Home In primo piano Il plebiscito del Veneto? Una truffa. Ma la sinistra non vuole dirlo

Il plebiscito del Veneto? Una truffa. Ma la sinistra non vuole dirlo

È polemica: ed è bene che sia così. La diffusione di un volume di Ettore Beggiato (1866: la grande truffa. Il plebiscito di annessione del Veneto all’Italia, Editrice Veneta) sul modo in cui il Veneto 150 anni fa è stato «italianizzato» dopo la terza guerra d’indipendenza, a seguito di un referendum truffaldino, disturba gli intellettuali progressisti.
di Carlo Lottieri da Il Giornale del 2 settembre 2016 
Sul quotidiano veronese L’Arena ieri si riportavano alcune prese di posizione negative nei riguardi del libro. Secondo Carlo Saletti saremmo di fronte a «un uso distorto della storia», piegata a ragioni politiche. Una tesi condivisa da Federico Melotto, direttore dell’Istituto veronese della storia della Resistenza, per il quale con questo volume «si vuole dare un messaggio politico partendo dal plebiscito per lanciare una critica all’Italia di oggi». Il tono è di contestazione, ma con ogni probabilità l’autore sarebbe in parte d’accordo.
Già assessore regionale e appassionato cultore della storia della Serenissima, Beggiato si propone di smontare la lettura tradizionale di una popolazione veneta ben felice di lasciare l’Impero asburgico per unirsi alle popolazioni italiche. Il volume è tutt’altro che paludato: vuole interessare e farsi leggere. Chi l’ha scritto, per giunta, non cela in alcun modo la propria speranza che Venezia e gli altri territori possano presto decidere del proprio futuro (con un referendum democratico), tornando indipendenti come furono per secoli.
Beggiato ha insomma esaminato il passaggio storico del 21 e 22 ottobre 1866 per illuminare l’attualità: per far comprendere ai veneti di oggi per quale motivo devono pagare le tasse a Roma, e non a Vienna. Guarda il passato per criticare il presente, senza dubbio. Ma dove sarebbe il problema? Non è forse utile leggere la storia per capire il nostro tempo? I due studiosi evocano controverse questioni di metodologia, ma le loro parole lasciano perplessi: specie pensando che per Benedetto Croce ogni storiografia è contemporanea, dato che il passato ci interessa in quanto esso ha di tuttora vivo.
Una cosa non viene detta da Saletti, né da Melotti: che Beggiato racconti falsità. Il libro, in effetti, è inattaccabile e il plebiscito fu un inganno da ogni punto di vista. Non fu garantito l’anonimato, votarono soggetti che non ne avevano titolo (i soldati italiani di stanza in Veneto, ad esempio) e, soprattutto, i dati resi noti non possono corrispondere ai voti reali. È significativo che gli storici «accademici» nulla contestino, sul piano dei fatti, a quanto Beggiato afferma, né difendano la regolarità del referendum: anche perché si renderebbero ridicoli. Di fronte a risultati ufficiali che parlano di 647.246 voti favorevoli e solo 69 voti contrari (l’equivalente del 99,9%), chi conosce cosa sia l’errore statistico sa che l’annessione del Veneto all’Italia fu costruita su un imbroglio.
Un argomento è usato dai due storici contro il volume di Beggiato: ed è la decisione della Regione di regalarlo alle biblioteche del Veneto, anche scolastiche. La critica potrebbe avere una sua plausibilità (può un ente pubblico sostenere un’iniziativa culturale di parte?) se solo non sapessimo che le scuole pubbliche sono «apparati ideologici di Stato», per usare la formula del marxista Louis Althusser: sono da sempre realtà schierate a difesa del potere vigente e delle sue retoriche (dal Risorgimento alla Resistenza, dall’ecologia all’Europa, dalla solidarietà alla legalità). È allora soltanto positivo che una pecora nera come Beggiato trovi spazio tra tante pecore bianche, che belano tutte nello stesso modo.
È poi interessante rilevare come per Melotto il referendum fosse sì ridicolo, ma perché tale doveva essere: «L’annessione fu decisa dal punto di vista diplomatico», dato che «il plebiscito serviva a sancire una situazione di fatto». Fu insomma una truffa, come dice Beggiato, ma «non può essere definito scandaloso questo modo di procedere perché nell’800 era la diplomazia a prendere le decisioni, non il popolo».
Per Melotto non ci si deve proprio scandalizzare se nell’Ottocento la gente non contava e neppure a questo punto se in varie parti del mondo c’era ancora la schiavitù. Se però i veneti conoscessero meglio la loro storia, forse anche certa retorica nazionalista avrebbe assai meno presa. E questo sarebbe solo positivo.

