Home Stampa italiana 1 Morte Mussolini: l’ANPI modifica la targa a Giulino. A modo suo

Morte Mussolini: l’ANPI modifica la targa a Giulino. A modo suo

I “Gendarmi della Memoria” dell’ANPI, in barba ad ogni logica e riscontro hanno deciso di ribadire la loro “verità” storica sui fatti del 28 aprile 1945 sul Lago di Como. Una scelta e un testo farisaici come dimostra il solo fatto di “omettere” che secondo la versione ufficiale lì sarebbe stata uccisa anche Clara Petacci per la quale non c’era nessuna sentenza e nessuna imputazione. Come al solito, l’ideologia acceca le menti e le coscienze e porta scartare tutto quello che non fa comodo. (F.An.)

_______________

La storia si scrive sui libri, molto spesso anche sulle targhe e sulle lapidi. Non fa eccezione Giulino di Mezzegra, minuscolo lembo di terra lariana che ha vissuto, suo malgrado, la fine simbolica del fascismo italiano, ovvero la fucilazione di Benito Mussolini e di Claretta Petacci. A distanza di 67 anni, la ferita aperta dall’ultimo atto del regime è ancora viva. Lo testimoniano le molte polemiche che, ricorrenti, si susseguono a proposito della dinamica esatta dell’uccisione del duce e della sua amante.

di Dario Campione dal Corriere di Como del 26 settembre 2012 

Polemiche che saranno certamente alimentate in modo ulteriore dalla decisione del Comune di Mezzegra di dare via libera alla posa di un cartello bilingue di fronte al cancello di Villa Belmonte.
Un cartello voluto dalla sezione comasca dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (Anpi) e sul quale sarà scritto in italiano e in inglese: «Qui alle 16.10 del 28 aprile 1945 fu eseguita la condanna a morte di Benito Mussolini, decretata dal CLNAI. La Resistenza italiana pose così fine alla dittatura fascista».
L’insegna dell’Anpi sostituirà, a partire dal prossimo 6 ottobre, l’attuale lapide che reca una frase laconica: «Fatto storico del 28 aprile 1945».
Il presidente dell’Anpi di Como, Guglielmo Invernizzi, spiega le ragioni che hanno spinto l’Associazione Partigiani a chiedere e ottenere dal Comune lo spazio per innalzare il nuovo cartello.
«Indicare un “fatto storico” senza alcuna precisazione è ipocrita, era ora di mettere fine a questa finzione. Sono anni che chiediamo questo gesto, per molto tempo è sembrato impossibile. Adesso ci è stato finalmente concesso, forse come contrappeso alla decisione di apporre sul muro della Villa Belmonte le foto di Mussolini e della Petacci». La versione di Invernizzi è di fatto confermata dal sindaco di Mezzegra, Claudia Lingeri. «L’insegna dell’Anpi andrà a sostituire l’attuale cartello che è insignificante – dice la prima cittadina del Comune lariano – Credo che sia giusto così. La considero una par condicio dopo la posa delle foto di Mussolini e di Claretta. Mi auguro soltanto che non ci sia alcuna strumentalizzazione». Il sindaco Lingeri aggiunge che nei prossimi mesi altri pannelli saranno installati a Mezzegra. Saranno 3 e faranno parte del percorso storico ideato e realizzato dalla Provincia con il contributo del Museo della Resistenza di Dongo.

LE REAZIONI
La prima reazione alla notizia del nuovo cartello dell’Anpi giunge da Roma. È di Alessandra Mussolini, nipote del duce e deputata Pdl. «Con queste parole si ammette che mio nonno è stato assassinato – dice la parlamentare del centrodestra – Chi lo sostiene dovrebbe rispondere di concorso morale in omicidio. La verità è che non hanno niente da fare, anziché pensare ai problemi seri del Paese pensano ancora a quanto accaduto nel 1945. Sono persone che hanno la testa voltata all’indietro».
Secondo lo storico e giornalista Luciano Garibaldi, autore di molti libri sulla fine del duce, «l’Anpi non fa che ribadire la tradizione storiografica della sinistra, quella che De Felice definiva la “vulgata”. Io personalmente ho smentito questa ricostruzione sin dal 1994. Sono convinto che Mussolini e Claretta siano stati uccisi nella casa De Maria, a Bonzanigo. Ma non mi scandalizza che l’Anpi difenda la sua versione».

____________________________

VUOI SAPERNE DI PIU’ SULLA MORTE DI MUSSOLINI?

CI SONO LE INCHIESTE DI STORIA IN RETE

 

Inserito il 27 settembre 2012

14 Commenti

  1. Continuano a far finta che la Petacci non ci fosse… Un caso? Oppure è vero che accadde qualcosa che non si poteva confessare e su quello si è montata tutta la versione raccogliticcia che hanno cercato di spacciare per vera? E comunque quel qualcosa non deve essere accaduto alle 16.10 del 18 aprile davanti al Cancello di Villa belmonte. Walter Audisio – se era davvero lui il colonnello Valerio… – non era un genio ma anche un fesso patentato avrebbe capito che non aveva senso portare via Mussolini e Claretta da Casa De Maria per fucilarla davanti al cancello di Villa Belmonte. Basta fare il tragitto a piedi , sia da monte che da valle tra i due punti per vedere che ci sono posti migliori per far qualcosa senza essere osservati. Villa Belmonte non era esattamente il posto più riparato e decentrato che si potesse trovare !!! Eppoi si trattava di sparare, di fare cioé qualcosa che avrebbe fatto rumore e richiamato l’attenzione. Insomma, i una storia piena di controsensi come quella raccontata da Audisio la faccenda della scelta del luogo di esecuzione è tra le più ridicole. E questi dell’Anpi, nella loro cieca ostinazione, fanno quasi tenerezza. Dico “quasi” perché la molla dell’odio e del risentimento sembra non li abbandoni mai. E così si vive male…

