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La Willie Dee, la nave più sfortunata della US Navy


Nell’ipotetico Museo del Fallimento che proponevo qualche tempo fa, la famigerata nave cacciatorpediniere USS William D. Porter (DD-579) avrebbe un posto d’onore.
Il resoconto delle sue imprese belliche è talmente tragicomico da sembrare frutto di una sceneggiatura, ma se pure alcuni aneddoti sono con tutta probabilità leggende, la nomea che l’accompagnò nei suoi quasi due anni di servizio fu purtroppo meritata.
da BizzarroBazar del 19 marzo 2016 
La carriera della “Willie Dee“, com’era soprannominata la Porter, cominciò con un incarico formidabile.
Appena dopo il varo, infatti, la nave venne assegnata a una missione segretissima e di vitale importanza: scortare Franklin Delano Roosevelt attraverso l’Atlantico — infestato dai sottomarini nazisti — fino al Nord Africa, dove il Presidente avrebbe dovuto incontrare per la prima volta Stalin e Churchill. Il vertice dei Tre Grandi sarebbe passato alla storia come la conferenza di Teheran, e assieme agli incontri successivi (il più celebre dei quali tenutosi a Jalta) avrebbe contribuito a modificare l’assetto europeo post-bellico.
Eppure, proprio a causa della Willie Dee, il meeting rischiò di non accadere mai.

Le cacciatorpediniere sono navi agili e veloci, pensate appositamente per fare scudo e proteggere vascelli più grandi. La Porter dunque ricevette il 12 novembre 1943 l’ordine di raggiungere il resto della flotta che scortava la nave da guerra USS Iowa, una corazzata di 45.000 tonnellate a bordo della quale era già salito il Presidente assieme al Segretario di Stato e a una moltitudine di altissime cariche politiche e amministrative.

L’equipaggio della Willie Dee all’epoca era composto da 125 marinai, capitanati dal comandante Wilfred Walter. Ma in quei tempi di guerra, necessitando di un vasto numero di soldati, l’esercito arruolava anche ragazzi che erano ancora studenti, o che si erano sempre e soltanto occupati della fattoria di famiglia. Gran parte degli incidenti militari era causato proprio dall’inesperienza delle reclute, senza adeguato addestramento e costrette a imparare sul campo dai propri errori. La quasi totalità dell’equipaggio della Willie Dee non era mai salito su una nave prima di allora (inclusi i 16 ufficiali, di cui soltanto 4 avevano precedenti esperienze in mare), e il battesimo di fuoco di una missione top secret aumentò sicuramente la pressione psicologica nella ciurma.
Fatto sta che la Willie Dee debuttò fin dall’inizio sotto una cattiva stella. Dimenticandosi di salpare l’ancora.
Mentre il comandante Walter stava facendo manovra per uscire dal porto di Norfolk, si udì un terribile fracasso di lamiere contorte. Affacciandosi, l’equipaggio vide che l’ancora non era stata sollevata del tutto e, restando a mezz’aria sul lato della nave, aveva sventrato il parapetto del vascello ormeggiato al suo fianco, distruggendo le scialuppe di salvataggio e squarciando vari altri equipaggiamenti. La Willie Dee aveva riportato soltanto dei graffi e, dato il ritardo, il comandante Walter poté soltanto porgere delle affrettate scuse prima di salpare di gran carriera verso la Iowa, lasciando alle autorità portuali il compito di risolvere il pasticcio.
Ma non era finita lì. Durante le successive 48 ore, la Willie Dee sarebbe precipitata in un maelstrom di vergognosa incompetenza.
Dopo neanche un giorno di viaggio, proprio mentre la Iowa e le altre navi stavano entrando in una zona notoriamente infestata dagli U-boat tedeschi, una fortissima esplosione scosse le acque. Tutte le unità, convinte di essere sotto attacco, cominciarono frenetiche manovre diversive, mentre i tecnici radar in massima allerta scandagliavano i fondali alla ricerca dei sottomarini nemici.
Finché un’imbarazzata comunicazione non arrivò alla Iowa da parte del comandante Walter: la detonazione era dovuta a una delle loro cariche di profondità che era accidentalmente caduta in acqua, perché la sicura non era stata inserita in maniera corretta. Per fortuna l’esplosione era avvenuta senza danneggiare la nave.