13 Commenti

  1. Già: perchè i veneti devono pagare le tasse a Roma e non a Vienna ? In fondo, come tutti sanno, Goldoni scriveva in tedesco, Ippolito Nievo combattè a Solferino contro i piemontesi, nel 1848 Venezia insorse contro Carlo Alberto in favore del Metternich e i due Bandiera lottavano in nome di Franz Joseph. Stonano un po’ nel quadro i 150 veneti che parteciparono alla spedizione garibaldina: ma, si sa, quelli erano mercenari.
    Certo il plebiscito del 21 ottobre 1866 non si svolse con i criteri oggi riconosciuti necessari: ma non ricordo esattamente – spero qualcuno provveda – i risultati del plebiscito per il passaggio del Veneto sotto il dominio austriaco.
    Non è invece ben chiaro cosa c’entri la Sinistra di oggi in questa vicenda. La guerra del 1866 fu condotta da un governo voluto da Vittorio Emanuele II, presieduto da Bettino Ricasoli, che aveva come capo di stato maggiore La Marmora e fu presentata dalla Destra storica prima, e poi dalla destra politica italiana in tutte le sue sfumature come terza guerra d’indipendenza nazionale. Se una tradizione politica si vergogna della propria storia in nome di alcuni posti di potere, il problema non riguarda la storia di ieri ma piuttosto quella di oggi e di domani.

  2. Sembrerebbe per l’autore del pezzo che la destra di oggi debba essere per forza austriacante o antiunitaria.Altro esempio di becero localismo finanziato da enti che per ora fanno parte dello Stato italiano.

  3. come viene ormai da molti riconosciuto il Risorgimento è stato molto mitizzato. In realtà è stato un processo storico portato avanti da una ristretta elite massonico-finaziaria a cui si è appoggiato, per ragioni dinastico espansioniste, Casa Savoia con l’aiuto del Gran Maestro di Loggia Garibaldi. L’appoggio popolare è stato molto relativo e spesso anche contrario, vedi rivolte nel Meridione ma anche al Nord, per le tasse odiose, come quella sul macinato, la leva obbligatoria,la soppressione delle autonomie locali e i duri provvedimenti anticattolici. Sono cose che già allora personaggi come Gramsci avevano evidenziato.
    Che oggi esponenti vicino alla Sinistra si scandalizzino tanto di ciò e difendano il processo unitario, così come si è sviluppato (compreso i referendum truffa assai poco democratici), dimostra la totale confusione ideologica in cui è caduta questa parte politica. Tanto che è passata dalla lotta al Capitale all’amicizia con i poteri bancari, dai diritti degli operai a quelli dei transessuali, dalla dura opposizione alla società americana, dove basta pagare e si compra tutto compreso un bambino, alla scoperta di un improvviso amore per gli USA. E la Russia, la sua cultura e la sua letteratura. Per la sinistra odierna, mai esistita o conosciuta … l’importante però è rimanere antifascisti anche se Mussolini è morto da quasi un secolo …

