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Ricostituiamo il 4 novembre come Festa Nazionale Italiana

Gli italiani scendono in piazza per molti motivi. Soprattutto per le cause – spesso giuste e sacrosante – di altri popoli e paesi. Forse è il momento di cambiare. Forse è il momento che gli italiani sentano il diritto di scendere in piazza anche per loro stessi, per la loro storia, per il loro orgoglio.

 

Novant’anni fa, il 4 novembre 1918, un’altra Italia si rialzava in piedi dopo il disastro di Caporetto. Si rialzava e vinceva una guerra, la più spaventosa guerra che fino ad allora il mondo avesse visto. Una guerra vinta non contro altri italiani ma contro un altro Stato che da secoli dominava importanti regioni e che impediva il compimento del processo unitario iniziato con la Prima guerra di Indipendenza nel 1848. Oggi nell’Italia delle mille crisi e delle mille emergenze, sommersa dall’immondizia e dallo sconforto, sembra quasi una leggenda. E’ storia, invece.

 

Allora ripartiamo da là. Ripartiamo proprio dal 4 novembre. Ripartiamo chiedendo agli italiani – per una volta – di scendere in piazza per loro stessi, e ripartiamo chiedendo al Presidente della Repubblica e al ministro della Difesa di restituire al popolo italiano la festa del 4 novembre.

 

Un festa solenne, corale, condivisa. La festa di tutto il popolo italiano. Delle sue Forze Armate, che il 4 novembre 1918 conquistarono la Vittoria, ma anche del popolo che lavorò e soffrì coi suoi soldati. La festa dell’orgoglio di una nazione che non fu messa in ginocchio, ma seppe riscattarsi e imporsi all’ammirazione del mondo. Una festa per una bandiera che l’unica per tutti: il Tricolore.

Storia in Rete lancia da queste pagine un’appello per chiedere la ricostituzione della Festa del 4 Novembre, non solo festa delle Forze Armate, ma festa dell’Unità e dell’Orgoglio nazionale.

Chiediamo ai nostri lettori di sottoscrivere e diffondere questa iniziativa liccando su questo link

Proprio in questi giorni tutta l’Italia discute sulla mancanza di valori, di una cultura condivisa, di fiducia nel futuro. Tutti si interrogano su cosa fare, dove guardare.

La risposta è sotto gli occhi di tutti: RIVALUTIAMO LA NOSTRA STORIA! Una grande vittoria, il sacrificio di milioni di soldati – fra cui settecentomila sono caduti -, l’impegno di tutta la nazione affinchè la guerra giungesse ad una conclusione vittoriosa. Eppoi, oggi, possiamo anche celebrare tutto questo conciliati con gli ex nemici di allora, nella consapevolezza che valore, sacrificio e coraggio sono valori universali che uniscono e non dividono.

22 Commenti

  1. Comunque sia, una GUERRA non può portare ad una VITTORIA, resta sempre un atto disumano e produce, sempre cattivi frutti e discutibili risultati.Siamo sinceri: è morta un sacco di gente che senza dubbio avrebbe preferito la pace…Mi ricorderete magari l’intervento americano in Italia, ma ne sono morti altri 20.000 di loro, per liberarci..a volte la guerra è necessaria, purtroppo, ma non può avere un aspetto od un risultato positivo!Sono d’accordo nel confermare e portare avanti le ns. tradizioni, religione ed altri valori,ma la VITTORIA, come risultato di una GUERRA è, secondo me, improponibile.Bisognerebbe chiedere a chi c’è rimasto secco e avremmo una risposta sincera…
    Grazie per l’ospitalità, Gianni

