Home Blog La serie Sky su Romulus non mi è piaciuta. Ecco perché

La serie Sky su Romulus non mi è piaciuta. Ecco perché

Storia, non storie

La serie tv Romulus sulla nascita di Roma (trasmessa su Sky Atlantic) di bello ha solo il nome. Non bastava Virginia Raggi con la sua meticolosa e infaticabile opera per portare Roma tra le capitali del 4° mondo. Se la Città Eterna arrancava sotto i colpi della Vestale a 5 stelle, resistevano però i suoi miti. Ci ha pensato Matteo Rovere, il regista dell’impresa, ad attentare anche a quelli. Non contento di aver messo tre anni fa una pietra iniziale per questa demolizione con Il primo re, dove la leggenda di Romolo e Remo veniva consumata tra fango, pioggia e boschi oscuri, noncurante di tutte le versioni che i classici ci hanno tramandato, oggi prosegue l’opera con Romulus, mettendo in campo i personaggi che nella prima serie erano mancati: i re di Alba Numitor (il buono) con la figlia Rea Silvia, e Amulius (il cattivo) e una immaginaria figlia, Ilia.

Vengono meno Romolo e Remo, sostituiti da due gemelli, Enitos e Yemos, il primo dei quali ucciso a tradimento dallo zio Amulius. A questi si aggiunge Wiros, schiavo fuggiasco e alla fine, dopo mille vicende fratello d’elezione di Yemos, con il quale andrà a fondare Roma sotto la stella protettiva di Rumia, dea dei boschi e dei lupi. Mentre lo spodestato Numitor torna a regnare su Alba e sulla Lega albana dei 30 re, Amulius (che risulta ufficialmente ucciso dalla figlia per vendicare la morte di Enitos, di cui era innamorata) è in realtà in fuga.

Nessuna traccia nelle dieci puntate delle tante versioni del mito fondativo, ripercorse per esempio da Plutarco nel capitolo delle Vite parallele dedicato a Romolo prima di darci la sua ricostruzione della vicenda. In compenso tante corse tra i boschi, improbabili scontri a sangue tra gruppi rivali, sacrifici di maialini agli dei (il sacrificio del toro sarebbe stato troppo oneroso per il budget e per gli animalisti) città sul modello dei villaggi africani, gonnellini di finta pelle, cuori dei nemici strappati dal petto e addentati golosamente e così via. Insomma un incrocio tra Fantasy e Grand guignol. Il tutto condito da un linguaggio inventato, il cosiddetto protolatino, con sottotitoli; o, in alternativa, un doppiaggio in italiano che fa rimpiangere gli spettacoli del dopolavoro. Eppure questa lingua inventata è stata uno dei motivi del gran successo da parte di una critica che si fa fatica a immaginare obiettiva. A conferma che piace ciò che non si capisce.

La scena finale del decimo e ultimo episodio inquadra il volto di Amulius, clandestino in fuga verso le terre dei Sabini. E’ quasi una minaccia, che prefigura una seconda stagione. Non bastava il Covid  e il pericolo di una Raggi 2; ora si aggiunge anche quello di un Romulus 2. E’ proprio vero che le disgrazie non vengono mai sole.

2 Commenti

  1. Dopo aver letto l’ingiustissimo “Virginia Raggi con la sua meticolosa e infaticabile opera per portare Roma tra le capitali del 4° mondo.”non ho voluto più continuare oltre!

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