fine del brigantaggio al Sud. Due aspetti della complessa realtà che l’Italia si trovò ad affrontare con la fine dell’epoca eroica del Risorgimento per entrare in quella della dura realpolitik.

E all’epoca post-risorgimentale appartiene un altro grande personaggio, Alfredo Oriani, di cui Storia in Rete dà un breve ritratto, in particolare per la sua influenza sul Fascismo. Con un balzo indietro, invece, la collaborazione fra Storia in Rete e Ars Historiae ci porta nell’età napoleonica, con la rievocazione storica di un particolare ufficiale dell’Armée imperiale: l’ispettore alle riviste. E da Napoleone a ben altri conquistatori: in occasione del ritiro definitivo delle forze armate USA dall’Iraq, un excursus su come venne pianificata (e non si fece nulla per evitare) la prima guerra contro Saddam Hussein, fra 1990 e 1991.

E ancora, l’influenza dell’esoterismo e dell’occulto nella Storia: dalle radici nelle società segrete del Nazismo al ritratto di Nostradamus, nella serie sui Grandi Iniziati che Storia in Rete sta pubblicando. E per finire, Medievo, con il filo rosso che, almeno nella leggenda, lega la morte del giovane Corradino di Svevia con la rivolta del Vespro in Sicilia, alla fine del 1200.

Tutto questo e molto altro su Storia in Rete di febbraio!!

8 Commenti

  1. vorrei delle notizie in piu’ su la storia in rete,sono un appassionato di storia….vorrei abbonarmi o ricevere delle newsletter..complimenti.per tutto..

  2. Sono una professoressa di filosofia e storia e mi piacerebbe collaborare con il vostro giornale.Come posso fare?Grazie .Patrizia Benazzi

  3. Con riferimento alla interessate confronto sulla Vs Rivista in relazione alle stragi di Pontelandolfo e Casalduni vorrei fare alcune precisazioni.
    Nella relazione Massari si legge esattamente: Nelle Calabrie il brigantaggio, o non esiste affatto (provincia di Reggio) oppure e faccenda di assai poco momento; tutte le volte che esso ha osato levare il capo , le popolazioni calabresi non hanno affidato ad altri fuorché a loro stesse a loro medesime…” . In sostanza Massari dice che il brigantaggio in Calabria, là dove si manifestava, incontrava serie difficoltà e non doveva preoccupare perché le popolazioni calabresi non lo sostenevano, anzi lo combattevano (un mio avo fu uno tra quelli che non si piegarono). Ma in Calabria il brigantaggio esisteva (anche se in forme meno virulente che nel resto dell’Italia meridionale) tanto è vero che il generale Sirtori convocò il 29 settembre a del 1863 in Catanzaro tutti i proprietari terrieri delle Calabrie al fine di concordare un piano di azione contro le bande. E va ricordato che ben 18 battaglioni dipendenti dal generale Pallavicini stazionavano in Calabria e furono conservati fino alla primavera del 1866, cioè fino a quando scoppi ò la guerra contro l’Austria. Ma ormai il brigantaggio era vinto in quelle terre.
    Come esattamente dice Aldo Mola il brigantaggio non fu né una guerra civile, né una guerra di classe: confluivano in esso motivazioni diverse ma indubbiamente la carica principale fu la fedeltà alla monarchia borbonica di molte popolazioni rurali dell’Italia meridionale. Fedeltà che, opportunamente manovrata, aveva dato i suoi frutti nelle insorgenze capitante dal Cardinale Ruffo nel 1799 e poi anche in seguito e che avevano contribuito in maniera determinante a riportare sul trono i Borbone. Da tenere presente che il brigantaggio politico iniziò con forte virulenza quando ancora l’esercito borbonico combatteva a Gaeta e resisteva nelle altre Cittadelle di Civitella, Messina etc. con il fine militare (tattico) di prendere alle spalle l’esercito piemontese.
    La relazione Massari in realtà pone un vistoso accento sulla questione sociale, forse dando un risalto superiore all‘importanza che nella realtà non ebbe. Ritiene il brigantaggio generato e alimentato dalla misere condizioni dei contadini nelle province meridionali ma precisa: “Nella provincia di Reggio di Calabria difatti, dove la condizione del contadino è migliore, non vi sono briganti” (non vi erano grosse proprietà e le campagne erano disseminate di casolari abitati dai contadini). Da rimarcare che la provincia di Calabria Ultra prima (Reggio Calabria) fu l’unica dell’Italia Meridionale nella qualela legge Pica (con le successive estensioni ) non fu mai estesa..

    Carlo Baccellieri

  4. “I Briganti” divideranno sempre fin quando non sarà reso loro giustizia (riscrivendola VERA STORIA). E fin quando ci saranno pseudo storici(Boschiero,A.A.Mola,Galasso,ecc..)di parte e/o prezzolati che,imperterriti continuano a dire “la loro storia” e facendo pure proseliti,come i vari Cazzullo, Demarco e “Sarchiaponi” vari,non ci potrà mai essere una vera unità. Addirittura il Mola dice: “..si accusa Cialdini di usare metodi brutali. Vero. Ma erano i tempi…” E Allora perchè non assolviamo anche i vari Hitler, Gheddafi, Saddam Hussein ? Su quest’ultimo poi ci sarebbe tanto da ridire. Resta il fatto che i veri e primi criminali della Storia moderna sono stati “i piemontesi” e con loro “i bersaglieri”. Nupo da Napoli

    • Ma “giustizia” di che? Ci saranno stati senz’altro patrioti e lealisti onesti fra i briganti del sud, ma qui stiamo parlando di volgari grassatori, tagliagole e banditi catturati e giustiziati come meritavano!! L’odio ideologico è tale che pur di attaccare l’unità d’Italia vanno rivalutati pure i peggiori pendagli da forca? Ma insomma!

  5. Mettiamola cosi emanuele,”…Ci saranno stati senz’altro …volgari grassatori, tagliagole e banditi..tra i partigiani e lealisti onesti” chiamati però Briganti dai massacratori del “re galantuomo”, perchè io non posso credere che oltre 300000 (trecentomila) morti (Civiltà cattolica Parlò di un milione di morti), Paesi interi (Scurcola,Casalduni,Pontelandolfo)o mezzi paesi (Vena Martello,S. Vito,Pagese,S.Martino) messi a ferro e fuoco e saccheggiati;159 morti a Gioia del Colle,60 fucilati a Montecilone,45 morti ad Auletta,150 morti a Montefalcio- ne, 232 morti a Nola(e potrei citarti altre centinaia di
    casi )fossero tutti “volgari grassatori, tagliagole e banditi” e non cittadini ribellatisi agli “invasori piemontesi” venuti ad impinguare le loro casse (e saldare i loro debiti) con i Ducati del Sud.
    ” …e Torino, più non avendo da mangiare, venne a mangiar Napoli”. Giacinto De’Sivo.
    Nupo da Napoli

    • Ma per cortesia… non abbiamo avuto centomila morti manco fra 1943 e 1945 e ne avremmo avuti dieci volte tanti nel 1861? Voyager potrebbe fare un interessante documentario sulla “Bomba atomica di Cavour”… E comunque, ribadisco, i cadaveri mummificati non erano di briganti meridionali, ma di briganti di qualche zona del settentrione. Di che stiamo parlando?

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