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La Rai, la cultura e le occasioni sprecate

La notizia che Rupert Murdoch arricchirà l’offerta di Sky in Italia con un canale tutto dedicato all’arte e alla cultura, non può passare inosservata e non muovere a sconfortanti riflessioni. Se un tycoon come Murdoch decide di investire sulla nostra cultura, vuol dire che ad essa riconosce un ruolo e un’importanza della quale, purtroppo, la classe dirigente del Belpaese – nelle istituzioni come nella maggior parte delle realtà pubbliche e private – mostra di essere del tutto inconsapevole.
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di Carlo Fontana da del 15 giugno 2012
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La Rai ne è l’esempio più eclatante. S’era detto che le possibilità del digitale terrestre avrebbero favorito la nascita di canali tematici per soddisfare le esigenze più diverse: il varo di un canale sull’esempio del francese Arté sarebbe stato assolutamente normale da parte della prima azienda culturale del Paese, servizio pubblico, sostenuto dal canone.
Così non è stato e, temo, non sarà. E non poteva essere altrimenti, con quella governance, gentile omaggio della sciagurata “legge Gasparri”, fatta apposta,sembra, per indebolire (e screditare) la Rai.
Con il governo dei tecnici, l’occasione per intervenire radicalmente, con coraggio, seppellendo una normativa che produce disaffezione nell’utente e fa vivere il pagamento del canone come un altro, odioso balzello, c’era tutta. Invece un’altra delusione. Si è deciso di lasciare le cose come stanno, limitandosi a procedere alla nomina di degnissime persone che nulla hanno a che fare con la tv e la cultura, e che comunque dovranno fare i conti con i poteri definiti dalla legge vigente. Già, ma sono personalità che appartengono al mondo dell’economia e dell’industria. È questo il requisito fondamentale per accedere in questi tempi oscuri, alla guida di un ente culturale: dal pubblicitario designato alla guida della Biennale dal governo Berlusconi, all’alto funzionario della Banca d’Italia al quale il governo Monti affida la guida della Rai, cambia certo lo standing ma ben poco la sostanza. La competenza specifica continua a restare un optional. Sia dato pertanto il giusto merito a Murdoch che occupa uno spazio lasciato libero da altri e finisce con l’assolvere a un compito di divulgazione e formazione culturale, un tempo proprio della Rai.

Tutto ciò mentre il Pd invece di fare le barricate in Parlamento per cambiare la legge, si rivolge – per un malinteso senso di responsabilità – a quattro associazioni della “società civile” per indicare i propri due rappresentanti nel cda: meglio, molto meglio, un dignitoso Aventino.

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Inserito su www.storiainrete.com il 16 giugno 2012

1 commento

  1. Un esempio dello stato penoso della RAI in tema di cultura è dato dalla reiterazione quasi ossessiva di un vecchio documentario sulla vcenda di Cefalonia in cui non si accenna minimamente agli sviluppi successivi della ricerca storica che su tale argomento -da Ciampi posto addirittura a fondamento della Resistenza !!- hanno accertato che NON ci fu alcuna strage di 9/10.000 nostri Militari ma che le Vttime furono in TOTALE meno di 1.700 di cui SOLTANTO E PURTROPPO i Fucilati post resa furono 137 Ufficiali tra cui il Padre del sottoscritto che per primo (nel 2006) ne I CADUTI DI CEFALONIA: FINE DI UN MITO chiarì il grossolano FALSO STORICO seguito di recente da E. A. Rossi nel libro UNA GUERRA A PARTE e da G. Ianni nel suo RAPPORTO CEFALONIA. Malgrado ciò chi HA VISTO Rai Storia il 15 giugno us si è sentito propinare una massa incredibile di dati FALSI e -ormai VOLUTAMENTE- INESATTI.
    Cntinuare a chiamare la RAI come la prima ‘azienda culturale’ è -alla luce di quanto sopra- semplicemente vergognoso.
    La trasmissione ‘La Storia siamo noi’ va abolita o riformata totalmente.
    Massimo Filippini

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