Home Stampa italiana 2 Le dimore storiche pagheranno l’IMU (non come le banche…)

Le dimore storiche pagheranno l’IMU (non come le banche…)

Certo, leggere un post sull’Imu che abbia una parvenza di serietà su un blog che si chiama Doppio (s)malto, potrebbe sembrare un controsenso, ma ci voglio provare lo stesso. Ieri è partita una lettera firmata dall’Associazione Ville Venete alle più alte cariche dello Stato, da Napolitano a Monti, ai membri del Governo per sottoporre la questione delle nuove regole dell’Imu che investirebbero anche le dimore storiche tra cui le Ville Venete.

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di Alessandra di Canossa dal blog Doppio (S)Malto su Linkiesta del 12 aprile 2012 

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La mia origine nordestina non può che portarmi a difendere il patrimonio artistico-culturale-storico-turistico che le dimore storiche rappresentano. Sono un bene dell’Italia, per l’Italia.

Semplificando, lo Stato non ha i soldi per mantenerle, quindi la loro manutenzione e rivalutazione ricade interamente sulle spalle dei proprietari in cambio di una tassazione “speciale”.

In un momento così, l’obiezione normale è: pagano tutti, pagano anche loro. Sì, ma forse si dimenticano che i privati, che si accollano in toto le spese di queste case, che spesso si rivelano essere dei gran buchi neri nel bilancio annuale, sono strozzati già ora, figuriamoci se Monti gli mette la tassazione come su tutte le altre case con la rivalutazione delle rendite catastali calcolate non più sui vani ma sui metri quadri.

Senza entrare troppo nello specifico, il mio è un tentativo di far conoscere anche altre realtà italiane.
Linkiesta ha pubblicato la lettera dell’imprenditore Marco Meinardi che lascia l’Italia per la Svizzera. Bene, buon per lui, ma ci sono molti che l’Italia non la possono lasciare perché il loro bene ha delle fondamenta ben salde nelle campagne e nei centri città.

Se il Governo mantiene ciò che ha proposto e i decreti passano così come sono, moltissime saranno le difficoltà che i proprietari, grandi o piccoli che siano, incontreranno.
Molte volte si sente: se non riescono a pagare le tasse, che vendano! Scusate, ma non sta in piedi, innanzitutto perché ora non ci sono compratori, ma soprattutto perché le dimore storiche sono la storia, la cultura, l’arte dell’Italia e non vorrei mai che al posto di mangiare baccalà alla vicentina con un buon bicchiere di Prosecco, si finisca a mangiare caviale innaffiato da fiumi di Vodka.

Il Palladio si rivolterebbe nella tomba!

Di seguito il testo della lettera del presidente dell’Associazione Ville Venete Alberto Passi:

Scrivo in veste di Presidente dell’Associazione Ville Venete (AVV), associazione legalmente riconosciuta, che mira a tutelare e valorizzare le Ville Venete, cioè oltre quattromila immobili storici (XV-XIX sec.), di cui metà vincolati dalla Sovrintendenza, diffusi in Veneto e Friuli, con parchi secolari e centinaia di cicli pittorici e scultorei.
Il motivo della presente lettera risiede nelle misure fiscali all’approvazione del Parlamento, che impedirebbero ai proprietari di Ville Venete di dare il loro contributo alla ripresa economica. Gli immobili storici sono infatti una ricchezza del Paese, che deve fruttare per il bene comune e non può essere mortificata dall’erario.

È questo il fondamento dell’art. 9 della Costituzione, secondo cui la Repubblica “tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. E tale tutela passa anche per la via fiscale. Lo Stato, non potendosi accollare la manutenzione del patrimonio culturale d’Italia, ha delegato i proprietari privati, sotto la loro responsabilità economica e giuridica, prevedendo, dato l’alto profilo etico della delega, gravi sanzioni amministrative e penali per chi venisse meno all’impegno assunto. Ma tale onere deve essere bilanciato da una minor pressione fiscale. Gli importi non dovuti come imposte, sono impiegati dai proprietari per conservare il patrimonio di interesse statale. Prima che un titolare esclusivo, il proprietario è dunque custode della memoria storica e artistica collettiva.
Ciò rende gli immobili storici una categoria “a parte”, il che ne legittima il diverso trattamento fiscale rispetto agli altri immobili. Non lo diciamo noi, ma le SS.UU. della Cassazione (sent. 9.3.2011 n. 5518), conformemente alla Corte Costituzionale (sentt. 28.11.2003, n. 345 e 346). Non è un regime “agevolato”, ma un regime “speciale”, volto a riequilibrare la situazione degli immobili storici (maggior interesse nazionale, maggiori vincoli e costi, minori imposte), con quella degli altri immobili (minori vincoli, minore manutenzione, maggiori imposte).

