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Barbero: “Ma Fenestrelle non fu come Auschwitz”

Con un libro sui soldati borbonici prigionieri nel forte dei Savoia, Alessandro Barbero ha scatenato le proteste del Sud. Ora risponde a chi lo accusa.

di Alessandro Barbero da “La Stampa” del 21 ottobre 2012 

Nell’estate 2011 mi è successa una cosa che non avrei mai creduto potesse capitarmi nel mio mestiere di storico. In una mostra documentaria dedicata ai 150 anni dell’Unità mi ero imbattuto in un documento che nella mia ignoranza mi era parso curiosissimo: un processo celebrato nel 1862 dal Tribunale militare di Torino contro alcuni soldati, di origine meridionale, che si trovavano in punizione al forte di Fenestrelle. Lì avevano estorto il pizzo ai loro commilitoni che giocavano d’azzardo, esigendolo «per diritto di camorra». In una brevissima chiacchierata televisiva sulla storia della camorra, dopo aver accennato a Masaniello – descritto nei documenti dell’epoca in termini che fanno irresistibilmente pensare a un camorrista – avevo raccontato la vicenda dei soldati di Fenestrelle.

La trasmissione andò in onda l’11 agosto; nel giro di pochi giorni ricevetti una valanga di e-mail di protesta, o meglio di insulti: ero «l’ennesimo falso profeta della storia», un «giovane erede di Lombroso», un «professore improvvisato», «prezzolato» e al servizio dei potenti; esprimevo «volgari tesi» e «teorie razziste», avevo detto «inaccettabili bugie», facevo «propaganda» e «grossa disinformazione», non ero serio e non mi ero documentato, citavo semmai «documenti fittizi»; il mio intervento aveva provocato «disgusto» e «delusione»; probabilmente ero massone, e la trasmissione in cui avevo parlato non bisognava più guardarla, anzi bisognava restituire l’abbonamento Rai.

Qualcuno mi segnalò un sito Internet dove erano usciti attacchi analoghi; del resto, parecchie e-mail si limitavano a riciclare, tramite copia e incolla, dichiarazioni apparse in rete. Scoprii così che il forte di Fenestrelle – che la Provincia di Torino, con beata incoscienza, ha proclamato nel 1999 suo monumento-simbolo – è considerato da molti, nel Sud, un antesignano di Auschwitz, dove migliaia, o fors’anche decine di migliaia, di reduci meridionali dell’esercito borbonico sarebbero stati fatti morire di fame e freddo e gettati nella calce viva, all’indomani dell’Unità. Questa storia è riportata, con particolari spaventosi, in innumerevoli siti; esistono comitati «Pro vittime di Fenestrelle» e celebrazioni annuali in loro memoria; e al forte è esposta una lapide incredibile, in cui si afferma testualmente: «Tra il 1860 e il 1861 vennero segregati nella fortezza di Fenestrelle migliaia di soldati dell’esercito delle Due Sicilie che si erano rifiutati di rinnegare il re e l’antica patria. Pochi tornarono a casa, i più morirono di stenti. I pochi che sanno s’inchinano».

Superato lo shock pensai che l’unica cosa da fare era rispondere individualmente a tutti, ma proprio a tutti, e vedere che cosa ne sarebbe venuto fuori. Molti, com’era da aspettarsi, non si sono più fatti vivi; ma qualcuno ha risposto, magari anche scusandosi per i toni iniziali, e tuttavia insistendo nella certezza che quello sterminio fosse davvero accaduto, e costituisse una macchia incancellabile sul Risorgimento e sull’Unità d’Italia. Del resto, i corrispondenti erano convinti, e me lo dicevano in tono sincero e accorato, che il Sud fino all’Unità d’Italia fosse stato un paese felice, molto più progredito del Nord, addirittura in pieno sviluppo industriale, e che l’unificazione – ma per loro la conquista piemontese – fosse stata una violenza senza nome, imposta dall’esterno a un paese ignaro e ostile. È un fatto che mistificazioni di questo genere hanno presa su moltissime persone in buona fede, esasperate dalle denigrazioni sprezzanti di cui il Sud è stato oggetto; e che la leggenda di una Borbonia felix, ricca, prospera e industrializzata, messa a sacco dalla conquista piemontese, serve anche a ridare orgoglio e identità a tanta gente del Sud. Peccato che attraverso queste leggende consolatorie passi un messaggio di odio e di razzismo, come ho toccato con mano sulla mia pelle quando i messaggi che ricevevo mi davano del piemontese come se fosse un insulto.

