.
di Eugenio di Rienzo da “Il Giornale” del 20 giugno 2011
.
La parte più innovativa di questa indagine è comunque dedicata, a quello che tradizionalmente è stato definito il proditorio attacco dell’Italia alla Francia già sconfitta dall’impeto dell’offensiva nazista. Che le cose non siano andate così e che il «tradimento» italiano, nel giugno 1940, debba essere considerato una vera e propria leggenda storiografica lo dimostra il saggio di Emilio Gin. Dopo l’accordo di Monaco del 1938, i rapporti tra Roma e Parigi divennero per Mussolini il banco di prova su cui saggiare le possibilità d’intesa con l’Inghilterra e l’occasione per rafforzare la sua capacità di manovra nei confronti del Reich. Il crescente espansionismo tedesco orientò però la Francia ad arroccarsi in una miope difesa dei suoi interessi strategici. Questa posizione di chiusura rese impossibile la distensione con l’Italia fascista nonostante le pressioni del premier inglese Chamberlain su Parigi per convincerla ad assecondare le richieste di Palazzo Venezia che non puntavano alla riconquista di Nizza, Savoia, Corsica e all’annessione della Tunisia ma soltanto a ottenere un riequilibrio dei rapporti di forza nel Mediterraneo. In questo modo, l’ostinata intransigenza francese vanificò l’azione diplomatica italiana, rendendo inefficaci le manovre di Mussolini per agire in senso moderatore nei confronti di Hitler.
Persino dopo la fine della non belligeranza, il tentativo del Duce di continuare a giocare un ruolo di mediazione si rifletteva nelle regole d’ingaggio stabilite dagli Stati maggiori italiani. Gli ordini che vietavano alla Regia Aeronautica di violare lo spazio aereo dell’Esagono, anche al solo scopo di ricognizione, e quello impartito alla Marina di impegnare il combattimento con le forze navali francesi, unicamente in caso di attacco avversario, appaiono comprensibili solo tenendo presente la volontà di condurre una «guerra simulata» al fine di giungere rapidamente a una soluzione negoziale. D’altro canto la stessa preparazione diplomatica dell’intervento avvenne secondo modalità del tutto inusuali. Come risulta dai documenti diplomatici francesi, Ciano, già alla fine di maggio, anticipò agli ambasciatori alleati e persino a quello statunitense che la decisione di Mussolini di scendere in campo era ormai irrevocabile, con una settimana di anticipo, quindi, rispetto all’apertura delle ostilità.
L’anomalia senza precedenti di una «dichiarazione di guerra a termine», come fu definita dall’ambasciatore francese François-Poncet, indica, senza margini di equivoco, che l’aggressione contro la Francia, lungi dal configurarsi come una vile «pugnalata alla schiena», deve essere letta come l’estremo sforzo di assicurare all’Italia un ruolo di media Potenza, compatibile con il mantenimento in vita dell’equilibrio internazionale. Obiettivo che l’umiliante armistizio firmato, il 22 giugno, dai rappresentanti del governo Pétain con i plenipotenziari tedeschi avrebbe irrimediabilmente compromesso.
______________________
Eugenio Di Rienzo è stato intervistato sul numero di Storia in Rete di aprile a proposito delle questioni storiche italo-francesi, disponibile come arretrato e in PDF