Home Edicola "Savoia VS Borbone": in edicola il nuovo speciale di "Storia in Rete"

"Savoia VS Borbone": in edicola il nuovo speciale di "Storia in Rete"

Da circa trent’anni la narrazione dell’epopea risorgimentale viene contestata da più fronti. “Storia in Rete”, che non ha mai nascosto la propria visione filo-risorgimentale, ha deciso di aprire al dibattito con chi critica i modi e i risultati con cui si è giunti a coronare l’unità del Paese nel 1859-1861. Il risultato è questo numero speciale.
Con documenti inediti, analisi approfondite, dati statistici si rilegge l’intero scorrere del biennio cruciale dell’unità d’Italia. La Spedizione dei Mille, il crollo del Regno delle Due Sicilie, la guerra civile del Brigantaggio, il dibattito sulle cause dell’arretratezza del Mezzogiorno, la questione dell’internamento degli ex soldati borbonici nelle fortezze piemontesi vengono così messi sotto la lente d’ingrandimento e discussi da posizioni diverse. Lo speciale di “Storia in Rete” non aspira a dare una sintesi fra le opposte interpretazioni dei fatti, dei dati e dei documenti, ma a dare ai lettori un quadro quanto più possibile esaustivo di queste interpretazioni. Alla fine della lettura sarà il lettore che tirerà le proprie conclusioni. Fermo restando che nel campo della Storia, ben poche sono le tesi che non si possono rimettere in discussione in qualunque momento…

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22 Commenti

  1. O dotto e saggio Zarathustra, lei non sa neanche dov’è l’Archivio di Stato di Torino e forse neanche dov’è Torino.
    Le sue solenni cantonate scopiazzate dai siti filoborbonici e filobriganteschi ne fanno testo.
    Dall’angolo della sua spocchia si permette di dire che i Mille erano fuorilegge quando tra essi c’erano perfino dei mutilati della 2a guerra d’indipendenza e di altri moti patriottici, e chiama Garibaldi spregiativamente “don peppino” con cialtronesca tronfiaggine che ancor più mette in mostra le distanze galattiche che da lui la separano. I fuorilegge erano piuttosto gli scherani di cui si serviva il pusillanime e arcibigotto reuccio franceschiello, incapace di scendere in guerra, impaurito da Garibaldi come quasi tutti nella sua Corte, e così stimato che la matrigna austriaca non gli lasciò nemmeno un soldo di eredità e fece bene. E del resto ai borbonici i garibaldini le avevano già suonate di santa ragione anni prima in un’altra occasione che lei certamente, dall’alto della sua erudizione, conoscerà: quando nella fretta di scappare abbandonarono perfino i feriti.
    In quanto ai mercenari svizzeri e bavaresi, facevano così bene il loro “onesto lavoro” che avevano libertà di saccheggio, di stupro e di massacro, come del resto i capi della polizia. A nessuno tranne che a lei risulta che costoro non fossero mercenari di tutt’altro che nobile fama.
    Ma passiamo alla questione agraria di cui probabilmente non conosceva neanche il nome, questione che in Italia fu risolta solo negli anni cinquanta del secolo scorso. Nè Garibaldi ebbe la presunzione di risolverla (e come poteva?) per quanto lo desiderasse: e infatti, dopo aver abolito tutti i dazi alimentari, emanò un decreto che prevedeva la distribuzione delle terre del demanio comunale (e in mancanza di queste di quello statale) ai “cittadini più poveri” che avessero combattuto per la Patria, la qual cosa era stata fatta anche ai tempi di Murat ma con scarsi risultati per i motivi che chiunque che non sia un improvvisato della materia può immaginare. Detta distribuzione fu infatti realizzata solo in parte: in Basilicata, per esempio, che è una piccola regione, furono distribuiti 27.000 lotti fra il 1861 e il 1871 (anche i miei avi in Sicilia ricevettero una quota): ma poi facilmente venivano rivenduti per non indebitarsi, perchè la terra non si mantiene da sola, bisogna investirci. I miei avi ci misero dei cavalli, ma la malavita che da gran tempo piagava il mezzogiorno era pronta a saltare addosso anche a questi poveretti, come la triste storia del brigantaggio che gravi danni arrecò all’economia meridionale dimostra.
    In quanto alla Carboneria -intorno a cui sarà arduo per lei arraffare qualcosa in giro per il web-, essa fu fondamentale: senza la Carboneria non ci sarebbe stato il Risorgimento, come ho cercato di spiegare nel mio articolo “Buon Risorgimento”. E Mazzini fu l’ultimo anello di essa, colui che la trasformò e modernizzò in Giovine Italia: un passaggio determinante.

  2. I Mille erano certamente mercenari fuorilegge. Non rappresentavano nessuno stato sovrano o organizzazione legalmente riconosciuta (almeno ufficialmente) se non se stessi. Tutta la loro epopea fu in palese violazione delle più elementari norme del diritto internazionale. La presenza tra le loro fila di preti, donne, bambini o ex combattenti non ne cambia la natura piratesca.
    Il Nizzardo è stato un grande fenomeno mediatico supportato da un apparato propagandistico efficacissimo che, a leggere quanto scrive, ancora oggi fa proseliti. La quantità impressionante di articoli di giornali, riviste, libri, canti e immagini che trasformarono un anonimo condannato alla forca in “santo laico” di livello internazionale, ne sono la prova evidente.
    In applicazione della legge Pica la “libertà di saccheggio, di stupro e di massacro” fu praticata per molti anni e in maniera più feroce anche dai liberatores sabaudi.
    Forse non sono stato chiaro, la questione agraria non centra un bel nulla, nel precedente intervento mi riferivo semplicemente alle promesse disattese di don Peppino e passate sotto silenzio. Stratagemma utile solo a ottenere facile consenso popolare.
    Stendiamo un velo pietoso sulla “malavita” che nulla centra con il fenomeno del Brigantaggio. Fenomeno che, tra l’altro, fu praticamente assente in Sicilia. Quanto alla carboneria credo si tratti di un refuso. Quando afferma “senza la Carboneria non ci sarebbe stato il Risorgimento” sicuramente intende dire senza la Massoneria (…). L’ora tarda può essere una giustificazione!
    Onde evitare che emenuele blocchi la discussione non ci metta troppa passione nel denigrarmi. Grazie.

  3. Gli ultimi interventi della signora Maria Cipriano, della quale ammiro la pazienza infinita, mi inducono a proporre una questione di metodo. Vorrei suggerire che la discussione con esponenti del mondo neoborbonico utilizzando i risultati della ricerca scientifica sia non impossibile ma inutile. Il fine che essi perseguono – come è stato candidamente ammesso da uno degli agitatori più noti, tal Fiore Marro – è la “ricostruzione identitaria” del popolo meridionale e in nome di questo nobile obiettivo “qualche strafalcione” – il regno borbonico terza potenza industriale del mondo, la vendita delle locomotive al Regno di Sardegna, l’analfabetismo nel sud causato dalla chiusura delle scuole per dieci anni dopo il 1860, Landi corrotto personalmente da Garibaldi con una falsa fede di credito, e via sciocchezzando – si può tranquillamente lasciar passare. Dunque dimostrare documenti e dati alla mano che questo armamentario propagandistico, peraltro ricopiato pedissequamente dalla pubblicistica legittimista post-unitaria, è fatto di panzane non serve a nulla, esattamente come non serve presentare studi astronomici ai terrapiattisti. Quando si vive all’interno di una allucinazione, il contatto con la realtà non può che essere rifiutato.

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