Ma quella corrispondenza prolungata mi ha anche fatto venire dei dubbi. Che il governo e l’esercito italiano, fra 1860 e 1861, avessero deliberatamente sterminato migliaia di italiani in Lager allestiti in Piemonte, nel totale silenzio dell’opinione pubblica, della stampa di opposizione e della Chiesa, mi pareva inconcepibile. Ma come facevo a esserne sicuro fino in fondo? Avevo davvero la certezza che Fenestrelle non fosse stato un campo di sterminio, e Cavour un precursore di Himmler e Pol Pot? Ero in grado di dimostrarlo, quando mi fossi trovato a discutere con quegli interlocutori in buona fede? Perché proprio con loro è indispensabile confrontarsi: con chi crede ai Lager dei Savoia e allo sterminio dei soldati borbonici perché è giustamente orgoglioso d’essere del Sud, e non si è reso conto che chi gli racconta queste favole sinistre lo sta prendendo in giro.

L’unica cosa era andare a vedere i documenti, vagliare le pezze d’appoggio citate nei libri e nei siti che parlano dei morti di Fenestrelle, e una volta constatato che di pezze d’appoggio non ce n’è nemmeno una, cercare di capire cosa fosse davvero accaduto ai soldati delle Due Sicilie fatti prigionieri fra la battaglia del Volturno e la resa di Messina. È nato così, grazie alla ricchissima documentazione conservata nell’Archivio di Stato di Torino e in quello dello Stato Maggiore dell’Esercito a Roma, il libro uscito in questi giorni col titolo I prigionieri dei Savoia : che contiene più nomi e racconta più storie individuali e collettive di soldati napoletani, di quante siano mai state portate alla luce fino ad ora. Come previsto, si è subito scatenata sul sito dell’editore Laterza una valanga di violentissime proteste, per lo più postate da persone che non hanno letto il libro e invitano a non comprarlo; proteste in cui, in aggiunta ai soliti insulti razzisti contro i piemontesi, vengo graziosamente paragonato al dottor Goebbels.

Però stavolta c’è anche qualcos’altro: sul sito compaiono, e sono sempre di più, interventi di persone che esprimono sgomento davanti all’intolleranza di certe reazioni, che sollecitano un confronto sui fatti, che vogliono capire. Col mestiere che faccio, dovrei aver imparato a non farmi illusioni; e invece finisco sempre per farmene. Forse, dopo tutto, sta tramontando la stagione in cui in Italia si poteva impunemente stravolgere il passato, reinventarlo a proprio piacimento per seminare odio e sfasciare il Paese, senza che questo provocasse reazioni pubbliche e senza doverne pagare le conseguenze in termini di credibilità e di onore.

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Inserito su www.storiainrete.com il 22 ottobre 2012

65 Commenti

  1. La cosa che lascia esterrefatti è leggere i commenti dei sostenitori dei cosiddetti “lager”. I più sembrano degli invasati che non solo sostengono a piena forza la tesi del massacro, ma sembrano quasi “desiderarne” paradossalmente la veridicità. Ovviamente le fonti che portano sono sempre le stesse, per lo più decontestualizzate, e non si sognano nemmeno di verificarne la fondatezza o, quantomeno, il punto di vista.
    E questa è la cosa più smaccatamente incredibile: si dimostra fondatamente che il millantato massacro non è avvenuto, di fatto una notizia tutt’altro che negativa, e la reazione qual’è? Un’incazzatura generale!!
    E poi ci sono i soliti che continuano a chiedere dove sono finiti gli 8.000 uomini mancanti, un dato ricavato da chissà quali fonti. Ma perché non li cercano loro? Perché, una volta per tutte, non si danno da fare sul serio e ci presentano una documentazione con prove credibili?
    Il Prof. Barbero ha consultato solo archivi piemontesi? Bene, che i predicatori da strapazzo del fantomatico massacro – che mi ricordano tanto, nel dire e nel fare, certi movimenti complottisti ancora di grande attualità – ci portino i risultati delle “loro” ricerche nei “loro” archivi. Per ora siamo davanti ad una sorta di “professione di fede” buona solo per incantare gli ingenui.

