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Massimo Fini: “No al reato di negazionismo in Italia”

Si è svolto ieri a Roma un importante Convegno dal titolo “La Shoah e la sua negazione. Il futuro della memoria in Italia” cui hanno partecipato, oltre ai più importanti esponenti della comunità ebraica italiana, il ministro Angelino Alfano, Pier Ferdinando Casini, Benedetto Della Vedova e altri politici.
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di Massimo Fini da “Il Fatto Quotidiano” del 26 gennaio 2011

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Durante il Convegno è rispuntata fuori una ricorrente proposta del presidente della comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici: rendere il negazionismo un reato. Cioè chi, a parole o negli scritti, nega o ridimensiona l’Olocausto va in galera. Argomenta Pacifici: “Distinguiamo fra diritto di opinione e negazionismo. Affermare in una casa privata che l’Olocausto non sia mai avvenuto può essere un gesto stupido, immensamente riprovevole e simile a chi sostiene che la Terra è piatta. Ma credo non si possa più concedere il diritto di alzarsi in piedi in un’aula parlamentare, in un’università, in un luogo pubblico in cui si formano le coscienze e dire che la Shoah è stata un’invenzione. La legge riguarderebbe questo ambito”.

Ringraziamo Pacifici perché ci concede almeno di dire in casa nostra quel che pensiamo. Ancora un passo e si arriverebbe al reato di “puro pensiero” ipotizzato da Orwell nel suo 1984: certe cose non solo non si possono dire, ma nemmeno pensare.

Non capisco come Pacifici e coloro che seguono la sua linea non si rendano conto che la legge che propongono è una norma liberticida, totalitaria, in tutto e per tutto degna proprio di quello Stato fascista che emanò le   ripugnanti leggi razziali. In una democrazia, se vuole esser tale, tutte le opinioni, anche quelle che paiono più aberranti al senso comune, devono avere diritto di cittadinanza. È il prezzo che la democrazia paga a se stessa. Ciò che la distingue da uno Stato totalitario o quantomeno autoritario.

Intaccare, anche con le migliori intenzioni, un principio come quello della libertà di espressione oltre che ingiusto è estremamente pericoloso . Perché si sa da dove si inizia, ma non si sa mai dove si può andare a finire. Si comincia con cose apparentemente indiscutibili, perché condivise ampiamente dalla communis opinio, e si finisce col mandare gli ebrei nelle camere a gas. Inoltre – ma questo è solo un argomento a latere – una legge come quella proposta da Riccardo Pacifici sarebbe controproducente, perché finirebbe per fare dei “negazionisti” dei martiri e dare loro una rilevanza e un’importanza che attualmente non hanno.

Di questi pericoli sembra rendersi conto Tobia Zevi, il nipote di Tullia, che propone una soluzione diversa. “Forse sarebbe più utile immaginare sanzioni amministrative che vietino di assumere posizioni negazioniste nell’esercizio dell’insegnamento nelle scuole o nelle università”. Insomma agli storici che hanno idee negazioniste   dovrebbe essere impedito di insegnare e quelli che già lo fanno, come il professor Claudio Moffa dell’Università di Teramo, dovrebbero essere esulati come lo furono i tredici docenti che si rifiutarono di giurare fedeltà al fascismo. Al giovane Tobia Zevi sfugge, credo in totale buona fede, che i “provvedimenti amministrativi” da lui proposti ledono un altro diritto fondamentale: quello alla ricerca. Premesso che, per   quel che mi riguarda, non ha nessuna importanza se gli ebrei sterminati furono quattro milioni invece che sei, uno studioso ha diritto di fare anche, e forse soprattutto, ricerche che vadano contro la communis opinio per gli stessi motivi per cui ogni cittadino ha diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero come recita la Costituzione all’articolo 21.

