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150° dell’Unità d’Italia: Il comitato rivede la bozza Bondi

Sono i Garanti dell’Italia unita, al loro compito cercano di rimanere fedeli. Così il nuovo documento proposto da un gruppo di studiosi raccolti intorno al presidente Carlo Azeglio Ciampi ha proprio il sapore di una correzione rispetto alle linee-guida presentate un mese fa dal ministro Bondi. Cominceranno il 17 marzo del 2011 le celebrazioni per il centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia.

Simonetta Fiori da www.repubblica.it

La data di avvio è stata proposta dal Comitato dei Garanti, che ieri ha reso pubblico il suo documento con i “suggerimenti” per il ministro Bondi. La rilevanza politica di questo nuovo atto consiste nel contrapporre alla “disunità” enfatizzata nelle linee guida del ministero, influenzato dai mal di pancia di Bossi (i localismi, la valorizzazione dei dialetti, le ombre del processo risorgimentale), una lettura che invece insiste sul carattere unitario della costruzione nazionale. E questo carattere unitario scaturisce da una tradizione storica che dal Risorgimento arriva alla Carta Costituzionale passando attraverso la stagione fondante della Resistenza.

Quella che è emersa nei giorni scorsi dal Comitato dei Garanti – presieduto da Carlo Azeglio Ciampi e composto tra gli altri da Gustavo Zagrebelsky, Walter Barberis, Roberto Pertici, Simona Colarizi, Elena Aga Rossi, Ernesto Galli della Loggia – è una lettura della storia nazionale molto distante dagli umori della Lega o dalle interpretazioni neoguelfe cui pure è sensibile il presidente del Consiglio. Ora spetta al ministro Bondi tradurre in mostre, manifestazioni nelle scuole, musei virtuali e fiction televisive questa lettura dell’identità nazionale. Ci saranno i soldi? E, soprattutto, ci sarà la volontà politica di valorizzare un’interpretazione della storia italiana così estranea alla visione dei governanti?


Vediamolo in dettaglio questo bilanciamento. Intanto nel cappello del documento si specifica che queste celebrazioni devono trasmettere essenzialmente un “significato unitario”, ossia il “patrimonio di identità e di coesione nazionale che gli italiani hanno maturato nella loro storia”. Questo non significa trascurare “le difficoltà del percorso di formazione nazionale” o “problemi ancora irrisolti come il divario tra Nord e Sud” né significa appiattire “gli elementi di pluralità e diversità” molto esaltati dal ministro Bondi, ma tutti questi aspetti devono essere trattati entro una cornice solidamente unitaria, cementata da un’identità nazionale “che ha le sue radici nella formazione della lingua italiana”, scrive Ciampi, “e che negli ultimi due secoli s’è sviluppata in una continuità di ideali e valori dal Risorgimento alla Resistenza alla Costituzione Repubblicana”.

Un capitolo centrale del documento investe le “istituzioni”, questione ignorata nelle precedenti celebrazioni dell’Unità d’Italia. “L’unità di un popolo”, vi si legge, “si misura sulla tenuta delle sue istituzioni, sulla capacità di fare di tante terre, distinte e anche lontane, un territorio integrato”. Parlare dell’unità d’Italia equivale dunque a parlare delle sue istituzioni unitarie, della loro attuale tenuta. Centocinquant’anni di trasformazioni profonde: “dalla monarchia alla repubblica; dall’oligarchia liberale alla democrazia aperta a tutte le classi; dallo Stato centralizzato alle autonomie territoriali, al federalismo; dalla emarginazione delle donne dalla vita pubblica e sociale alla loro partecipazione; dai diritti di libertà ai diritti sociali, la salute, il lavoro, l’istruzione; dallo Stato-guardiano allo Stato del benessere; dalla separazione società-Stato alla “nazionalizzazione delle masse”, allo Stato pluralista; dallo Stato confessionale alla laicità dello Stato”. Il “documento riassuntivo” di questo percorso è la Costituzione, che dovrebbe assurgere a simbolo delle celebrazioni unitarie. Da queste considerazioni discende un’altra integrazione suggerita a Bondi dai Garanti: le manifestazioni non dovrebbero essere circoscritte al solo Risorgimento. La ricorrenza del 2011 investe la “vicenda italiana in tutta la sua unitarietà e interezza”: non solo dunque la lotta per l’indipendenza, ma anche il successivo consolidarsi dell’identità italiana lungo un secolo e mezzo, con speciale attenzione “al tratto del percorso unitario compreso negli ultimi sessant’anni”.