  2. Caro Giuseppe sull’autorevolissima rivista “obiettiva” e moderata Focus Storia di dicembre nel presentare un “duello”Savoia contro Borbone che sarebbe Nord vs.Sud in un’ottica da stadio riduzionista e semplicistica oltre che falsa e miseranda, si citano tra i testi “sacri” da consultare imn merito il libro del neoborbonico Gigi Di Fiore e quello di Lorenzo del Boca ,ancora più fazioso del primo.Del Boca è leghista ed è stato presidente del Consiglio dell’Ordine dei gionalisti e anche della Fnsi per vent’anni.Poi viene citato Barbero che peraltro si è occupato solo di Fenestrelle.C’è un ‘intervista ad Alberto Mario Banti che comunque la si pensi non è certo fazioso come del Boca o Di Fiore.C’è spazio solo per opere recenti, di saggi storici decenti solo uno sull’economia postunitaria di Fenoaltea.Per il resto solo scandalismo Si dà spazio nel numero di gennaio ad un commento equilibrato che dice “sapientemente” che la camorra l’ha introdottta Garbaldi.Alla signora risponde Gigi Di Fiore…Peccato che esistono studi seri,e non di pennivendoli di potentati localistici.come Dickie o Barbagallo che informano che la camorra fosse già padrona delle carceri e di tanti affari loschi(giuoco d’azzardo,prostituzione,ecc)già con i “giustissimi”Borbone e molto prima dell’arrivo di Garibaldi.

  3. Ci risiamo! E’ tornato Ernesto (a Foria) con le sue ridicole tesi tra gli “studi seri (per lui) e i pennivendoli (sempre secondo lui)”. Poi ci parla della camorra (e forse qualche cosa di vero la dice)e ci rende noti che: “..i Dickie o Barbagallo che informano che la camorra fosse già padrona delle carceri..”. Appunto, delle carceri, quelle carceri dove i Borbone li avevano relegati.Al ns. caro Ernesto(a Foria anche se Calabrese) gli dico, perdi un pò del tuo “prezioso tempo”,vai su YOU Tube e cerca ” Garibaldi e la camorra” e vedrai che essa è stata “istituzionalizzata” dal più grande traditore che la storia annoveri: Liborio Romano.Al sign.Giuseppe (Riva),”innamorato” di Barbero (mi sembra di ricordare che c’era già un altro, Davide?,che voleva fondare un club “fans di Barbero”) gli chiedo, ma perchè me li devo cercare io gli 8000 “desaparecidos”? Non sono certo io un ricercatore, sono altri che si “pavoneggiano” da “ricercatori”, sono loro che ci debbono dire dove sono andati a finire. Certo, noi comuni mortali, leggiamo e leggiamo tutto quello che ci capita poi sta a noi saper “discernere”il vero dal “prezzolato” ( e di “prezzolati” ce ne sono molti): Ecco, ti allego un articolo che ho letto solo mezz’ora fa:

    LE VERITÀ NEGATE SU FENESTRELLE E SUI LAGER DEI SAVOIA

    di Ignazio Coppola*
    Il recente dibattito apertosi in seguito alla pubblicazione del libro di Juri Bossuto e Luca Costanzo “Le Catene dei Savoia”, con la prefazione di Alessandro Barbero a sua volta autore del libro “ I prigionieri dei Savoia – La vera storia della congiura di Fenestrelle”, merita una dovuta riflessione per il tentativo di costoro di negare terribili verità, sostenendo che Finestrelle non fu mai un lager dove, a differenza di quanto da loro sostenuto, subito dopo l’unità d’Italia furono deportati decine di migliaia di meridionali e fatti morire a migliaia in quella fortezza destinata, appunto, come tante altre del settentrione, alla deportazione dei prigionieri meridionali.
    Bossuto, Costanzo e soprattutto Barbero fanno parte di quella schiera di ricercatori o pseudo-storici che, ancora, non intendono arrendersi a quelle evidenze ed a quelle verità nascoste dalla storiografia ufficiale che, in questi ultimi tempi, puntigliosi e documentati storici e ricercatori stanno mettendo in luce.

    Negare, come fanno Barbero e Bossuto, che Fenestrelle non fu un vero e proprio Lager dove vennero deportati e fatti morire alcune migliaia di prigionieri meridionali è come negare la esistenza di campi di concentramento di Auschwichz e di Dachau dove, 80 anni dopo, nelle camere a gas vennero fatti morire milioni di ebrei.