Come se sganciare una bomba involontariamente non fosse abbastanza, le cose si fecero ancora più disperate nelle ore successive. Poco dopo infatti un’onda anomala scaraventò fuori bordo un marinaio, che non venne più ritrovato. A neanche un’ora da questa tragedia, la sala macchine della Willie Dee subì un’avaria e perse di potenza, lasciando la cacciatorpediniere ad arrancare in posizione arretrata rispetto al resto della flotta.
A questo punto, a bordo dell’Iowa il nervosismo per le gaffe della Willie Dee era palpabile. Sotto gli occhi di tutte quelle alte cariche, il Capo delle Operazioni Navali, l’Ammiraglio Ernest J. King, prese personalmente il microfono radio per redarguire il comandante Walter. Quest’ultimo, conscio che le opportunità di una missione di alto profilo come quella stavano velocemente trasformandosi in una catastrofe, promise mestamente di “migliorare la performance della nave“. E, in un certo senso, lo fece, causando il disastro definitivo.

La flotta in missione attraverso l’Oceano, pur proseguendo a tutta velocità, avrebbe impiegato più di una settimana ad arrivare a destinazione. Era dunque di cruciale importanza svolgere delle esercitazioni di guerra, in modo che gli equipaggi (come si era già visto, piuttosto inesperti) fossero preparati a un eventuale attacco a sorpresa.
Il 14 novembre, al largo delle Bermuda, il capitano della Iowa decise di dimostrare a Roosevelt e agli altri passeggeri come la sua nave fosse in grado di respingere un attacco aereo. Furono liberati dei palloni sonda come bersagli, mentre il Presidente e gli altri funzionari venivano fatti accomodare sul ponte a godersi lo spettacolo dei cannoni che li abbattevano a uno a uno.
Il comandante Walter e il suo equipaggio, a più di cinque chilometri di distanza, restavano a guardare mentre cresceva la loro voglia di partecipare all’esercitazione e riscattare la propria immagine. Quando la Iowa mancò alcuni palloni, che entrarono nel raggio di tiro della Willie Dee, Walter ordinò di fare fuoco. Allo stesso tempo, diede il via a un’esercitazione di siluri.
Sottocoperta due membri dell’equipaggio, Lawton Dawson e Tony Fazio, si assicurarono che gli inneschi fossero disattivati — altrimenti i siluri sarebbero partiti veramente — e comunicarono l’ok al ponte di comando. L’ufficiale di coperta ordinò il fuoco, e il primo “finto” torpedine venne attivato. Poi il secondo, “fuoco!“. E il terzo.
A quel punto, l’ufficiale di coperta sentì l’ultimo rumore che avrebbe voluto udire. L’inconfondibile sibilo di un vero siluro che prendeva il largo.
Comprendere appieno l’orrore che l’ufficiale deve aver provato in quel momento non è difficile, se si tiene conto di un dettaglio. La simulazione di norma richiedeva che si stabilisse come bersaglio di prova una delle navi in vista. Il bersaglio più vicino era laIowa.
La Porter aveva appena sparato un siluro contro il Presidente degli Stati Uniti.

A bordo della Willie Dee, scoppiò il pandemonio. Un luogotenente si avvicinò di corsa al capitano Walter, e gli chiese se avesse dato il permesso di lanciare una torpedine. La risposta non fu certo un aforisma bellico di quelli che passano alla storia: “Diamine, no, io… aaaah… io — COSA?!“.
Rimanevano due minuti scarsi prima che il siluro esplodesse sulla fiancata della Iowa, affondandola assieme alle più importanti personalità dell’America intera.
Walter ordinò immediatamente che venisse lanciato l’allarme, ma il più stretto silenzio radio era stato decretato per scongiurare il rischio di intercettazioni, vista la pericolosa posizione in cui si trovava la flotta. Così si decise di utilizzare una lampada di segnalazione.
Ma, in preda a un giustificato panico, il giovane marinaio che aveva il compito di avvertire la Iowa del tragico errore andò in confusione. Così alla nave madre cominciarono ad arrivare messaggi incomprensibili: “Un siluro sta allontandosi dalla Iowa!“; poi, poco dopo “La nostra nave sta andando indietro tutta!“.