In questo quadro di riferimento – che valorizza anche la crescita di benessere legato al lavoro, il ruolo delle Forze Armate, la storia di genere – si potranno pure affrontare i singoli episodi, personaggi e luoghi geografici indicati dalla precedente bozza di Bondi (viaggi nella storia locale italiana, ritratti di statisti e artisti eminenti, luoghi delle memoria, targhe e monumenti riscoperti e puliti), elementi che tuttavia, sprovvisti della cornice unitaria, non sono più funzionali allo spirito delle celebrazioni. Conseguente a questa impostazione è anche la riflessione sui dialetti. “La valorizzazione delle lingue particolari”, si legge nel documento, “è un fatto positivo se serve alla pluralità nell’unità; non ha invece alcuna relazione con le celebrazioni dell’Unità d’Italia, è anzi controproducente, se si riduce alla pura e semplice coltivazione di culture locali chiuse in sé, a vocazione folcloristica”. Bondi aveva proposto il “censimento dei dizionari dialettali”. Una “priorità dubbia”, liquida il Comitato. Al momento Bossi è servito. La palla ora passa al ministero.

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Inserito su www.storiainrete.com il 7 ottobre 2009

7 Commenti

  1. aggiungo prima di usare un linguaggio cosi’ provinciale con offese all’una e all’altra parte politica consiglio un corso accelerato di educazione onde evitare di irritare piu’ d’un lettore.La trivialita’ del linguaggio sono un eredita’ dello schiavismo e dell’ignoranza .Non l’ho crata sul momento questa frase ma l’ha pronunciata un certo Leone trozkj che di rivoluzioni se ne intendeva un po’ piu’ di voi ossequi

  2. Il signor Cristiano oltre a semplificare ignobilmente lo storia italiana(secondo il costume oggi in voga, diffuso ad arte da giornalisti di bassa lega),ignora forse consapevolmente moti,lotte e combattenti per l’unità di Italia per decenni e dimentica gente che è morta anche dalle sue parti per un Ideale (a differenza di leghisti e neoborbonici che non avrebbero mai gli attributi per fare la rivoluzione, preferiscono le auto blu e le prebende parlamentari dello Stato italiano).Inoltre come è caratteristica di chi al massimo ne ha sentito parlare al bar da quel genio di Bossi(un ignorante analfabeta rincoglionito ministro in ossequio alla cultura del merito che ci caratterizza oggi come nel passato recente) ignora il consenso popolare di Garibaldi innegabile( W L’ignoranza che trionfa).Di quello che dice Leone Trozski me ne Frego(certo è sempre preferibile a Pio Ix, a Ferdinando I o II di Borbone o a Calderoli e Borghezio) Te lo dice un fascista,non un neoantifascista borbonico-papalino berlusconiano che scrive magari su area,il giornale,libero o altri fogliacci oggi in voga, distinguiamo. Non esiste niente di più provinciale e miserando dei leghisti, dei nostalgici dello stato Pontificio o dei neborbonici o dell’Italietta di oggi,nata grazie ai bombardamenti degli americani sulle popolazioni civili di cui i clericali,anti-italiani borbonico-leghisti,pontificio-sanfedisti, nonchè berlusconidio pseudoprogressisti, tacciono vergognosamente ,come tacciono sull’appoggio della mafia alla costruzione di questa pseudodemocrazia da operetta che con il Berlusca e i suoi sgherri ha raggiunto il livello più basso della sua storia.L’unità italiana è tutta altro che strombazzata, predomina la retorica antitaliana e il meschino campanilismo retrogrado e miope che per secoli ha fatto dell’Italia intera,la cenerentola d’ Europa.Non mi piace questo conformismo disfattista che rimpiange gli statarelli guidati da dinastie straniere,messi sui troni dalle grandi potenze dell’epoca.I sovrani legittimi ah ah ah,che boiate.E chi li legittimava?Il popolo(erano in gran parte analfabeti anche nel mitico Lombardo Veneto preunitario)Chiedo venia per il linguaggio greve e scurrile,oggi è vietato parlar bene del Risorgimento e di Garibaldi o di Cavour.Una specie di storico-giornalista ,il Petacco, ci ha appena narrato la bufala che Cavour era una specie di leghista….A che livelli siamo arrivati,grazie alla scuola italiana dell’antinozionismo vigente dal 68 in poi, a fabbricare legioni di ignoranti, di gente disinfomata e faziosa che invece di darsi all’ippica o al gioco delle bocce, ha pure la pretesa di insegnare la storia di Italia agli altri.domando scusa alla gente educata.Vi lascio ai vostri diletti Borboni,così saggi e pacifici, al Papa re così pio quando fceva condannare al patibolo gli oppositori politici, al culto del bravo Cecco Beppe o del mite maresciallo Radetsky(riconoscoche gli asburgo erano un pò meglio dello Stato pontificio o dei borboni).

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