  4. Dalla gran massa dei ferragostani di ritorno, incattiviti dalle bollette da pagare e dai colpi di sole, è rigurgitata l’ormai putrefatta schiuma anti-risorgimentale.
    Il Regno delle due Sicilie e il Veneto indipendente (con eventuale corollario di Trieste indipendente, e perchè no, dell’indipendenza di tutte le contrade d’Italia, compresi Orgosolo, Capraia e San Martino Buon Albergo che non vedo perchè non dovrebbero avere pur loro la loro bella indipendenza) si danno il cambio per non tediare i telespettatori di questa telenovela che riprende le sue trasmissioni dopo la pausa estiva per bocca nientemeno del professor Carlo Lottieri, cui io a suo tempo dedicai un articolo intitolato “Uomini nuovi”. Sperai allora non dico di guarirlo, ma perlomeno di lenire l’insopportabile spina nel fianco che da anni lo tormenta: l’Unità d’Italia. Può essere l’Unità d’Italia una malattia che cagiona dolore e non dà pace ovunque ci si giri? Sissignore, e il professor Lottieri ne è un esempio vivente, che l’Italia unita è per lui una fissa, un flagello della carne e dello spirito, un’esasperante ossessione cui non trova antidoto se non nel continuamente vagheggiare la divisione, lo spezzettamento, lo smembramento e la vanificazione della penisola.
    Che il plebiscito del Veneto del 1866 fosse una truffa l’avevamo già sentito dai leghisti che in fatto di conoscenze storiche enciclopediche e bibliografiche primeggiano, e infatti il signor Beggiato, autore del libro che Lottieri esalta, dovrebbe essere uno di quelli. Senonchè il plebiscito-truffa è favoletta vecchia come quella delle piastre d’oro turche a Garibaldi, dell’invasione dei perfidi piemontesi, e di Maria Sofia che sfida impavida le bombe sugli spalti di Gaeta. Favolette a cui un certo numero di ingenui tuttavia crede, finti o vero che siano: ingenui che configurano ormai un caso umano per non dire pietoso.
    Per il resto, non sarò certo io, dal modestissimo scranno della mia scrivania, a spiegare la Storia -in particolare quella del plebiscito del Veneto- a un professore come Lottieri, titolare di due o tre cattedre universitarie.
    Maria Cipriano

  5. Signor Carlo Martesi, le ha mai detto l’uccellino che il Risorgimento fu costellato di rivolte e insurrezioni di tutti i tipi, non di rado molto cruente, e che la tassa sul macinato preesisteva al Regno d’Italia? Nello Stato Pontificio, per esempio, la tassa sul macinato era doppia: una era la normale tassa, l’altra era quella che gravava per pagare la tassa sul milione, cosiddetta, con cui il “pacifico” staterello del Papa doveva garantirsi annualmente un milione di scudi per le spese militari e il mantenimento di un esercito di mercenari stranieri.
    Favorisca poi raccontarci qual’era la “ristretta” elite massonica-finanziaria che architettò il Risorgimento: così ristretta che arrivò fino a Trieste, a Zara, in Dalmazia, nelle isole Egadi, a Zoldo in Cadore, e in ogni sperduto angolo della penisola.
    Se l’appoggio della popolazione fu “relativo”, si degni di spiegarci come mai tutte le valli del Cadore si sollevarono contro gli austriaci, come mai perfino i Ticinesi, che appartenevano a un altro Stato, parteciparono attivamente al Risorgimento e morirono per esso, come mai Venezia resistette compatta, nello sbalordimento di mezzo mondo, a mesi di assedio, e come mai Garibaldi, nella sua seconda venuta in Sicilia, raccolse oltre 4ooo volontari per l’impresa di Roma, in mezzo a folle entusiaste.
    Lei vive in un mondo di perfette credulonerie mediatico-editoriali che in questi tempi infelici e confusi non fanno che accrescere la “negatività” che aleggia su questa povera Italia per la quale allora morirono eroicamente italiani di ogni età, ceto e provenienza cui voialtri non siete degni neanche di sciogliere i calzari.
    Maria Cipriano

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