Home Risorgimento M5S: "Giorno della memoria per vittime del Risorgimento"

M5S: "Giorno della memoria per vittime del Risorgimento"

Il Movimento Cinque Stelle vuole istituire il giorno della memoria per le vittime del Risorgimento. L’iniziativa, annunciata nelle scorse settimane dai grillini con una serie di mozioni presentate ai consigli regionali di Campania, Puglia, Molise, Basilicata e Abruzzo. E l’iniziativa adesso arriva anche in Parlamento dove il senatore M5S Sergio Puglia è intervenuto in una delle ultime riunioni, affermando che: “Il tempo è maturo per fare una riflessione e analizzare cosa accadde alle popolazioni civili meridionali e quanto ancora ci costa nel presente. Nei testi scolastici si fa appena un accenno. Chiediamo solo la verità”.

di Giovanni Vasso dal  del 03/03/2017
La mobilitazione per la rilettura dei fatti risorgimentali non è questione di oggi e, anzi, rappresenta uno dei temi storici dibattuti nella galassia pentastellata già da tempi non sospetti, da quando il blog di Beppe Grillo non era ancora diventato il motore pulsante di un soggetto politico. Il tema della revisione storica sul brigantaggio e sul Risorgimento è, da anni, centrale nel dibattito culturale meridionale e rappresenta uno dei punti caldi della discussione pubblica (e accademica) in tutto il Paese.

Le mozioni presentate ai consigli regionali del Sud vanno nel senso di una rivalutazione e della rilettura dei fatti che seguirono il 1860, l’anno in cui il Regno di Napoli cessò di esistere e fu annesso all’Italia. Ma, al di là degli studi e della bagarre storico-culturale, i grillini adesso chiedono che venga istituita la ricorrenza civile del Giorno del Ricordo per i martiri dimenticati del Risorgimento. Data proposta è quella del 13 febbraio, giorno in cui (nel 1861) cadde l’ultimo baluardo difensivo dei Borbone di Napoli, la fortezza di Gaeta in cui avevano trovato rifugio Francesco II, la moglie Maria Sofia di Baviera e gli ultimi fedelissimi.
Nell’intervento al Senato, il parlamentare Cinque Stelle Sergio Puglia cita tra gli altri, Gramsci, Montanelli e Pino Aprile: “Non sapevo che durante l’annessione fecero al Sud quello che i nazisti fecero a Marzabotto. […] ma lo scrittore Aprile mi ha preceduto. Se fossi di sinistra direi che si trattò di una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale, crocifiggendo, squartando contadini poveri che scrittori salariati chiamarono briganti, ma Antonio Gramsci mi ha preceduto. Se fossi di destra direi che la guerra contro il brigantaggio costò più morti che tutti quelli del Risorgimento, ma Montanelli mi ha preceduto”. E ha concluso così: “Il tempo è maturo per fare una riflessione e analizzare cosa accadde alle popolazioni civili meridionali. E quanto ancora ci costa nel presente. Chiediamo solo la verità”.

22 Commenti

  1. Caro Socrate ciò che dice è verissimo e su questo sito l’ironia è anche cosa poco apprezzata… Secondo Lei quel gran burlone del Suo conterraneo Aristofane leggendo certi commenti (a partire da quelli del sottoscritto, naturalmente) quanto materiale potrebbe trovare su cui scrivere nuove commedie? E soprattutto Apicio (o i vari personaggi che utilizzarono questo soprannome)con il suo celeberrimo ricettario aveva visioni e aspirazioni sufficientemente imperiali? Con un occhio benevolo alle future/successive generazioni di buongustai e buongustaie, sia ben chiaro!
    Signor Augusto ci mancherebbe, lo storico deve fare ricerche d’archivio, visitare i luoghi, musei, resti, reperti, camminare sui campi di battaglia, consultare e selezionare tutta la bibliografia disponibile, anche quella “di parte avversa” o quella che racconta “cose che non piacciono” e alla fine, senza animosità e pregiudizi e senza dare troppo sfogo alla propria ideologia, alla propria inventiva e alle proprie simpatie, trarre le conclusioni. Il sottoscritto non è uno storico, ma un semplice appassionato e un bibliofilo. Leggo e colleziono soprattutto libri e riviste di storia militare oltre a manuali tecnici di mezzi bellici. Il fatto che legga naturalmente non implica che capisca fino in fondo quello che leggo… tuttavia mi sia consentito osservare da tecnico che nelle quasi totalità dei casi chi si professa storico non ha un retroterra culturale di tipo tecnico-scientifico e questo ha effetti deleteri quando questi signori si dedicano allo studio di battaglie, conflitti e sistemi d’arma: gli strafalcioni che si leggono a proposito di aerei, navi da guerra, artiglierie e mezzi militari in genere sono innumerevoli e talvolta raccapriccianti. Per carità siamo tutti fallibili, ma vede Signor Augusto c’è gente che scrive e pontifica pur non essendo assolutamente in grado di riconoscere la deriva di un aeroplano o la prua di una nave o il cingolo di un carro armato dalle natiche di uno dei preziosissimi muli della Dai-nijyugo gun: il sottoscritto invece, modestamente, di muli se ne intende! Insomma l’equazione “storico x + laurea in storia + iscrizione all’albo dei giornalisti = storico militare” ha pochissime soluzioni reali.
    E’ vero, la storia militare è un genere di nicchia per poche vecchie mummie come il sottoscritto: il genere fanta-storico-complottistico-antiplutocratico di questi tempi (e da settant’anni a questa parte) è molto più in voga. Più si sparano grosse e più si ha seguito.
    Ma non badi a me Signor Augusto, sono solo un banalissimo burlone irriverente… mi lasci perdere e mi permetta di continuare a parlare di cucina con Socrate!