Il tempo era agli sgoccioli e, comprendendo che con il codice Morse non ne sarebbero mai venuti fuori, il comandante Walter decise di rompere il silenzio radio. “Lion, Lion, virate a destra!” “Idetificatevi e ripetete. Dov’è il sottomarino?” “Siluro in acqua, virate a destra! Emergenza, virate a destra, Lion, virate a destra!
A quel punto il siluro era stato avvistato anche a bordo della Iowa. La nave eseguì una manovra di emergenza, aumentando la velocità e virando a dritta, mentre tutti i cannoni sparavano verso il proiettile in arrivo. Il Presidente Roosevelt chiese all’agente dei Servizi Segreti che lo accompagnava di spostare verso il parapetto la sua sedia a rotelle, così da poter vedere meglio il siluro. A quanto si racconta, il bodyguard si mise addirittura a sparare in acqua con la sua pistola, come se i suoi proiettili avessero potuto fermare il missile.
Nel frattempo sulla Willie Dee era sceso il più spettrale silenzio, mentre tutti osservavano impietriti la scena, trattenendo il fiato in attesa dell’esplosione.
Quattro minuti dopo essere stato sparato il proiettile scoppiò nell’acqua, poco distante allaIowa, provvidenzialmente senza danneggiarla. Il Presidente annotò in seguito sul suo diario: “Lunedì scorso esercitazione d’armi. La Porter ha sparato una torpedine verso di noi per sbaglio. L’abbiamo vista — ci ha mancato di 300 metri“.
Con tutta la buona volontà, un simile incidente non poteva passare in sordina — anche perché a quel punto era forte il sospetto che nella ciurma della Willie Dee si nascondesse un infiltrato, e che il maldestro errore celasse un vero e proprio tentativo di attentato. Così la Iowa ordinò alla Porter di lasciare il convoglio e di ritornare a una base americana nelle Bermuda; a orecchie basse, Walter e il suo equipaggio fecero inversione e, una volta entrati in porto, vennero accolti da un plotone di Marines che li arrestarono in blocco. Seguirono giorni di interrogatori e indagini, e Dawson, il marinaio ventiduenne che aveva dimenticato di disinserire l’innesco del siluro, venne condannato a 14 anni di lavori forzati. Venuto a sapere della pena, fu Roosevelt in persona che si attivò per concedere la grazia al povero ragazzo.
Il resto del convoglio nel frattempo arrivò illeso in Africa e Roosevelt (nonostante un tentativo, questa volta reale, di attentato) riuscì a siglare con Churchill e Stalin i primi fra quegli accordi che, a guerra finita, avrebbero cambiato il volto dell’Europa.
La Willie Dee fu invece spedita al largo dell’Alaska, dove non avrebbe potuto arrecare danni, e divenne a poco a poco una sorta di mito marinaresco. Altri aneddoti, mai verificati, cominciarono a circolare sul conto di questa “pecora nera” della flotta statunitense, come quello del marinaio ubriaco che una sera per sbaglio sparò un colpo di cannone verso la base militare sulla costa, distruggendo le aiuole di un comandante. Ironiche leggende via via più esagerate, che la resero il perfetto capro espiatorio, la farsesca antieroina su cui sublimare ogni timore di fallimento.
L’eco delle infami gesta precedeva la Willie Dee in ogni porto, in cui invariabilmente la nave veniva salutata via radio con lo sberleffo “Non sparate! Siamo repubblicani!“.

Finì per inabissarsi durante la battaglia di Okinawa — ingloriosamente affondata da un aereo già abbattuto, che le esplose sotto la chiglia.
E probabilmente, quel giorno, molti marinai tirarono un sospiro di sollievo. La nave americana più sfortunata della storia riposava infine sul fondo dell’oceano.

(Grazie, Andrea!)

