Home In primo piano Dagli indiani ai maori: il libro nero dei genocidi del mondo libero

Dagli indiani ai maori: il libro nero dei genocidi del mondo libero

??????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????

Non solo gulag e lager: in un volume Leonardo Pegoraro racconta le politiche di sterminio di popoli attuate da Usa, Canada, Australia e anche Nuova Zelanda

di Luca Gallesi da Avvenire.it 11 settembre 2019

Il Novecento è stato spesso definito il “secolo delle idee assassine”, l’epoca delle “dittature spietate”, il periodo dei “totalitarismi omicidi” che hanno inventato i gulag e l’universo concentrazionario di Auschwitz, orrori figli delle dittature staliniste e hitleriane, fortunatamente sconfitte dalle democrazie liberali, che hanno liberato l’umanità, guarendola dal “male assoluto”.

Secondo la vulgata, mai prima della Rivoluzione d’Ottobre, né dopo la fine della Seconda guerra mondiale, si sono verificati crimini contro l’umanità paragonabili a quelli perseguiti dal Tribunale di Norimberga e da quello di Tokio che hanno individuato e condannato i responsabili di orrendi massacri, criminali che, per la prima volta, sono stati accusati di “genocidio”.

Lo stesso termine genocidio è piuttosto recente: è stato, infatti, coniato da Raphael Lemkin, un giurista polacco di origine ebraica, che, nel 1943, nel libro dedicato a Il dominio dell’Asse nell’Europa occupata, introduce questa parola nuova, che indica «la distruzione di una nazione o di un gruppo etnico», non necessariamente attuata tramite sterminio, ma perseguita anche tramite l’annientamento dei fondamenti della vita di gruppi nazionali. Possiamo, quindi, parlare legittimamente di genocidio quando si vuole eliminare l’identità di un popolo tramite la soppressione delle sue istituzioni sociali, politiche, religiose, aggredendo la dignità, la cultura e la salute degli individui appartenenti a tale gruppo etnico, nazionale o linguistico.

Partendo da questa premessa, il ricercatore Leonardo Pegoraro ha scritto un saggio lucido e documentato sui genocidi dimenticati o rimossi, che sono assai più numerosi, raccapriccianti ed estesi nel tempo di quanto possiamo immaginare. Il libro I dannati senza terra. I genocidi dei popoli indigeni in Nord America e in Australia (Meltemi, pagine 424, euro 24) dimostra come l’arcipelago gulag e i campi di concentramento tedeschi non sono né i primi né gli ultimi, e forse nemmeno i più terribili, esempi di genocidio.+

Come scrive Franco Cardini nella sua bella introduzione, si tratta di un libro coraggioso, «dove non si parla, ohimè, né di lager né di gulag; quel che vi si racconta non è stato causato né dai cupi miti del sangue e del suolo, né dalla cruenta utopia della società senza classi, ma tratta di quattro genocidi autentici (e praticamente quasi del tutto riusciti) volontariamente e sistematicamente praticati negli ultimi tre secoli da governi e società civili immersi nella più specchiata e irreprensibile temperie liberal-liberista: americani, inglesi, olandesi».

Parliamo, infatti, delle politiche di sterminio dei nativi attuate dagli Stati Uniti e Canada contro i nativi americani, dall’Australia contro gli aborigeni e dalla Nuova Zelanda contro i Maori. Se qualcosa dello sterminio dei cosiddetti “pellirossa” è affiorato negli ultimi decenni grazie a pellicole come Soldato blu o a libri come Seppellite il mio cuore a Wounded Knee, nulla si sa, invece, dei genocidi perpetrati contro gli abitanti dell’emisfero australe, vittime di persecuzioni anche peggiori di quelle subite dagli Amerindi.

Sarà per il fatto che in Australia, per mezzo secolo, vengono mandati i coloni più pericolosi (disertori, criminali e avventurieri) o forse perché, a differenza del Nuovo Mondo, quello australiano è colonizzato solo dai britannici, che l’Australia viene considerata “Terra Nullius”, ovvero una terra disabitata, a loro completa disposizione. Tanto per dare un’idea, nel 1794, il vicegovernatore del Nuovo Galles del Sud dà l’ordine ai soldati di «uccidere ogni indigeno, sparando a vista e usando qualsiasi mezzo per spazzarli via», sparando soprattutto contro donne e bambini, «che è il modo più efficace di liberarsi della loro razza».

Allo sterminio indiscriminato, i coloni britannici, come già fatto in America, affiancheranno politiche di eugenetica, con sterilizzazioni pianificate delle donne, affidi forzati dei bambini, separazione tra sessi per impedire la costituzione di famiglie e, dulcis in fundo, politiche di severa segregazione razziale. E non stiamo parlando dell’Ottocento: l’ultimo istituto australiano dove venivano “educati” i bambini aborigeni strappati alle loro famiglie chiude nel 1988.

Ma la loro tragedia – come quella dei nativi americani – non è finita: «È ancora in corso – denuncia una yamagee – una guerra contro gli aborigeni, anche se non è combattuta con le armi da fuoco o le coperte infettate di vaiolo. Hanno somministrato alle nostre giovani un contraccettivo che causa l’infertilità, e, quando devono partorire, le nostre donne subiscono un cesareo, e al risveglio scoprono le loro tube sono state chiuse o tagliate, impedendogli così di fare altri bambini».