  2. Signor Admiral Canoga, lieto di constatare che sul lavoro dello storico abbiamo le stesse convinzioni. Potrà sembrarle paradossale, ma in questo sito non è un fatto così scontato. Per il resto, non mi pare di aver fatto nel mio intervento precedente riferimento a questioni gastronomiche o tecnico-scientifico-militari, sulle quali non ho discusso e non discuto affatto le sue competenze. Come vede, non sono io a doverla “lasciar perdere”. Tante belle cose.

  3. Signor Augusto nel mio intervento non mi riferivo certo a Lei: mi stavo semplicemente consultando culinariamente con il signor Socrate, per valutare la fattibilità di uno studio studio serio e rigorosissimo sulla cucina asburgica-ligure-serenissima-borbonica-papalino-rossiniana in contrapposizione alla cucina garibaldina e franco-piemontese. Naturalmente nulla possiamo al cospetto di coloro che possono vantare amicizie e frequantazioni gastronomiche importanti come quelle con Oreste Baratieri, con il Duca di Gaeta, con il filo-mussoliniano Fiorenzo Bava Beccaris e con Alfonso La Marmora (medaglia d’oro al valor militare per gli indiscussi meriti acquisiti a Genova): io e il signor Socrate ci accontentiamo di seguire il Maestro Gioacchino Rossini nella preparazione del tacchino ripieno annaffiato con una bottiglia di buon Verdicchio, magari ironizzando su Riccardo Wagner.
    Saluti.

  4. Signor Augusto, non seguo in dettaglio i neoborbonici e affini (spesso litiganti tra di loro), perchè ci vorrebbe un gruppo di ascolto apposito, dotato di pazienza cristiana e tempo da spendere, e io, lo confesso, ne ho poco di tutti e due.
    Posto che gli archivi sono la produzione naturale di documenti da parte di un determinato soggetto (un Comune, un Ministero, una ditta, etc…), chi si dichiara archivista professionista dovrebbe citare a ogni piè sospinto le fonti archivistiche che va declamando in giro, e che comunque innescano tutta una problematica interattiva -sia quantitativa che qualitativa- sulla quale non posso soffermarmi, fra lo studioso, il problema storico a cui si vuole dare risposta e la fonte medesima. I denigratori del Risorgimento, però, ben lungi da tutto ciò, ci hanno abituato semplicemente alle sparate dell’artiglieria da campagna, a bannare dai loro siti i commenti scomodi, e alla claque di amici e conoscenti che li accoglie nei vari convegni.
    Posso comunque citarle l’esempio della mia famiglia paterna, che con il Regno d’Italia, nel giro di pochi decenni dal 1861, compì un balzo nell’emancipazione, dalla segregazione feudale contadina della Sicilia. Capisco cosa può aver provato uno che veniva da quel mondo a sedersi sui banchi del liceo e poi dell’università. La deferenza verso il Re Vittorio, che a me sembrava un’enfasi retorica, ho capito solo col tempo che cos’era veramente. Quando Garibaldi abolì il baciamano e il titolo di eccellenza da cui era inflazionata l’isola, compì un gesto epocale che segnò la fine di un mondo arcaico-spagnolesco, che, pur con grande fatica perchè profondamente radicato nella mentalità prima ancora che nelle leggi, cominciò fatalmente a disgregarsi grazie al Risorgimento e all’Unità d’Italia.
    A una persona precisa come lei che tante conoscenze ha dimostrato di avere in materia, non sarà difficile reperire i dati della crescita esponenziale dell’alfabetizzazione (e non solo di quella) nell’Italia meridionale all’indomani della riunificazione nazionale, ai cui artefici ed eroi mai saremo abbastanza grati.
    Ricambio i più cordiali saluti

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