2 Commenti

  1. Sinceramente non capisco il tono di questo articolo, peraltro pieno di imprecisioni e caratterizzato da un discutibile e sinistro uso della lingua italiana: questo non è un articolo di storia navale ma è una pessima riedizione di quanto scritto a suo tempo da Kermit (Kit) Bonner. Ricordiamo che Kit Bonner (1926-2010), che prestò servizio nella US Navy nella II Guerra Mondiale e che era un apprezzato storico navale, fu il primo a rivelare al grande pubblico tutte le vicende del William D Porter e lo fece dopo aver raccolto le testimonianze degli ufficiali e dei marinai ancora viventi imbarcati su quel caccia. Bonner tra le altre cose partecipò a diverse riunioni dei reduci del Porter. Kit Bonner collaborò con la prestigiosa Storia Militare del Comandante Erminio Bagnasco e sul mitico numero 9 della rivista (quello con l’Arado Ar-196 in copertina – numero mitico poiché tra gli autori degli articoli troviamo tra gli altri Amedeo Montemaggi, l’ingegner Tullio Marcon, l’ingegner Giuseppe Ciampaglia e per l’appunto Kit Bonner) venne pubblicato uno dei suoi articoli proprio sul caccia che portava il nome di William David Porter (“La nave che per poco non cambiò la storia” alle pagine 10-13 – SM N. 9, giugno 1994).
    L’Italia tra le tantissime altre cose ha dato i natali a un certo Aldo Fraccaroli, celebre storico navale, illustrissimo fotografo navale, noto bibliofilo e grande cultore della lingua italiana, in difesa della quale si battè per tutta la vita, anche dal suo “rifugio” in Svizzera. Ebbene ho timore che il Comandante Fraccaroli, figlio di quel tal Arnaldo Fraccaroli , si rivolti nella tomba nel leggere espressioni del tipo “la famigerata nave cacciatorpediniere”, la “Willie Dee”, la “Porter” e nello scoprire che “le cacciatorpediniere sono navi agili e veloci pensate appositamente per fare scudo e proteggere vascelli più grandi”. Diciamo pure che l’ultima affermazione ha anche interrotto il riposo nell’Oltretomba di personaggi quali Arleigh Albert Burke (il famoso “Burke 31 nodi”), Tanaka Raizo e Hara Tameichi (l’autore del celebre “Japanese Destroyer Captain”).
    Osserviamo che nell’italiano del XX secolo e in quello di questo scorcio di XXI secolo il termine cacciatorpediniere è di genere maschile, “il cacciatorpediniere / i cacciatorpediniere”.
    Come lascia intuire il nome, il cacciatorpediniere (destroyer in inglese) nacque come tipo d’unità atta a dar la caccia alle torpediniere (qui invece abbiamo un sostantivo di genere femminile, la torpediniera / le torpediniere, in inglese torpedo boat) tra fine ‘ottocento e inizio ‘novecento. Le torpediniere del XIX secolo erano unità sottili/ mezzi insidiosi armate di torpedini, vale a dire, tralasciando la breve parentesi delle torpedini ad asta, siluri. Nella Guerra Russo-Giapponese del 1904-1905 i cacciatorpediniere di entrambe le flotte vennero utilizzati in ruoli offensivi con alterna fortuna: più che dar la caccia alle torpediniere, con i cacciatorpediniere si cercò di colpire le unità maggiori avversarie, ovvero corazzate, incrociatori corazzati e incrociatori protetti. Gli artisti giapponesi immortalarono questi episodi nei celebri ukiyo-e, le famose stampe artistiche su carta. I giapponesi svilupparono maniacalmente i loro cacciatorpediniere e la relativa dottrina d’impiego nei successivi 35 anni e dal 1918 in poi lo fecero in funzione della prevista “grande battaglia navale decisiva” da combattersi nelle acque territoriali giapponesi, battaglia che non sarà mai combattuta.
    Punto d’arrivo di questo percorso evolutivo furono i 10 cacciatorpediniere classe Shiratsuyu e i 48 cacciatorpediniere delle classi Asashio/Kagero/Yugumo (10+19+19), con i loro siluri ad ossigeno, i tubi lanciasiluri quadrupli da 610 mm e gli impianti di ricarica per i siluri di riserva (siluri che Samul Eliot Morison chiamò “Long Lances”, le “Lunghe Lance”), tutte caratteristiche che rendevano questi caccia giapponesi unici al mondo.