  2. Credo che siamo un popolo al quanto strano, abbiamo governi che per giustificare una qualsiasi scelta ci dicono che è necessaria perché: “così già fanno negli altri paesi”. Negli altri paesi, però, i popoli e i governi sono orgogliosi del loro passato e non mancano mai di commemorare uomini ed eventi, che nel bene e nel male hanno segnato la storia del loro paese. In Italia no, in Italia si giudicano gli eventi con gli occhi e la morale dei tempi attuali o meglio con il moralismo del politicamnete corretto. Insomma quale guerra o rivoluzione può essere considerata totalmente giusta e le distruzioni generate e i morti prodotti inevitabili e necessari? Nessuna, ma non per questo possiamo dimenticarle e negare che siano state una parte importante della storia di un paese. Se questo deve essere il metro di giudizio della storia, i francesi dovrebbero dimenticarsi della Rivoluzione, che quanto a morti innocenti, in nome della ragione e dell’uguaglianza, non è seconda a nessun guerra (libertà, uguaglianza e fraternità s’imposero anche con l’invenzione della ghigliottina); stessa cosa vale per la guerra di secessione americana, un bagno di sangue voluto per abbattere la schiavitù, almeno così raccontano. Ma i popoli francesi e americani non hanno e non vogliono dimenticare il sacrificio di tanti uomini, anche perchè “festeggiare” eventi così tragici non vuol dire esaltare la guerra e la violenza, anzi possono essere momenti per comprendere che prima di dare inizio a tragedie simili, gli uomini devono fare tutto quanto è in loro potere per evitarle. Allo stesso tempo però non si può dimenticare il sacrificio di chi per scelta volontaria o meno ha combattuto, vincendo o perdendo non importa, facendo il proprio dovere.
    Mio nonno, semplice agricoltore, ha partecipato alla Grande Guerra come fante sul fronte dell’Adamello, venne arruolato (non volontario) nel ’15 e non tornò a casa se non alla fine del conflitto, mai un giorno di licenza; ma non per questo ebbe mai a lamentarsi di ciò che fu obbligato a fare, anzi era orgoglioso di quell’esperienza (tanto per sfatare il mito del contadino che non sapeva per cosa combatteva), l’unico rammarico fu che lo Stato e gli italiani si dimenticarono presto di loro, tanto che il pezzo di carta con gli veniva detto grazie (attestato di Cav. di Vittorio Veneto) arrivò nel 1971 quando era già morto.
    In conclusione, credo che sia giusto e doveroso dare il giusto spazio alla commemorazione del 4 novembre, perché oltre a ricordare l’inutilità della guerra, si insegni agli italiani e in particolare ai giovani il senso del dovere, la forza di volontà e la capacità di reagire per superare, facendo fronte comune, le immani difficoltà che un popolo può essere chiamato ad affrontare. Difficoltà che non è detto debbano coincidere per forza con una guerra, ma che possono manifestarsi anche in tempo di pace, sottoforma di una grave crisi economica e attualmente ne abbiamo un esempio.

  3. Abbiamo vinto una guerra (eravamo passati, con realistica intelligenza, agli Alleati) e neppure la festeggiamo: roba da matti! NON chiedo che sia vacanza, chiedo solo che, al 4 Novembre, sia Festa della Vittoria, ché, per onorare le Forze Armate, possiamo benissimo scegliere un’altra data –
    gfm/mn

  4. La seconda guerra mondiale, PERSA, che si concluse con la guerra civile e cioè italiani contro italiani, viene ricordata e festeggiata il 25 aprile.
    La prima guerra mondiale, VINTA, giusta o ingiusta che fosse,con seicentomila soldati caduti, viene dimenticata sopprimendo la festività del 4 novembre.
    Ma chi è quel co***ne che ha deciso questo ?

  5. Lo hanno deciso il catto-comunismo ciellenistico e liberaloide; lo ha deciso la Democrazia Cristiana che, con le parziali eccezioni (mutatis mutandis) di Andreotti, Fanfani, Gronchi, Forlani, Sbardella, ed an che dell’ultimo Aldo Moro, decise di consegnare la scuola media inferiore, superiore ed i licei, la magistratura, la università, la tv, la carta stampata ed i magazines radicalchic alla egemonia del Partito Comunista Italiano prima togliattiano e poi al finto buonismo del berlinguerismo. Bettino Craxi fu l’unico ad opporsi mentre a destra, i finti mestieranti dell’opposizione almirantiana prima e finiana poi, non capirono nulla di ciò che sarebbe accaduto prima del 1989 e del 1992. Il Berlusconismo televisivo, con la sua inutilità politica e le sue ventennali inanità ed inconsistenza fece il resto.

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