Home In primo piano Ma in che mani siamo? L’inglese avanza a scuola

Ma in che mani siamo? L’inglese avanza a scuola

Non bastavano i fulmini di guerra della nostra Marina Militare che usano slogan inglesi per invitare all’arruolamento. Adesso l’attacco all’italiano arriva da chi dovrebbe per primo difenderlo e promuoverlo visto che a scuola sono sempre più i bambini arrivati da altre nazioni. E invece il ministro dell’Istruzione Giannini propugna l’inserimento dell’inglese già alle elementari non come seconda lingua da apprendere ma come lingua da usare per insegnare almeno una materia (tanto per cominciare). Ad esempio la scienza. Sebastiano Vassalli ne ha tratto spunto per un commento che vi inviamo a leggere e commentare. (Sir)

Confesso di avere letto con un certo disagio l’intervista di Gianna Fregonara al ministro dell’Istruzione, Stefania Giannini («Corriere», 30 gennaio). Alle elementari si studierà una materia in inglese, dice il titolo; e il ministro, nel testo, spiega: «Per esempio scienze». Dunque, la lingua di Galilei, di Volta, di Marconi, di Fermi può essere vantaggiosamente sostituita già nelle elementari.

di Sebastiano Vassalli dal Corriere della Sera del 10 febbraio 2015

Che fosse del tutto inadeguata alle sottigliezze fisiche e metafisiche delle moderne tecnologie ce lo avevano già spiegato il rettore e i professori del Politecnico di Milano. Come italiani, sapevamo di avere delle difficoltà con le lingue più parlate nel mondo, e credevamo che la colpa fosse di un sistema scolastico antiquato e un po’ troppo «antichizzato». Ma pensavamo anche che la nostra cultura, e la lingua che ne è la struttura portante, fossero una buona base per migliorarlo. Ci consolavamo pensando che nonostante tutto abbiamo avuto e abbiamo grandi architetti, grandi ingegneri, importanti scienziati. Ci illudevamo. Se l’errore, come ormai ci viene suggerito da tante parti, è proprio nella lingua, più adatta alle poesie che alle scienze, a che servono le mezze misure? Non ci metteremo al passo col mondo autodegradandoci a Paese ex coloniale. Occorrono misure più coraggiose, passi più lunghi. Abbiamo cambiato la moneta, possiamo cambiare la lingua. Dopo i nativi digitali, avremo i nativi anglofoni. Come diceva il presidente Mao Zedong: il cammino è tortuoso, ma l’avvenire è radioso.

3 Commenti

  1. E questo vi sembra il degrado culturale? Finalmente! Il vero degrado è che in Italia venga ancora usato l’Italiano! Mette da parte il vostro becero nazionalismo per una buona volta! 3/4 del mondo, se non di più, utilizza l’inglese come prima o seconda lingua, ormai si viaggia, e si viaggerà sempre di più, specialmente per il lavoro, si arriverà al punto che andare in Australia per un viaggio di lavoro sarà come prendere l’auto per arrivare in centro città. E voi cosa fate? Parlate in Italiano in Australia poi? Vi fate capire un po’ a gesti, oppure scandendo piano l’Italiano come se tutti lo capissero? Suvvia, svegliatevi ragazzi!

  2. Caro Assur, ma come ragioni? Voler usare la propria lingua nelle proprie scuole è “becero nazionalismo”? Mai sentito parlare di radici? Conoscere le proprie – e senza lingua è un po’ difficile – non impedisce di imparare anche altre lingue e conoscere altri mondi. Che facciamo? Ci umiliamo più di quanto in genere già si fa per cancellare la cultura e la civiltà più antica e ricca dell’intero Occidente e tra le più solide e durature di tutto il mondo? E allora cosa consiglieresti agli Ungheresi, ai tedeschi, agli olandesi, ai russi ecc. ecc. Ci annulliamo tutti per parlare inglese? Geniale. Sei un perfetto elettore del ministro Giannini, ex Scelta Civica ora Pd, splendidi esempi di partiti senz’anima e identità. E quindi adatti a questi tempi liquidi e impalpabili. Dove tu ti muovi sicuramente meglio di me, un “becero nazionalista” non pentito e che parla italiano ma anche inglese e francese…

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