  2. Oggi vari storici, intervistati, hanno preso le distanze dalla “vulgata”di Audisio e questa estate anche Rai Tre con il Servizio La Grande Storia e la rivista History BBC Italia, l’hanno definitivamente bocciata. Ancor più Storia in Rete con la pubblicazione del DVD che riportava le perizie scientifiche che la smentiscono senza appello.
    In questa situazione, ecco che nelle località del comasco, tra Tour turistici Dongo – Mezzegra e lapidi varie, la vulgata viene riciclata in qualche modo. E’ bene raccontare gli antecedenti. Anni addietro Mario Nicollini, un anziano ex combattente della Rsi, fece apporre una croce sul muretto del cancello di Villa Belmonte, di fatto avallando la fucilazione davanti a quel cancello e per questo suscitò critiche da parte di altri combattenti della RSI.
    La lapide rimase in loco, anche perchè, a mio parere, era interesse della varie organizzazioni ex partigiani lasciarvela in quanto, seppur non gradita, costituiva un avallo della “vulgata”.
    Si da il caso che questo Nicollini, anni addietro, un giorno che si trovava a Villa Belmonte, ebbe a incontrare una donnetta del paese, una certa Rainoldi Marta, aiutante della parrocchia di Mezzegra, oggi deceduta, ma nel 1945 una ragazza che soffriva di forti crisi depressive, come ricordato dal parroco di Mezzegra.
    La Rainoldi raccontò a Nicollini che il pomeriggio del 28 aprile stava portando a spasso il cane e pioveva, quando vide arrivare l’auto di Audisio. Nascostasi dietro una pianta, che indicò al Nicollini, disse di aver visto e addirittura udito frasi di quella fucilazione. Un racconto analogo a quello fatto da altri mitomani, o comunque soggetti che in quel giorno di eccezionale emotività udirono voci di ogni genere e molti finirono per farle proprie.
    A parte il fatto che prima e durante la fucilazione non pioveva, dovremmo credere che, nonostante la “vulgata” ci assicura che Audisio & Co. scacciarono gente del posto e dissero di essersi messi di guardia, ai lati della strada, per assicurarsi che non ci fosse nessuno nei pressi e inoltre, quando poi, come sappiamo con certezza da plurime attendibili testimonianze del posto, erano stati anche fatti tanti piccoli posti di blocco attorno a quelle strade, onde eseguire la messa in scena della fucilazione, dovremmo qui credere che quella fucilazione venne vista e addirittura udita per varie frasi, quindi da abbastanza vicino, da una folla quasi da stadio! E il Nicollini se l’è bevuta, mentre queste organizzazioni dell’Anpi, disperate per la sconfessione storica della “vulgata”, non gli è parso verso dare seguito alla vicenda delle lapidi.
    MAURIZIO

  3. La giusta osservazione di Fabio Andriola, circa l’assurdità di una fucilazione di nascosto a Villa Belmonte, che fa il paio con l’altra assurdità di una fucilazione al petto, quando gli altri seguaci del Duce si pretese rabbiosamente di fucilarli in pubblico e alla schiena, rispondeva ad una necessità: Mussolini e la Petacci erano stati uccisi al mattino e le circostanze della loro morte, assomigliavano più ad una esecuzione gangsterica che ad una fucilazione ciellenista in nome del popolo italiano.
    In quel modo erano impresentabili ed avrebbero procurato seri problemi con i partiti del Clnai, con gli Alleati e per l’agiografia resistenziale.
    Con i due cadaveri nascosti momentaneamente nel garage dell’albergo Milano, si ideò la sceneggiata di una vera fucilazione a Villa Belmonte, ed anche un brevissimo corteo di due soggetti, un uomo e una donna scortati all’esecuzione. Ma oltre al fatto che la presenza di tanti piccoli posti di blocco, nelle adiacenze di Villa Belmonte, attestati da molte testimonianze del posto, dimostrano che tutto era pre organizzato, vennero compiuti due grossi errori. Primo, non considerarono che il cadavere di Mussolini presentava lo stivale dx con la lampo di chiusura saltata al tallone e quindi non potendo richiudersi non avrebbe consentito di camminare per essere condotti all’esecuzione. Nessuno notò un uomo che si trascinava con quello stivale aperto, ergo non poteva essere lui. Secondo, il cadavere di Mussolini indossava un pastrano privo di fori o strappi quali esiti di una fucilazione, sebbene 9 colpi avevano attinto Mussolini in vita. Ergo Mussolini era morto in altre circostanze di luogo e di tempo e poi rivestito e buttato in terra davanti a villa Belmonte.
    Anche la ricostruzione della dinamica balistica di quella fucilazione, smentisce una fucilazione da tre passi (oltre due metri), da parte del solo Audisio con un mitra cal.7,65. Tutto il resto sono chiacchere.

  4. In data 1 ottobre c.a. ho scritto al sindaco di Mezzegra Claudia Lingeri per fargli notare che la concessione da lei data per la posa di quelle lapidi, di fatto, ha avallato un falso storico e gli ho anche fornito le prove “scientifiche” e oggettive, oltre ad un altra prova indiziaria, molto concreta, che davanti a quel cancello non ci fu alcuna vera fucilazione, ma solo una messa in scena.
    Organi di stampa e importanti siti on line hanno riportato la lettera.
    E’ comunque prevedibile che in considerazione delle diatribe politiche tra opposti schieramenti e degli interessi locali a mantenere in vita la “vulgata” il mio appello-protesta cada nel vuoto.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Exit mobile version