    Migliaia di meridionali morti, scomparsi e sciolti nella calce viva nelle vasche ancora esistenti all’interno della fortezza di Fenestrelle ed è per questo che di tutti questi orrori non se ne trovano tracce negli archivi di Torino ed in cui Barbero e Bossuto sostengono di averle ricercate. Orrori come quelli degli ebrei uccisi molti anni dopo nelle camere a gas naziste. Razza inferiore i meridionali, teorizzata a quei tempi dalla scuola positivista del Lombroso, e razza inferiore quella ebrea teorizzata dalle teorie naziste dopo. Razze da umiliare, deportare e annientare. Le migliaia di deportati che entravano a Fenestrelle, come monito alla loro rieducazione ebbero il “ privilegio” di leggere una scritta:”Ognuno vale non in quanto è, ma in quanto produce”, simile a quella che centinaia di migliaia di deportatati, 80 anni dopo, ebbero l’analogo privilegio di leggere al loro ingresso nel campo di stermino nazista di Auschwitz: “ Il lavoro rende liberi”. Tragiche e terribili analogie e similitudini.

    Ancora oggi, entrando a Fenestrelle, su un muro è tuttora visibile quella triste e provocatoria iscrizione. Anche in questi propagandistici processi rieducativi si può, a buon diritto, dire che i piemontesi per massacri, eccidi e stermini perpetrati nei confronti delle popolazioni meridionali, furono a suo tempo, buoni maestri dei futuri nazisti.

    Di tutto questo i negazionisti Barbero e Bossuto se ne facciano una ragione. Si facciano una ragione che a migliaia e migliaia furono i deportati meridionali nelle carceri del Nord di cui Fenestrelle fu la punta dell’iceberg. Dal 1861, primo anno dell’Unità d’Italia, in poi, migliaia e migliaia di ex soldati del disciolto Esercito borbonico, di soldati papalini prigionieri, di contadini meridionali che i piemontesi definivano briganti, di prigionieri politici e renitenti di leva, di ex garibaldini dell’impresa di Aspromonte, tra cui alcune centinaia di siciliani, furono deportati nei lager del centro-nord e precisamente a San Maurizio Canavese, Alessandria, Milano, Genova, Bergamo, Bologna, Ascoli Piceno, Livorno, Ancona, Rimini, Fano, nelle isole dell’Arcipelago Toscano e della Sardegna ed in questo universo carcerario del nuovo stato italiano, il lager più importante e più tristemente famoso e temuto fu, appunto, quello di Fenestrelle, nell’alta Savoia.

    Fenestrelle, un’antica e inaccessibile fortezza sabauda a circa 150 chilometri da Torino, posta a più di 2mila metri d’altezza a protezione del confine sabaudo-piemontese fu, dunque, a partire dal 1861 il lager di Casa Savoia, la Siberia italiana, in cui non ci si fece scrupolo di deportare, senza soluzione di continuità, appunto ex soldati del disciolto Esercito del Regno delle Due Sicilie, papalini, pseudo briganti, prigionieri comuni e politici, donne e uomini di ogni provenienza in una promiscuità degna di peggior causa.

    Sulle condizioni e sul trattamento dei detenuti all’interno della fortezza di Fenestrelle, ne dà ampio e documentato conto, ove per loro conoscenza Barbero e Bossuto alla ricerca di documentazioni non lo avessero mai letto, un giornale piemontese dell’epoca “L’armonia”: “ La maggior parte dei poveri reclusi sono ignudi, cenciosi, pieni di pidocchi e senza pagliericci. Quel poco di pane nerissimo che si dà per cibo, per una piccola scusa si leva e se qualcuno parla è legato per mani e per piedi per più giorni. Vari infelici sono stati attaccati dai piedi e sospesi in aria col capo sotto ed uno si fece morire in questa barbara maniera soffocato dal sangue e molti altri non si trovano più ne vivi e ne morti. E’ una barbarie signori”.

    Un’altra testimonianza dello stesso tenore per ulteriore conoscenza dei tre negazionisti, è quella del pastore valdese Georges Appia che, nell’ottobre del 1860, e siamo solo all’inizio delle deportazioni, in visita al forte che già rigurgita di prigionieri meridionali, così ebbe a descriverli: ” Laceri, ignudi e poco nutriti appoggiati a ridosso dei muraglioni nel tentativo disperato di catturare i timidi raggi solari invernali, ricordando forse con nostalgia il caldo dei loro climi mediterranei”.