Il libro è per stomaci forti: le descrizioni di massacri, torture, violenze e umiliazioni sono tratte da documenti raccapriccianti per la loro crudezza. Una lettura dolorosa, ma utile a confutare due pericolosi luoghi comuni: l’uomo non è naturalmente buono e il cammino dell’umanità non è indirizzato verso il Bene e il Progresso, che si sono dimostrati ingannevoli illusioni omicide.

51 Commenti

  1. Lo stesso “senso del ridicolo” che, fatte le rare e dovute eccezioni, ha permesso a moltissimi e illustrissimi “issimi” di riempire i libri di storia di ampollosa retorica e non di fatti reali. Si è riportato solo quello che poteva essere utile, sminuendo o peggio nascondendo ciò che avrebbe messo a nudo il vero volto del Risorgimento. Il revisionismo è la vera missione dello storico onesto, il resto è solo polvere destinata a disperdersi nell’oblio.

  2. Genocidio è tentare di distruggere (o anche semplicemente infangare) la memoria e la cultura di un popolo. Ancora oggi, illustrissimi partecipanti a questo forum scrivono che il Sud era ignorante ed analfabeta rispetto al Nord acculturato.
    Pino Aprile a tal proposito su “LIBRE – associazione di idee”, scrive:
    ”I libri di scuola (falsi, anche in questo) scrivono che il Sud aveva un analfabetismo all’87%. I dati emergono dal censimento del 1861, che è piuttosto farlocco.
    All’Istat rispondono che le schede originali si sono perse. E le schede originali del censimento del 1871? Smarrite pure quelle. Ma prendiamo per buono quel dato: 87 meridionali su 100 erano analfabeti, ma gli studenti universitari del Sud erano il doppio di quelli del resto d’Italia messo assieme. Il 100% degli studenti universitari italiani (non solo meridionali) studiavano fisica, chimica e scienze naturali a Napoli: fuori da Napoli, non lo si poteva fare. Quasi il 100% degli universitari italiani studiavano a Napoli medicina e chirurgia.”.
    Riflessione personale: ma prima di andare all’Università occorreva fare un corso di studi intermedio o no?
    Il vero problema, ancora una volta, sono le fonti. Manipolate, mistificate quando sono disponibili, introvabili o accessibili solo a pochi intimi come le serie G3 e G11.

  3. Il borbonismo raggiunge sempre nuovi traguardi. Oggi scopriamo che ricostruire gli esisti disastrosi della politica scolastica dei Borbone di Napoli (nel 1860 appena 67.431 alunni di scuola primaria nei domini al di qua del faro, contro i 302.372 della Lombardia e i 361.970 del Regno di Sardegna) “infanga” le vittime di quella politica, anzi costituisce addirittura “genocidio”. Questi personaggi dalle granitiche certezze fondate sul nulla sono veramente sorprendenti. Mi diverte poi che continuino a rispolverare Pino Aprile, malgrado anche alcuni di noi abbiano dimostrato che Aprile i fatti e i numeri li inventa (il regno borbonico che vende locomotive agli altri stati, le centinaia di migliaia di meridionali scomparsi e così via). Ancora più divertente è l’affermazione di Aprile sulla inattendibilità del censimento del 1861, che è proprio quello che i neoborbonici esibiscono, senza saperlo leggere, come prova per sostenere che c’erano più industrie e più operai nel regno di Ferdinando II che nel resto d’Italia. Quanto alle cifre sugli studenti universitari che potevano studiare solo a Napoli – e sarebbe interessante sapere quali sono le fonti di Aprile e dei suoi nipotini -, nell’anno accademico 1861-1862 questi sono i dati: Lettere e filosofia: Napoli, 1149; altre università, 135; Scienze matematiche fisiche e naturali, Napoli 2549; altre università, 1299; Materie giuridiche, Napoli, 2278; altre università, 2635; Medicina, Napoli 3483; altre università, 2010 (Raccolta di documenti relativi alla legge sulle tasse universitarie, Torino 1862, p. 2). Dove Aprile abbia imparato a calcolare le percentuali forse è meglio ignorarlo. Quanto al dato complessivo di Napoli, 9459 studenti nel complesso, è bene ricordare a chi non lo sa che quella università non richiedeva per iscriversi il superamento di alcun esame o l’attestazione di aver frequentato un regolare corso di studi, che il governo borbonico erogava per l’università napoletana – l’unica, è bene ricordarlo, dei domini peninsulari – circa ducati 34.000 ducati all’anno contro i 90.904,63 che vi spese il neonato regno d’Italia nel suo primo anno, e che, infine, una buona parte di quegli studenti erano semplici “uditori”, e non studenti a pieno titolo. Quanto alle fonti “manipolate” (esempi? Mai), capisco che a questi personaggi non interessino, visto che preferiscono inventarle.

  4. Mi scuso per il refuso sfuggito nell’intervento precedente. Ovviamente nella prima riga è da leggere “esiti” e non “esisti”.

  5. Diecimila studenti universitari solo a Napoli, contro i seimila nel resto d’Italia è l’unico dato certo ed incontrovertibile. Tutte le altre cifre e percentuali lasciano il tempo che trovano. Ovviamente questa realtà ad Augusto Marinelli risulta indigesta e in perfetto stile risorgimental-sabaudo si affretta ad inquinarla: Si, è vero che solo a Napoli c’erano diecimila iscritti, ma erano tutti asini e corrotti o nella migliore delle ipotesi “uditori”!…

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Exit mobile version