Home Archivio arretrati La riscossa dell’Italia, su Storia in Rete n. 152, giugno 2018

La riscossa dell’Italia, su Storia in Rete n. 152, giugno 2018

Il 1918 per l’Italia fu l’anno della vittoria. Anzi, delle vittorie, le prime delle quali furono colte sul Piave, sul Montello e nel mare di Premuda proprio nel giugno di cento anni fa, contro l’esercito e la marina dell’Impero Austroungarico. Storia in Rete dedica la copertina e tre lunghi interventi di Marco Cimmino, Pierluigi Romeo di Colloredo e del direttore Fabio Andriola alla riscossa dell’Italia, che dopo il disastro di Caporetto sembrava spacciata: una testimonianza che quando una nazione trova in se stessa la forza di risollevarsi, può farlo contro tutto e contro tutti.

Da una riscossa a una disfatta: quella dell’economia italiana che ha perduto uno strumento potente come l’IRI. Maurizio Blondet ne ripercorre la storia. E da una disfatta a dei trionfi tronfi. Le storie dei Nobel alla Letteratura italiani, storie di piccolezze e meschinerie, di arrivismi e di sgambetti politici raccontate da Enrico Tiozzo.
Antonello Carvigiani, quindi, racconta la figura storica di Maria Maddalena. Confusa erroneamente per secoli con la peccatrice redenta o l’adultera, l'”apostola degli apostoli” è invece un personaggio molto più reale, e molto meno conturbante, di come arte, tradizione e cinema l’hanno voluta raccontare.
Conturbante è invece – e come potrebbe non esserlo? – la vita di Casanova. Che torna protagonista di un nuovo romanzo, il cui autore, Matteo Strukul, è stato intervistato dalle sorelle Martignoni.
Sempre in punta di letteratura è l’articolo di Massimo Centini sul terribile naufragio della baleniera “Essex”, affondata da un capodoglio nel 1820, il cui equipaggio disperso nel quadrante più remoto del Pacifico dovette ricorrere al cannibalismo per sopravvivere. Una vicenda che ispirò Melville per il suo “Moby Dick”.
Infine i quattrocento anni dallo scoppio della Guerra dei Trent’anni e la setta dei Rosa+Croce spiegati da Aldo Mola e la ripubblicazione – dopo quasi 150 anni di oblio – di un memoriale filo-borbonico sulla guerra del Brigantaggio, recensito da Pino Aprile.
Tutto questo e molto altro su Storia in Rete di giugno!!

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1 commento

  1. VERSIONE LONATI Caro Luciano, grazie per la risposta e hai fatto bene a elidere dalla mia lettera le “frasi forti” su altre versioni, che nel confronto storiografico andrebbero evitate.
    Consentimi però di insistere: io non so le ragione per cui non venne accolta in tribunale l’audizione di Dorina Mazzola, ma i racconti della Mazzola, che hanno molti elementi di riscontro, sono diametralmente opposti a quelli di Lonati, che oltretutto non hanno elementi di riscontro. Basti dire che la Mazzola attesta la uccisione di Mussolini, sotto casa De Maria, tra le 9 e le 10, e quella della Petacci nel prato accanto a casa sua a mezzogiorno. Le circostanze dinamiche e balistiche sono tutte plausibili.
    Lonati indica invece una fucilazione unica, in un vicolo con muretto, che al tempo neppure esisteva!, alle 11 del mattino con circostanze dinamiche e balistiche che non hanno riscontri.
    Nel 2004 La Rai, nel corso di “La grande storia” mandò delle interviste della Mazzola, tagliate e manipolate per dare ad intendere che collimavano con i racconti di Lonati. Come mi ha confermato personalmente Paolo Pisanò, che conserva tutta la documentazione, era stata una manipolazione della sig.ra M. L. Forenza moglie di Peter Tompkins e curatrice del documentario, a cui il fratello di Pisanò aveva gentilmente fornito le interviste, che poi erano state manipolate. Pisanò protestò decisamente presso Rai Trade e così la Rai fu costretta al termine della trasmissione a mettere un cartiglio, che io ben ricordo, dove si smentiva e precisava che la versione della Mazzla era opposta e diversa da quella del Lonati. Nel 2014 quando la Rai ha riproposta quel documentario, ha scorrettamente “dimenticato” di ri-esporre il cartiglio.
    Mi creda, nessun storico serio può prendere in considerazione i racconti di Lonati, lo fa solo una editoria per il fatto che le “spy story” fanno sempre cassetta e la gente comune non è in grado di individuare tutte le fake, le inesattezze, le assurdità di quella versione

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