    Dunque presso la Marina Imperiale Giapponese i caccia non avevano ruoli difensivi (“scudo”), ma al contrario erano unità prettamente offensive (“lance”) in virtù del potente armamento imbarcato: lo scoprirono a loro spese gli americani che ad esempio a Tassafaronga, il 30 novembre 1942, pur disponendo di 5 incrociatori e 4 cacciatorpediniere contro 8 gli cacciatorpediniere giapponesi del “Tokio Express” al comando di Tanaka Raizo, ebbero la peggio, con un incrociatore pesante perduto (USS Northampton) e altri 3 gravemente danneggiati (USS Minneapolis, USS New Orleans, USS Pensacola).
    Presso la Marina Americana i cacciatorpediniere (Fleet Destroyers) erano impiegati tanto come unità di scorta quanto come unità offensive a differenza dei Destroyers Escort, i caccia di scorta, impiegati soprattutto per la scorta dei convogli . A partire dal 1943 i Fleet Destroyers vennero utilizzati principalmente per la difesa antiaerei dei Task Group di portaerei e per la protezione delle unità da assalto anfibio e dei gruppi di supporto di fuoco per le forze da sbarco, pur partecipando attivamente a tutti i bombardamenti navali effettuati dall’US Navy.
    E’ appunto in questi ruoli che il William D Porter, uno dei 175 Fleet destroyers classe Fletcher fu impiegato nel Pacifico, dalle Aleutine alle Curili, alle Filippine, a Okinawa. I Fletcher rappresentavano la risposta americana agli Asashio/Kagero/Yugumo e furono i primi cacciatorpediniere americani ed alleati in grado di sostenere favorevolmente uno scontro con questi particolari caccia giapponesi.
    Il William D Porter fu così chiamato in onore di William David Porter, il comandante della cannoniera USS Essex nella Guerra Civile Americana, fratello di David Dixon Porter e fratello adottivo di James (David) Glasgow Farragut, i due più famosi ammiragli della Marina Unionista durante la Guerra Civile Americana.
    Il Porter fu varato il 27 settembre 1942 ed entrò in servizio il 6 luglio 1943. Ergo quando fu destinato a scortare la Iowa nel novembre 1943 erano trascorsi oltre tredici mesi dal varo. Mi pare che nel presente articolo venga totalmente ignorato che dopo il varo di solito vi è l’allestimento, fase delicatissima della costruzione di una nave in cui viene installato l’armamento, gli apparati elettronici, i sistemi di comunicazione e via dicendo. Trattandosi di US Navy, vi erano poi le prove pre-consegna, la consegna che non necessariamente coincideva con l’entrata in servizio, seguiva poi la fase di preparazione della crociera inaugurale, la crociera inaugurale da eseguirsi per compiti addestrativi e per collaudi definitivi, i lavori post crociera inaugurale e l’assegnamento alla prima missione di guerra.
    Quanto alla bomba di profondità…”i tecnici radar in massima allerta scandagliavano i fondali alla ricerca dei sottomarini nemici” erano evidentemente dei tecnici sonar poiché notoriamente i radar sotto la superficie del mare “non funzionano”…. Pare che sul Pianeta Terra l’Acustica e l’Elettromagnetismo siano due diverse branche della Fisica.
    Notevole anche “la Porter ha sparato una torpedine verso di noi per sbaglio”. Il termine “torpedine” nell’italiano navale è caduto in disuso da parecchio tempo, più o meno dal Ventennio. A parte questa imprecisione di poco conto, osserviamo che i siluri non si sparano ma si lanciano essendo “macchine” a tutti gli effetti e non dei “banali proiettili”. Gli impianti atti al lancio dei siluri sono per l’appunto i tubi lanciasiluri. Attenzione: nella quinta foto si intravedono due lanciasiluri quadrinati, e ribadisco quadrinati, da per siluri da 533mm (21 pollici). Il Porter come abbiamo visto era uno dei 175 Fletcher e in quanto tale imbarcava degli impianti quintupli! La foto proposta mostra invece uno dei caccia americani prebellici: visto la differente posizione dei due impianti rispetto alla mezzeria della nave, l’immagine mostra senz’altro un il lancio di un siluro dall’impianto di dritta di un cacciatorpediniere classe Mahan (DD-364). Si tratta infatti dell’USS Dunlap (DD-384). Detto questo, un siluro della II Guerra Mondiale in ogni caso non era un missile (sapete com’è… l’ASROC non esisteva ancora).