Pacifici quando dice che le posizioni negazioniste sono simili a quelle di “chi sostiene che la Terra è piatta”, non si rende conto che Galileo, ai tempi suoi, era un “negazionista”, perché negava ciò in cui allora tutti, o quasi, credevano: che la Terra fosse piatta e che fosse il sole a girarle attorno. Non voglio, con ciò, paragonare un genio come Galileo ai cialtroni negazionisti. Ma il principio è lo stesso. E la memoria dovrebbe servire non   solo a ricordare lo sterminio degli ebrei, ma a evitare di ripetere, in un contesto diverso e mutato, oltre agli orrori, anche gli stessi errori del passato.

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Inserito su www.storiainrete.com il 26 gennaio 2011

5 Commenti

  1. Non si vuole essere negazionisti, in quanto la storia va osservata e non già manipolata. L’abominevole sterminio perpetrato, qualora venisse negato, si scontra non solo con le prove testimoniali, ma addirittura anche con quelle documentali in quanto i tedeschi, nella loro pedanteria teutonica, tennero dei registri ove riportare le cause di reclusione e di eliminazione delle vittime.
    Premesso questo, e comprendendo perfettamente il dolore che ancora oggi prova l’umanità ed il popolo ebreo in particolare, nel ricordare quegli eventi luciferini, stupisce sapere che in una nazione evoluta, Francia, la quale è stata la Patria di Jean Marie Aruiette, meglio conosciuto con lo pseudonimo di “Voltaire” sia proprio quella che nega la facoltà da lui enunciata, ossia: “Non sono daccordo con le tue idee, ma mi batterò affinché tu possa esprimerle”facendo del negazionismo un reato preseguibile.
    Va sottolineato che negare i fatti realmente accaduti non è da criminali ma è da stupidi. Pertanto se una persona vuole fare una brutta figura, ebbene deve essere libera di riuscirci. Anzi la polemica che il suo ipotetico negazionismo solleva, induce alla polemica offrendo agli interlocutori di controbbattere anche al fine di ricordare i fatti alla nuove generazioni.
    Resta infatti da capire chi sentirebbe leso da una eventuale distorsione della realtà. Chi si lamenterebbe se qualcuno asserisse -ad esempio- che Cesare è morto di vecchiaia nel proprio letto, che Napoleone ha perso a Campoformio, che Stalin era un buon tempone in fiera ???
    Giustamente, come afferma Massimo Fini, non è compito delle democrazie quello di comprimere o limitare il pensiero, ma è tipico delle dittature totalitarie.
    Sopratutto di quelle mascherate da democrazia, che -proprio perché mimetizzate- possono diventare ancora più pericolose di quella nazista.

  2. Ma lo sono gia’, Federico: ogni anno vengono torturati e spesso uccisi almeno un milione di animali nei laboratori di “ricerca”, nella sola Italia. Milioni di innocenti vengono uccisi ogni anno, e poi si vanno solo a ricordare queste date… Quando anche la forma di governo in cui viviamo adotta le stesse aberrazioni. L’occasione rende l’uomo assassino, per cui parlare e dare risalto soltanto alla shoah ogni anno e’ soltanto ipocrisia e una viziosita’ a politicizzare la cosa.

  3. Proprio un sito di storia difende la libertà di poter manipolare e negare la verità storica, magari anche dentro a scuole o durante comizi…che vergogna dovreste essere x la difesa della storia, il revisionismo e il negazionismo privano un popolo di una storia comune e questo può aprire scenari inquietanti e perché no alla lunga danneggiare una democrazia…

    • Irene, intanto noi non difendiamo una posizione, ma riportiamo l’articolo di Massimo Fini e basta.
      In ogni caso, il diritto a poter dire una scemenza – come è il negazionismo – è sempre preferibile al diritto di qualcun altro (che non si capisce chi deve essere) a decidere cosa è una sciocchezza e cosa non lo è. Perchè quando si imbrocca la strada della censura, sai con cosa cominci e non sai con cosa finirai, se mai finirai, di censurare.

      Inoltre accostare “negazionismo” a “revisionismo” è un’operazione arbitraria, sbagliata nella sostanza e offensiva per chi fa ricerca scientifica seria (cioè, per l’appunto, “revisiona” le teorie altrui).

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