Home XX secolo Documentari in Tv. Su RaiTre “D-Day. I giorni decisivi”

Documentari in Tv. Su RaiTre “D-Day. I giorni decisivi”

Settant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale: un evento che ha segnato profondamente il Novecento e che Rai3 ricorda con “D-Day. I giorni decisivi”, il nuovo programma condotto in studio da Tommaso Cerno, giovane direttore del “Messaggero Veneto” e firma de l’Espresso, in onda da venerdì 27 marzo alle 21.05. Quattro puntate – interamente prodotte con risorse interne Rai, in sinergia tra la struttura Cultura e Storia di Rai3 e il Centro di Produzione Tv Rai di Milano – per rileggere momenti, snodi, aspetti poco noti della secondo conflitto mondiale. A partire – il 27 marzo – dagli ultimi giorni di vita di Hitler e Mussolini e analizzare, poi, altri “giorni decisivi”: dall’estate del 1943 agli italiani in guerra, fino alle armi “segrete”.

da ilVelino/AGV NEWS del 24 marzo 2015

Un racconto arricchito – puntata dopo puntata – dalla presenza di storici e studiosi di assoluto valore, con preziosi testimoni dei fatti e con commentatori all’apparenza “eccentrici” ma capaci di proporre nuovi spunti di riflessione. Ospite fisso, invece, Paolo Mieli che aiuterà a capire e a sciogliere i nodi più ingarbugliati della Storia. E non mancherà – in questo lavoro di scavo e di riscoperta – anche un “Inviato nella storia”, Fabio Toncelli, che andrà fisicamente in luoghi fortemente simbolici di quanto raccontato in studio, luoghi che però la Storia stessa nel suo impietoso trascorrere a volte ha cancellato, come nel caso del bunker di Hitler sotto la Cancelleria. “’D-Day. I giorni decisivi’ perché siamo convinti – dicono gli autori – che ci sono dei momenti di svolta, giorni in cui la Storia prende una direzione diversa, inaspettata anche agli stessi protagonisti dei fatti. Questi sono i momenti che vogliamo scandagliare il più possibile e raccontare il meglio possibile. Ieri ma anche oggi: ‘D-Day. I giorni decisivi’ avrà anche la pretesa di ragionare su come, quanto e perché molti di quegli avvenimenti avvenuti settanta anni prima possono essere letti e interpretati utilmente per capire un po’ di più di noi e del nostro tempo”.

Primo appuntamento venerdì 27 marzo con ‘Hitler e Mussolini. Appuntamento con la morte’, un dettagliato countdown degli ultimi giorni di vita del Führer del nazismo e del Duce del fascismo. Obiettivo, poi, su uno dei momenti cardine della storia della Seconda Guerra mondiale ovvero ‘Quell’estate del ’43’, i mesi cruciali che vanno dalla riunione del Gran Consiglio alla liberazione di Mussolini dal Gran Sasso. La terza puntata sarà, invece, dedicata al racconto dell’Italia in guerra – con tutto il suo carico di faciloneria e arroganza – ma anche degli atti di eroismo, del mito a volte vero a volte consolatorio di ‘italiani, brava gente’ e, infine, delle sofferenza subite dai civili quando l’Italia diventa essa stessa un campo di battaglia. Nell’ultima puntata si parlerà delle armi segrete vere o presunte, quelle che sono state in grado realmente di incidere sull’andamento della guerra e quelle propagandate solo a uso e consumo del fronte interno.

5 Commenti

  1. Programma molto interessante per far conoscere la storia a noi italiani tanto ignoranti in materia. Spero che il suddetto programma venga seguito da tanti utenti. Queste trasmissioni mi rendono contenta di pagare il canone. Grazie

  2. Una trasmissione decisamente mediocre e superficiale purtroppo. Tra tante cose che c’erano da dire la si è buttata un po’ sul melò e un po’ sullo psicologismo. Roba da dispense di Enzo Biagi degli anni Sessanta…

  3. Le capacità stimolative e culturali della scienza e della Storia sono inversamente proporzionali alla televisione italiana, pubblica e privata.
    Fortuna che ho visto solo pochi minuti: siamo al medioevo della conoscenza. Anzi all’età prediluviana (ed anche qui i medievalisti o gli studiosi delle epoche prebibliche si risentirebbero). Veramente pietoso e deprimente lo “spettacolo” andato in onda ieri sera su Raitre. Continuano a pagare cachet assurdi a gentarella che può andare da Giletti o da Bruno Vespa a fare caciara. Un analfabeta del Burundi credo che avrebbe sicuramente più profondità intellettuale dei vari e convinti conduttori, pennivendoli telecratici inqualificabili cui viene demandato su networks pubblici e privati il compito di “educare” la massa di pecore che li ritiene competenti.