    Notevole anche “rimanevano due minuti scarsi prima che il siluro esplodesse sulla fiancata della Iowa, affondandola assieme alle più importanti personalità dell’America intera”. Le Iowa furono con le Yamato / dopo le Yamato le più grandi e potenti corazzate mai costruite. Immaginare che una Iowa venga affondata da un solo siluro Mark 15 da 533mm richiede un non indifferente sforzo di fantasia visto che i già citati incrociatori pesanti americani “tipo Washington” erano capaci di incassare le esplosioni causate da almeno 2 o addirittura 3 (in casi fortuiti) siluri giapponesi ad ossigeno, senza affondare necessariamente, pur accusando gravi danni.
    Che cosa vorrebbe mai dire che il Porter fu “ignominiosamente affondata” da un aereo già abbattuto? Il William D Porter fu affondato da un Kamikaze (per la precisione un bombardiere in picchiata Aichi D3A2 Modello 22 / tipo 99 kanbaku / Val ) imbottito d’esplosivo che era stato colpito dalla contraerea e che esplose subito dopo essersi inabissato andando a danneggiare irreparabilmente lo scafo del caccia sotto la linea di galleggiamento. Dopo 3 ore il Willie Dee affondò di poppa ma miracolosamente l’intero equipaggio si salvò: non vi fu alcun morto, mentre i feriti furono 61. Si segnalarono per l’assistenza fornita nelle operazioni di salvataggio e nei precedenti tentativi di salvare la nave gli LCS ovvero i mezzi da sbarco convertiti per il supporto di fuoco. Nelle foto in coda all’articolo si possono distinguere appunto l’LCS-86 e l’LCS-122. Questa sequenza fotografica fu pubblicata per la prima volta sul poderoso volume di Theodore Roscoe “United States Destroyer Operations in World War II”, pubblicato dall’UNited States Naval Institute nel 1953. Il Roscoe tratta del Porter alle pagine 402, 455, 471, 482-483. L’incidente con la Iowa e FDR non viene trattato dal Roscoe, l’episodio non era ancora di pubblico dominio / non era stato ancora desecretato. D’altra parte leggendo il Roscoe, che è indiscutibilmente uno dei “sacri testi” sulle operazioni della Destroyer Force della US Navy nella Seconda Guerra Mondiale, scopriamo che il Capitano Wilfred A. Walter rimase al comando del Willie Dee anche durante le operazioni nelle Aleutine e nelle Curili del febbraio-marzo 1944. Walter rimase infatti al comando del Porter fino alla fine di maggio del 1944, quando fu sostituito dal capitano di fregata Charles Melville Keyes, secondo e ultimo comandante del Willie Dee.
    Il primo comandante del Porter, Capitano di fregata Wilfred Aves Walter, aveva comandato in precedenza il cacciatorpediniere Macleish (DD-220, uno dei numerosi Flush Deck / Four Stacks) dal 31 luglio 1942 all’ 11 1943 (egli era Capitano di Corvetta all’epoca) e come abbiamo visto, tenne il comando del William D Porter dal 6 luglio 1943 al 31 maggio 1944.
    SI può verificare quanto scritto qui:
    http://www.navsource.org/archives/05/220.htm
    http://www.navsource.org/archives/05/579.htm
    https://www.history.navy.mil/research/histories/ship-histories/danfs/w/william-d-porter.html
    http://www.hazegray.org/danfs/destroy/dd579txt.htm
    http://www.ussiowa.org/general/html/willie_d.htm
    http://www.usshancockcv19.com/histories/willie-d.htm
    http://navy.memorieshop.com/DD-579.html
    http://www.nnapprentice.com/alumni/letter/Odyssey_of_the_Willie_D.pdf
    http://www.navsource.org/archives/05/364.htm
    http://www.navsource.org/archives/05idx.htm (Classe Mahan, da DD-364 a DD-379)
    http://www.navweaps.com/Weapons/WTUS_WWII.php
    https://en.wikipedia.org/wiki/Landing_Craft_Support
    https://en.wikipedia.org/wiki/Theodore_Roscoe

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