Tra gli immobili storici, segnaliamo le Ville Venete, beni di estrema delicatezza, collocati nella campagna veneta, spesso lontano dalle vie commerciali e dalle mete turistiche classiche. Queste caratteristiche non consentono una gestione di tipo speculativo: le ville traggono marginali profitti da locazioni abitative o direzionali e, piuttosto, ospitano eventi, visitatori e scolaresche. Tali introiti servono a pagare i mutui per i continui restauri, il personale, i consumi, le assicurazioni, gli impianti di sicurezza e allarme, la manutenzione dei parchi e, non da ultimo, il Fisco. Si realizza così un’economia “di scala”, ove i proventi sono reinvestiti nella cura degli immobili stessi. Le Ville Venete non gravano sull’economia locale, al contrario creano economia nel territorio: posti di lavoro in villa (soprattutto giovani provenienti dalle facoltà dei beni culturali e dalle scuole turistico-alberghiere) e, attorno alle ville, ristoranti, bar, enogastronomia tipica, trasporto turistico, guide, hotel.

Il regime fiscale in discussione pregiudicherebbe innanzitutto il patrimonio storico, costituzionalmente tutelato. Ingigantendo gli oneri, farebbe “saltare” l’economia “di scala” delle ville, portando i proprietari a vendere, sempreché, oggi, si trovino acquirenti. La manovra allo studio avrebbe dunque effetti espropriativi per i titolari e distruttivi per il patrimonio vincolato, di interesse statale. Di più: colpirebbe, di riflesso, l’indotto economico delle ville in territori che, in larga parte, si reggono grazie a flussi turistico culturali.

Oggi la scelta è tra una tassazione che comprometterebbe tale inestimabile patrimonio di cultura, o il sostegno alle Ville perché siano volano di rilancio dell’economia locale, promuovendole come mete turistiche, luoghi di eventi, per ospitare imprese agricole e artigiane, o, più in generale, come scrigni d’arte, in ogni caso come fonte di occupazione. La stessa Unione Europea, del resto, incentiva l’apertura al pubblico degli immobili storici; a tal fine per le Ville Venete è stato avviato un importante piano regionale pubblico-privato, in cui la nostra Associazione è fortemente impegnata, in stretta collaborazione con le Istituzioni.

Si chiede pertanto di limitare gli interventi all’aggiornamento dell’aliquota e degli estimi, conservando invece il regime previgente e cioè l’art. 2, comma quinto, D.L. 1993, n. 16 (che basa l’imponibile ex ICI sulla minore tariffa d’estimo nella zona censuaria), norma tutt’ora non abrogata, e la tassazione catastale-forfetaria dei redditi, ovvero la non rilevanza ai fini irpef sulle entrate percepite dagli affitti delle Ville.

Confidiamo che l’elevato profilo tecnico dell’attuale Governo sappia cogliere le prospettive offerte dalla tutela e dalla valorizzazione delle Ville Venete.
Con osservanza,
Alberto Passi
Presidente Associazione Ville Venete

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Inserito su www.storiainrete.com il 12 aprile 2012

