Home Stampa italiana 2 Giulio Bedeschi, “le gavette” di un repubblichino

Giulio Bedeschi, “le gavette” di un repubblichino

Perché “Centomila gavette di ghiaccio”, uno dei maggiori bestseller del XX secolo, la testimonianza capolavoro scritta da Giulio Bedeschi sulla ritirata di Russia, venne pubblicato soltanto nel 1963 da Mursia dopo aver ricevuto ben sedici rifiuti editoriali? Insensibilità e scarsa professionalità degli editori che non annusarono la qualità di un libro che avrebbe venduto ben quattro milioni di copie? Oppure c’era un altro motivo dietro quei rifiuti?

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di Dino Messina da La Nostra Storia del 24 aprile 2012

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Probabilmente un motivo c’era ed era politico. Aveva a che fare con il passato fascista e repubblichino di Bedeschi, che aveva aderito alla repubblica di Salò tanto da essere nominato nel marzo 1944 Reggente della Federazione dei fasci repubblicani di Forlì. Un’adesione convinta quella di Bedeschi, che ancora il 26 aprile 1945 si trovava a Thiene, nel Vicentino, dove aveva comandato operazioni di rastrellamento dei partigiani.

Del periodo “nero” non c’è traccia nei libri autobiografici del medico-scrittore, e ancora alla sua morte, nel 1990, la moglie, interpretando le volontà del marito, disse che i tempi non erano maturi per scoprire un velo su quel periodo. Non solo Gunther Grass, dunque, non solo lo storico Roberto Vivarelli, ma anche Giulio Bedeschi hanno preferito tenere segreta quella loro esperienza a fianco del nazifascismo che è poi trapelata o per diretta confessione, come nel caso di Vivarelli, che nel 2000 pubblicò per il Mulino le memorie “La fine di una stagione”, o per ricerche di studiosi. E’ il caso di Bedeschi, cui Benito Gramola qualche tempo fa dedicò il volume “La 25 Brigata nera Capanni e il suo comndante Giulio Bedeschi” (Cierre edizioni). Le notizie contenutte nel volume di Gramola trovano conferma nei documenti pubblicati da Ludovico Galli in “Relazioni e appunti della Repubblica sociale italiana. Brescia 1943.1945”, tra cui figurano come racconta Roberto Beretta su “Agorà” di “Avvenire” foto in cui Bedeschi passa in rassegna le milizie e due lettere a Mussolini del marzo 1945 in una delle quali Bedeschi chiede “l’ambitissimo privilegio di poter portare sul petto la M d’onore del Duce”.

Forse è vero quanto scrisse Carlo Mazzantini dopo le rivelazioni su Gunther Grass: che se la giovanile adesione al nazismo del Nobel tedesco fosse venuta prima, Grass non avrebbe avuto il sucesso che ha avuto, o forse avrebbe to maggiori difficoltà a superare l’ostracismo contro chi proveniva da determinate esperienze. Di certo nel dopoguerra ci fu (comprensibilmente e giustamente) il rifiuto di un certo tipo di cultura e di politica. Ma con esso si persero brandelli di verità. L’umanissimo sottotenente medico Italo Serri, alter ego di Bedeschi, sarebbe stato così amato da milioni di italiani di ogni credo politico se avessero conosciuto il passato “nero” dell’autore?

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Inserito su www.storiainrete.com il 25 aprile 2012

4 Commenti

  1. Il caso di Bedeschi è interessante e tutt’altro che isolato. Scrive Luigi Mascheroni su “Il Giornale” di oggi, 25 aprile 2012,: “Di quanti combatterono sotto le bandiere di Salò – molti diventeranno poi intellettuali e uomini di spettacolo famosi come Marcello Mastroianni, Giorgio Albertazzi, Marco Ferreri, Walter Chiari, Ugo Tognazzi, Roberto Vivarelli, Hugo Pratt, Giovanni Comisso, Dino Buzzati, Mario Sironi, Alberto Burri, Ernesto Calindri, Carlo D’Apporto, Enrico Maria Salerno… – furono pochi coloro che rivendicarono il proprio passato. Tanti dopo il 25 aprile e la Liberazione, preferirono cancellarlo. Dalla propria vita e dall’altrui ricordo”.

    L’elenco di Mascheroni andrebbe integrato almeno con i nomi di Raimondo Vianello, con quello di Cesare Pavese (i cui turbamenti pro RSI fecero tanto discutere a inizio anni Novanta per poi essere completamente “dimenticati”) e con quello di Aldo Fabrizi che non so se aderì alla RSI ma certo non nascose mai fino alla fine le proprie “Simpatie”. Quanti comici attratti dal “Male Assoluto”…

  2. Senza dubbio,anche se avessero saputo che Bedeschi aderi alal RSI avrebbe avuto lo stesso successo. Nonostante l’ostracismo e l’idiozia degli antifascisti mestieranti. Giä. Gli antifascisti di mestiere. La razza piu’ infame e bastarda che -purtroppo- il fascismo ha prodotto. Ne volete la prova? Provate a leggervi un libello che fu dato alle truppe di inasione Alleate (specialmente inglesi) che sbarcarono in Sicilia il 10 luglio 1943 “Guide to Sicily”. E’ intitolato “Guide to Sicily”, main realtä poteva pure intitolarsi “Guide to Italy”. C’è un capitolo riservato alla classe intelletuale italiana che ü tutto un programma. Leggetelo se potete.Inviterei la gentile redazione di “Storia in rete” di riprodurlo..Molto significativo.Gli Alleati avevano giä da tempo capito che siamo un popolo di puttane, pronti a venderci al miglior offerente. Purtroppo fu (ed é) ancora cosi. E i risultati si vedono (salvo per chi fa comodo fare come lo struzzo).