    Laceri, ignudi e malnutriti l’aspettativa di vita per questi poveretti era fatalmente ridotta al minimo. Furono migliaia i prigionieri e i deportati che entrarono a Fenestrelle e pochi quelli che ne uscirono vivi per gli stenti, la fame e le temperature rigide alle quali non erano abituati e alle quali, crudelmente (gli infissi nelle finestre delle celle deliberatamente erano stati tolti e vi erano solamente grate) furono sottoposti.

    In questa disperata situazione e al limite di ogni umana sopportazione, vi fu il 22 agosto del 1861 un tentativo di rivolta che, scoperto in tempo e ferocemente represso, portò all’inasprimento delle pene, per cui, da quel momento, la maggior parte dei deportati protagonisti della rivolta fu costretta a portare ai piedi ceppi e catene appesantiti da palle di 16 chili. Pochissimi, in quelle condizioni, riuscirono a sopravvivere e a chi non riusciva a farcela era riservato un particolare trattamento privo di ogni umana pietà.

    I cadaveri di questi sventurati, anziché essere seppelliti, venivano sciolti nella calce viva, in una grande vasca posta nel retro della chiesa che sorgeva all’ingresso della fortezza ancora oggi visibile. Una morte anonima, senza alcuna sepoltura ed alcuna lapide, perché non restasse memoria né traccia dei crimini compiuti dai civilissimi “piemontesi”.

    Ecco perché i nostri “eroi” Barbero, Bossuto e Costanzo non troveranno, come sostengono nelle loro, tra l’altro parziali ricerche, tracce delle migliaia di morti, limitandosi a dire spudoratamente che i morti alla luce delle loro ricerche furono solamente quattro. .

    Pochi, per i suddetti motivi, infatti furono i nomi annotati nei registri parrocchiali dei prigionieri meridionali morti a causa delle terrificanti condizioni carcerarie. E per questo, nei registri mancheranno le migliaia e migliaia di nomi di tanti anonimi sventurati, morti dopo inenarrabili patimenti di fame e di freddo e poi sciolti nella calce viva e dei quali non rimarrà più alcuna traccia. Sciolti nella calce viva con gli stessi metodi che, molti anni più avanti, userà la mafia per cancellare le tracce e la memoria delle proprie vittime. Anche per i mafiosi come per i nazisti gli italo–piemontesi di allora furono fulgidi esempi e buoni maestri per le generazioni di criminali a venire.

    Questo, dunque, il libro nero, mai scritto o scritto male ( come nel caso dei libri di Bossutto e di Barbero ), dei lager dell’Italia post-unitaria, degli scheletri nell’armadio e della cattiva coscienza del nostro Risorgimento che meritano, per quanto descritto e documentato, una profonda riflessione su una Unità che costò ai meridionali, come sempre, lacrime e sangue e che, se vogliamo giungere a una storia condivisa, è ormai, appunto, tempo che vengano tirati fuori dagli armadi questi scheletri e così liberare la cattiva la coscienza, rivelando verità storiche scomode da troppo tempo secretate, perché, alla luce di tutto questo, per le popolazioni del sud, Risorgimento equivale oggi, sul piano storico, morale e politico a “Risarcimento”. Il risarcimento di una verità storica che per 151 anni ci è stata negata e che Barbero e Bossuto continuano a negarci.

    Infatti le tesi spudoratamente negazioniste dei nostri eroi Barbero, Bossuto e Costanzo di certo non vanno nella giusta direzione della ricerca di una verità condivisa, ma in quella opposta di negare e dividere il paese.

    Stando così le cose, non ci resta che consigliare a Juri Bossuto, autorevole esponente di Rifondazione Comunista del Piemonte, di rileggersi, ove non lo avesse ancora fatto, quello che Antonio Gramsci, nel 1920 su “Ordine Nuovo”, ebbe testualmente a scrivere a proposito del brigantaggio, dei Savoia e dello stato italiano: “ Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e a fuoco l’Italia meridionale, squartando, fucilando e seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare con il marchio di briganti”. E furono molti di questi “contadini-briganti” meridionali, agli albori dell’Unità d’Italia, ad essere incarcerati assieme a tanti altri prigionieri per vari motivi, deportati e lasciati morire senza che ne rimanesse traccia, nei lager del settentrione e, in special modo, a Finestrelle.

