Home Archivio arretrati Dittatori in cerca di pace. Storia in Rete n. 69-70, luglio-agosto 2011

Dittatori in cerca di pace. Storia in Rete n. 69-70, luglio-agosto 2011

1943: mentre il mondo si avvia verso il culmine della guerra totale, c’è chi pensa alla pace. E la notizia sorprendente è che si tratta dei dittatori totalitari degli Stati belligeranti: Mussolini, Stalin ed anche Hitler. Una rete di contatti favorita dai giapponesi e dagli altri satelliti dell’Asse e finora negata o lasciata in ombra da una visione della Seconda guerra mondiale che somiglia più alla propaganda dell’epoca che non ad un’analisi storica seria. Ma i nuovi documenti diplomatici stanno consentendo di riscrivere in tre dimensioni le vicende dell’anno della svolta nel conflitto mondiale, come ci racconta un estratto da un approfondito saggio di Eugenio Di Rienzo ed Emilio Gin, preceduto da una lunga prefazione di Fabio Andriola.

E ancora, il bluff della Marcia su Roma, un mito creato dai fascisti e dagli antifascisti per motivi opposti di opposte propagande. Poi un altro un passo indietro negli anni con un ampio servizio su Luigi Cadorna, il Generalissimo: il comune di Udine decide di togliere la piazza che gli era stata dedicata. Storia in Rete ha chiesto ad uno dei maggiori biografi del Generalissimo perchè questa decisione è antistorica. E sbagliata. Dalla Grande Guerra agli orrori della Guerra Fredda, quando le Superpotenze sperimentavano le atomiche in casa propria e sui propri cittadini e soldati, come gli USA in Nevada. Storia in Rete fa quindi un salto nel Rinascimento, con la vicenda di Isabella de’ Medici, che finora si credeva uccisa dal marito per gelosia, e con le teorie militari di Machiavelli, inascoltate in Italia ma applicate dagli eserciti spagnoli che dominarono i decenni a cavallo fra Cinque e Seicento. E proprio dal Secolo di Ferro parte una mostra a Villa D’Este sui “Battaglisti”, i pittori specializzati in scene di battaglia che fornivano all’Italia dei secoli della decadenza delle guerre da appendere al muro mentre le potenze europee si sfidavano in quelle vere.

Tutto questo e molto altro su Storia in Rete di luglio e agosto!!

2 Commenti

  1. Chi c’era dietro cadorna???
    Pietro Badoglio!!!

    Ho letto il Vostro interessantissimo articolo sul generale Cadorna, nel numero di luglio – agosto 2011 dove finalmente –dopo tanti anni- si fa finalmente giustizia di tante calunnie sul comandante italiano, che ha guidato il nostro esercito prima di Armando Diaz; ebbene da questo articolo emerge un’immagine più aderente alla figura di Cadorna, che di certo non è stato il cretino che molti credono, giudicandolo quale unico responsabile della disfatta militare, la quale è –invece- da attribuirsi ad un altro generale, suo sottoposto, ossia: Pietro Badoglio.
    In una biografia di questo disgraziato generale (Pietro Badoglio), in quel momento comandante del XXVII Corpo d’Armata composto da 4 divisioni, in una biografia fatta da Silvio Bertoldi, per le edizioni BUR, si legge testualmente:

    Grazie ai disertori tedeschi, Pietro Badoglio sapeva già dal 16 ottobre che l’attacco si sarebbe sviluppato tra breve contro il suo Corpo d’Armata, il quale poteva contare su 800 bocche da fuoco e sul VII Corpo d’Armata, comandato dal generale Bongiovanni, a proteggergli le spalle.
    I tedeschi attaccarono all’ora stabilita, mentre i cannoni di Pietro Badoglio non spararono un solo colpo.
    Quanto alla 19a divisione (facente parte del XXVII), venne lasciata isolata, e quindi fu sopraffatta.
    Le altre rimanenti tre divisioni, abbandonate a se stesse sulla sinistra dell’Isonzo, dovettero essere trasferite al Corpo d’Armata del generale Caviglia.
    In quei momenti Badoglio non si fece mai vivo ne con i comandi superiori, ne con quelli inferiori (il lupo perde il pelo ma non il vizio n.d.r.), mentre doveva essere con loro in prima linea ed invece si fece sorprendere.
    Spedì due ufficiali per tentare di comunicare con l’artiglieria e con le divisioni di Basinizza.
    Se la prese subito con la sua brigata “Puglie” comandata dal generale Tullio Papini, incolpandola di diserzione, mentre invece essa aveva combattuto.
    Lo sfondamento di Caportetto, porta soprattutto il nome di Pietro Badoglio.

    Nella narrazione del libro seguono altri dettagli nelle pagine successive, che fanno capire come da sempre questo nefasto essere si sia qualificato come lo “Stratega della disfatta” il quale s’è l’è cavata solo perché massone come Vittorio Emanuele III.
    Quando si trattò di fare un governo di transizione si pensò nuovamente a lui, il quale forte della propria esperienza, contrattò la resa dell’Italia non già quando c’erano pochi tedeschi sul nostro territorio, ma dopo aver chiesto a Berlino notevoli rinforzi, che arrivarono sguarnendo il fronte orientale.
    Costui non già Maresciallo d’Italia avrebbe dovuto essere, ma neppure un semplice Maresciallo Ordinario, giacché ci sono state e ci sono tutt’oggi, schiere di sottufficiali che con il proprio grado hanno dimostrato di avere molto più valore e tanto più acume strategico di quanto non ha saputo fare lui.
    Tanto poi pagano sempre gli altri!
    Nella prima guerra mondiale pagò Cadorna, nella seconda Mussolini e Graziani.
    È questo il lieto destino di taluni grembiulini.

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