11 Commenti

  1. La domanda è:
    è giusto tassare con una imposta patrimoniale (IMU) i privati che conservano il patrimonio storico, paesaggistico e architettonoico italiano vincolato dal MiBAC (Monumenti nazionali ai sensi dell’art. 9 della Costituzione)?
    In Italia ci sono circa 46 mila Dimore Storiche di proprietà privata, considerate dal Ministero dei Beni Culturali “monumenti nazionali” (quelle di proprietà pubblica sono meno di 5 mila). Meno del 2o% è proprietà di società private e meno del 10% è ubicato nei centri storici dei capoluoghi di Regione o Provincia. La maggiore parte fanno parte di quel patrimonio paesaggistico diffuso sul territorio che il mondo intero ci invidia, sparse nelle campagne e nei piccoli centri. Dimore Storiche che non hanno alcuna redditività economica nella maggior parte dei casi e che i proprietari mantengono in favore della collettività con enormi sacrifici economici e personali!
    Il Ministero delle Finanze dovrebbe poi prendere coscienza che l’unico sistema efficace di favorire la conservazione dei beni culturali privati è universalmente riconosciuto essere quello della leva fiscale. L’articolo 9 della Costituzione recita: La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio ed il patrimonio storico e artistico della Nazione. Sulla base di tale norma fondante, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 346 del 2003, affermò la necessità di un regime fiscale “speciale” per le Dimore Storiche!
    Attenzione “speciale” e non “agevolato” perché è una differenza lessicale importante: il “regime speciale” per le Dimore Storiche è stato riconosciuto dalla Corte Costituzionale, il massimo organo istituzionale; adesso un Decreto Legge cancella tutto? E’ come dire che si può cancellare una legge Costituzionale con una legge ordinaria!
    E non poteva essere diversamente considerato il regime normativo “speciale” a cui sono sottoposti i proprietari delle Dimore Storiche dalle leggi di tutela, la prima risale al 1939.
    Il diritto di proprietà è limitato, c’è la prelazione che lo Stato può esercitare sempre nei confronti dei proprietari. Ci sono obblighi di conservazione sanzionati con il codice penale. Poi ogni intervento, anche una semplice manutenzione ordinaria, deve essere autorizzata dalla Soprintendenza ed eseguita esclusivamente con un progetto di un architetto: un costo aggiuntivo che è valutato intorno al 30%.
    Il proprietario di una Dimora Storica è in pratica un custode!
    Un Governo “illuminato” dovrebbe prevedere una imposizione fiscale per le Dimore Storiche di proprietà privata uguale a quella di proprietà delle Fondazioni Bancarie. L’assoggettamento alla prima aliquota Iva (4%) per i lavori di restauro e conservazione di Dimore Storiche e, se proprio vogliono mantenere l’imposta patrimoniale (IMU) sui “monumenti nazionali” privati, che almeno il contribuente abbia la possibilità di dedurre dall’IMU le spese per la conservazione ed il restauro di quelle Dimore Storiche che non producono alcun reddito (ville, castelli, parchi storici in aree marginali).

  2. e’ sconvolgente e drammatico che non si consideri seriamente e validamente che la gestione di una dimora storica e’ estremamente piu’ costoso rispetto ad una normale dimora – si sappia che qualsiasi tipo di intevento, anche il piu’ modesto,deve essere autorizzato dalla Sovrintendenza con presentazione di un progetto redatto da un professionista -. Lo Stato non potendo intervenire direttamente nella loro gestione e manutenzione ha demandato ai proprietari la loro conservazione – vi ricordo che e’ obbligatoria la loro conservazione e sottrarvisi e’ passabile di sanzione – consentendo una fiscalita’ speciale con sentenza della Corte Costituzionale. L ‘ abolire tale specialita’, dal momento che non e’ affatto vero che le rendite di tali immobili siano altissimi, si pensi al quartiere spagnolo di Napoli od il centro storico di Palermo,comporta il rischio dell’affitto in nero ed il loro degrado per mancanza di manutenzione. L ‘unica soluzione sarebbe vendere ad un russo oppure ad un cinese.

  3. Il commento firmato Kean è molto articolato, però avrebbe dovuto magari informarsi un pò meglio su quali sono gli obblighi, i divieti, gli ostacoli burocratici, e soprattutto i maggiori costi che comporta l’obbedienza a questi vincoli……. e la frase successiva,quella firmata Antonio Sparta non merita commenti: sembra il becero sfogo di un frustrato.

  4. Vivo in un castello. Detto così, nelle menti “semplici” si instaura il pensiero del nobile che non ha mai fatto nulla in vita sua ed ha vissuto sulle spalle degli altri. Ciò accadeva nel medioevo, nel rinascimento, ma non certo oggi: io sono figlio di un imprenditore il cui lavoro durissimo gli ha permesso di acquistare questo castello che cadeva a pezzi e un notevolissimo e personale sforzo economico lo ha riportato in condizioni di abitabilità. Questo sforzo economico non è stato compensato da nessuno, lo ha sopportato in proprio ed essendo un’abitazione vera e propria, non abbiamo alcun provento da questo immobile. Eppure chi passa e si ferma ad ammirarlo e fotografarlo, ne coglie la bellezza unica d’altri tempi, ma non pensa minimamente che se un uomo non ci avesse speso molto tempo e denaro, probabilmente oggi ammirerebbe solo un rudere privo di ogni attrattiva. Con amarezza, constato ancora oggi come vi sia gente che quando parla, dovrebbe tacere, per non rivelare la propria immane ignoranza.

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