    Infine ad Alessandro Barbero, emerito professore di studi medievali dell’Università del Piemonte Orientale, uno spassionato consiglio: continui ad occuparsi e perfezionarsi in storia medievale che è la sua materia, e non in quella risorgimentale nella quale, a quanto ci ha dato ad intendere, ha dimostrato di avere parecchie lacune e che, decisamente, non è proprio il suo campo. E proprio nel campo della storia medievale di cui è docente che Barbero potrebbe dare, in una delle sue tante lectio magistralis, cui spesso è chiamato a tenere, un peculiare contributo alla verità storica spiegando ai suoi conterranei padani che Alberto da Giussano, simbolo dell’orgoglio leghista di Umberto Bossi e di Matteo Salvini, e a cui sono state dedicate, a sproposito ed abbondantemente, vie, piazze e statue, è un personaggio mai esistito e parto fuorviante e diseducativo della narrativa di scrittori compiacenti, impegnati ad accreditare questo inesistente personaggio quale eroe del medioevo Lombardo.

    Una operazione verità che consigliamo a Barbero di intestarsi, anziché arrampicarsi sugli specchi per dimostrare false verità su Fenestrelle.

    Con Alberto da Giussano, per ristabilire la verità storica sarebbe facilitato dal fatto che, questo presunto eroe, non è mai esistito, essendo, questo si, il frutto di una falsa verità che ha fatto, in questi anni, tanto comodo nei loro sproloqui ai dirigenti della Lega Nord.

    * Giornalista –autore del libro “ Risorgimento e risarcimento”La Sicilia tradita- Garibaldi tra apparire ed essere – Edizioni CNA Palermo Febbraio 2011

    Nupo da Napoli

  4. Il ballo di Fenestrelle e il rispetto della memoria storica
    Diversi mesi fa alcuni giornali locali pubblicarono un’intervista ad alcuni ricercatori piemontesi per i quali i morti nel forte di Fenestrelle erano stati cinque. Dopo qualche mese gli stessi ricercatori pubblicavano un libro nel quale si dichiarava che erano stati oltre 40… Qualche mese dopo Alessandro Barbero pubblicava un altro libro nel quale (si prometteva) sarebbe stata finalmente rivelata la verità su Fenestrelle… Nel corso di un acceso dibattito con Gennaro De Crescenzo (Movimento Neoborbonico) a Bari

    venivano rivelate, invece, molte delle lacune archivistiche dello stesso libro che, anche a detta del moderatore Lino Patruno (articolo allegato), non aveva nessun diritto di “dichiarare chiuse le ricerche” e la questione-Fenestrelle, evidentemente, resta ancora drammatica e completamente aperta, in considerazione delle fonti esaminate dal Barbero (meno del 3% di quelle disponibili…). In questi giorni apprendiamo sconcertati e amareggiati che nel forte di Fenestrelle è stata organizzata, per la festa di San Valentino, una “cena romantica per le coppie di innamorati nell’incantevole scenario del forte tra lonzini della casa e risotti alla piemontese”, con musica dal vivo e “spettacolo finale di burlesque” (una sorta di spogliarello)… Il tutto organizzato dall’Associazione Progetto San Carlo e forse è utile ricordare che Luca Bossuto, già consigliere regionale, è stato per dieci anni presidente della stessa associazione e che il coautore del libro citato prima, Luca Costanzo, è definito “volontario accompagnatore” presso la stessa Associazione. Un’ipotesi: i due piemontesi hanno cercato (inutilmente) di “ripulire” l’immagine del Forte slegandola da quella cupa e macabra dei prigionieri borbonici (e non solo) che lì trovarono la morte e associandola a quella di un antico (e moderno) villaggio turistico? A questo punto aspettiamo con ansia un secondo libro di Alessandro Barbero ricordando che il primo nacque sull’onda di una incontenibile indignazione di fronte alla commemorazione e alla lapide che ricordavano la morte dei prigionieri borbonici: come frenare, infatti, un altro moto di indignazione di fronte all’allestimento di cenette a lume di candela e striptease in quel Forte che fu luogo di sofferenza e di dolore per decenni e per migliaia di persone? E pensare che c’è chi si accanisce nella creazione di sparuti ed esigui gruppetti su fhttp://ilnuovosud.it/site/wp-content/uploads/2008/thumb-fenestr2.jpgacebook (“le balle su Fenestrelle” e i suoi 33 “mi piace”) con i suoi scheletri (e i suoi balli) nell’armadio… (nelle foto la locandina dell’evento e alcune delle prelibatezze piemontesi gustate dagli innamorati la sera del 14 febbraio: in primo piano cannelloni e lonza…). Da: Movimento Culturale Neoborbonici
    Nupo da Napoli.

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