  4. La morte di Benito Mussolini è legata indissolubilmente al Carteggio: serie di carte e documenti che Mussolini stesso, dal ’40 al ’45, intrattenne con Downing Street (Winston Churchill). Se studiato a fondo, tale carteggio rivelerebbe il vero perchè dell’entrata in guerra dell’Italia e chiarirebbe i fatti oscuri di Dongo e del lago di Como, dove sono ancora da chiarire i rapporti tra l’OSS – che prese accordi con Junio Valerio Borghese affinchè si salvasse – il gruppo Vega e la X Flottiglia MAS. La Gladio del Lago. La vicenda del Carteggio trova conferma in 2 testimonianze essenziali, che in Italia nessuno pare abbia voglia di analizzare o divulgare. I prezzolati presentatori di queste trasmissioni non sanno nulla di tutto questo, continuano a credere alla favoletta di Walter Audisio. Nessuno ieri ha citato la pista inglese, eppure ci sono prove BEN EVIDENTI. Una vergogna questo oscurantismo.

  5. L’assenza di una figura politica di riferimento serio, dopo la morte di Bettino Craxi (che fornì libertà di atmosfera a Renzo De Felice ed alla sua scuola), le morti di Cossiga ed Andreotti (che negli anni ’50 aveva avallato l’autenticità delle lettere di Grandi e Badoglio), la pochezza storico-politico-mediatica di Berlusconi (una vera mezza calzetta in ambito di valutazione storico-postideologica nella scelta dei policy planning staff) ormai in fase di smobilitazione, aprono il campo alla chiamata alle armi, da parte della storiografia militante catto-comunistico-oscurantista, di tutti coloro che vogliono spazzare via 30 anni di studi revionistici defeliciani. La frettolosa, pressapochista e superficiale copertura fornita da Sergio Romano e Paolo Mieli alle tesi ridicole di Mimmo Franzinelli, colle sue strampalate asserzioni sul “carteggio falsificato”, è un segnale evidente di tale deriva apologetico-resistenzialista da parte del sistema mediatico editoriale in auge per il grosso della opinione pubblica(ta) italiota. “Il carteggio Churchill-Mussolini va demolito prima possibile”. Tale è il segnale, il mandato conferito da qualcuno in alto. Che fa il paio con l’accordo dell’ANPI col governo Renzi per ripulire e normalizzare l’insegnamento della storia contemporanea nella scuola media e nei licei italiani. Le carte dei dossier cui Franzinelli e Mieli fanno riferimento (e documentazione inedita mai studiata da alcuno) non erano false a dispetto degli orecchianti che pappagallescamente belano in uno con Franzinelli e Mieli (che non le ha neanche studiate). Alberto Guareschi nel 2007 ci ha confidato che i servizi segreti italiani (SIFAR) avrebbero regalato-comprato per De Toma (allontanarlo dall’Italia era il loro mandato) un hotel a Petropolis (Brasile) per farlo stare zitto e lontano da giochi molto più grandi di lui. Cosa che Franzinelli accenna appena nel suo “Bombardate Roma”. Leggano documenti dei servizi americani e del Foreign Office e(se riusciranno a trovarli) perizie ed atti processuali del carteggio, gli epigoni di Franzinelli. Nel frattempo, immagino, Franzinelli & Co. scaricheranno altri veleni e falsità sugli studiosi seri sul carteggio. Si accomodino pure, colle loro reti di conoscenza nei rackets editoriali, universitari e mass-mediatici. Noi andremo avanti da soli. Senza curarci delle urla pecorine di chi ignora la Storia.
    Mi dispiace per Voi Paolo Mieli e Sergio Romano, perché prima di sposare una fonte “inconfutabile” e tuffarVi entusiasticamente su facili piste fasulle, avreste fatto bene a studiare le carte (processuali ufficialmente indisponibili) e decine di saggi sicuramente a Voi sconosciuti. Lo scrivente non scrive un libricino raffazzonato ogni 6 mesi come altri. Ma uno studio serio di 2mila pagine che concluderò a fine 2016. La Storia non si fa né in un salotto televisivo né in gruppo editoriale (RCS). Già il signor Indro Montanelli, colla sua “Stanza”, aveva dato un pessimo esempio. E l’industria culturale non è la Cultura.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Exit mobile version