di Daniele Sparisci da 6 Gradi – Corriere della Sera Blog
La macchina del tempo è stata messa in moto dal Museo nazionale della Grande Guerra di Meaux insieme a un gruppo di storici e un’agenzia pubblicitaria. Per raccontare la Francia di cent’anni fa attraverso le parole, o meglio i post di Leon- il nome è di fantasia ma le vicende storiche sono tutte ampiamente documentate da immagini d’epoca- e spiegare sopratutto ai più giovani cos’è stato quel conflitto per l’Europa. Senza censure. Non dalle pagine di un libro di storia né da mappe e ricostruzioni, ma da un profilo “vivo” sul più popolare dei social network aggiornato per dieci mesi. Un modo diverso per provare a catturare l’attenzione dei più giovani, spiegano in Francia. Ha funzionato? Dai numeri sembrerebbe proprio di sì: quasi 60 mila “Mi piace”, migliaia di commenti per ogni post pubblicato dalla linea del fronte. Nel frattempo le visite al museo di Meaux sono aumentate del 45%.
Al centro della storia, la vita di trincea fra topi e cadaveri ovunque, il sibilo cupo delle granate tedesche, il silenzio raggelante di un villaggio raso al suolo dall’artigieria. E qualche raro momento di spensieratezza con i commilitoni pensando al prossimo permesso in attesa di riabbracciare Madeleine.
Come nelle pagine firmate da Erich Maria Remarque nel memorabile “Niente di nuovo sul fronte occidentale”, l’ insegnante Leon è testimone della fine del “vecchio mondo” in un crescendo di terrore e devastazioni, sin dall’attentato all’arciduca d’Asburgo Francesco Ferdinando a Sarajevo. Fino all’epilogo tragico con le lettere di Madeleine senza risposta, nel mondo moderno di Facebook sostitute da post sulla bacheca a cui Leon non può replicare perché caduto in combattimento. Una storia che ha commosso chi l’ha seguita e probabilmente non erano lacrime virtuali.
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