  3. Caro Ubaldo Croce, non sono assolutamente d’accordo con la filosofia che traspare dalle tue parole. Se c’è un vizio italiano è quello di sparlare di se stessi, di noi come Nazione, facendo leva sulle debolezze di alcuni (tanti o pochi poco importa). E’ una specie di razzismo al contrario che trovo odioso e che “Storia In Rete” vuole combattere sin dal primo numero mostrando le cose belle e i tanti italiani da cui tutti dovremmo e dovrebbero prendere esempio. Poi gli “antifascisti di professione” (ma ci sono anche i “nemici della Mafia” di professione; i “denigratori del proprio Paese” di professione; gli esterofili di professione; i faziosi di professione… L’elenco è infinito. Guardiamo piuttosto ai nostri meriti che non son né pochi né di data recente. E su questi costruiamo un pezzo d’Italia per bene che si aggiunga agli altri pezzi d’Italia per bene che ci son sempre stati.

  4. Caro Fabio,
    sono piu’ che d’accordo che in Italia ci sono tanta bravissima gente ( comunemente parlando). Io stesso ho girato l’Italia in lungo ed in largo e l’ho constatato di persona. Sugli antifascisti di professione ribadisco a caratteri di scatola cio’ che ho già scritto. E su questo ( dato gli enormi fatti) c’è poco da dire e da fare. E non si tratta nè di razzismo al contrario e nè di razzismo dritto. Certe cose sarebbe ora di cantarle chiare. E senza pietà visto i danni che essi hanno prodotto. Leggasi a tal riguardo il significativo discorso che fece il filosofo di simpatie liberali Benedetto Croce ( che non è stato un mio parente)il 27 luglio del 1947,quando l’allora provvisorio governo di De Gasperi (Degasperi nei documenti austriaci)fu costretto a far rattificare quel cappio al collo -che ancora oggi il dormiente popolo italiano paga- che è il diktat ( e non trattato di pace) che le Potenze Alleate vincitrici della II Guerra Mondiale imposero all’Italia il 10 febbraio 1947 in quel di Parigi.Attenzione. Quel diktat è tutt’ora valido,perchè nessun governo di quest’Italia di servi,”felici” di stare in un gabbia dorata stracolma di debito pubblico,ha mai denunciato. Sarebbe il caso caro Fabio che STORIA in Rete lo facesse conoscere ai tanti ignari lettori i punti di quel diktat. Una rinfrescatina sarebbe solo salutare. Almeno qualcuno comincerà ad aprire gli occhi…I nemici della Mafia ( quelli veri) non sono di professione caro Fabio. Non hanno nemmeno il tempo di esserlo. L’Italia antifascista nata dalla “Resistenza” li spedisce subito in Sicilia a farli accoppare. I casi del Prefetto Della Chiesa,dei giudici: Livatino,Falcone,Borsellino etc.quasi tutti siciliani,sono li a farci capire come vanno le cose in quest’Italia antifascista,senza piu’ alcuna sovranità,messa proprio dall’antifascismo di mestiere in un’angolo dalla storia,in mano a delinquenti criminali- ladri patentati.E il povero popolo italiano ( è il caso di sottolinearlo) ancora subisce impotentemente. E purtroppo dorme ancora pericolosamente,inconsapevole della sua prossima scomparsa se non si ridesta dal pericolosissimo sonno in cui è caduto. Altro che “filosofia” che traspare dalle mie parole..!!! Qui c’è veramente da arrabbiarsi (per non dir di peggio)in maniera estrema.Infine,come ho soprascritto,proprio i siciliani,posti nelle piu’ alte istituzione della Giustizia hanno pagato un tributo di sangue altissimo per la loro tenace lotta alla mafia e delinquenze varie che le autorità italiane dal secondo dopoguerra ad oggi ha prodotto (vedasi le polemiche non ancora del tutto sopite delle trattative tra mafia e stato…). Io ho amici siciliani e conosciuto tantissime persone di quella bellissima e ricchissima ( anche se tenuta povera)Isola.Ebbene. Posso dire che essi NON sono affatto mafiosi. Ho conosciuto siciliani (tanti)onestissimi e super generosi.Vogliono lavorare,vogliono vivere e prosperare in pace e onestamente. Ma ancora oggi,dai tempi del Prefetto Cesare Mori aspettano che qualcuno ( il governo)li aiuta nella loro sentita lotta di civiltà.Ma invano…
    Cari saluti.
    Ubaldo Croce

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