Home Stampa italiana 1 "Hitler è morto nel bunker". La parola fine sulla vera sorte del...

"Hitler è morto nel bunker". La parola fine sulla vera sorte del Führer

«Hitler è morto nel 1945 nel suo bunker a Berlino, e non a novant’anni in Argentina o in Brasile come vogliono le fantasie dei complottisti e dei nostalgici. Stalin lo sapeva sin dall’inizio e ha mentito». Per giungere a queste conclusioni il reporter francese Jean-Christophe Brisard — con l’aiuto della collega russo-americana Lana Parshina — ha condotto trattative con le autorità di Mosca durate due anni. È riuscito infine a entrare alla Lubjanka, la sede dei servizi segretirussi, e ha fatto esaminare i resti di Hitler da un medico legale indipendente, Philippe Charlier. I frutti di quel lavoro sono un documentario e un libro, L’ultimo mistero di Hitler (Ponte alle Grazie).

di Stefano Montefiori per “la Lettura – Corriere della Sera” del 13 maggio 2018

Che cosa l’ha spinta a occuparsi del tema eterno della morte di Hitler?

«Avevo l’ambizione di spazzare via i dubbi sulla sua sorte. A troppi piace sognare un Führer capace di beffare i servizi di tutto il mondo e di morire di vecchiaia al sicuro in America Latina».

Non è andata così?

«No, e ho raccolto le prove per dimostrarlo in modo definitivo».

Come è riuscito ad avere accesso ai reperti custoditi a Mosca?

«Sono stato molto paziente e costante, non mi sono lasciato scoraggiare quando per molte volte mi hanno dato appuntamenti poi non rispettati, e ha giocato il fatto che fossi francese».

Come mai?

«Anni fa una équipe americana poco rigorosa dal punto di vista scientifico ha espresso dubbi sull’autenticità del cranio di Hitler. I russi lo hanno interpretato come il desiderio degli americani di togliere loro il trofeo della vittoria».

Perché è ancora così importante, a distanza di 73 anni?

«Perché per i russi la vittoria nella Seconda guerra mondiale è un mito fondatore, fonte di fierezza e di orgoglio. Custodire i resti di Hitler ricorda al mondo che sono loro a essere entrati per primi a Berlino, conquistando la capitale nazista, in sostanza sono loro ad avere vinto una guerra costata all’Urss 22 milioni di morti».

Tornando a come è riuscito a entrare alla Lubjanka, perché il fatto di essere francese l’ha favorita?

«Dopo quella esperienza negativa con l’équipe americana mi hanno percepito come indipendente, neutrale. Credo di averli convinti con un approccio molto fattuale».

Cioè?

«Loro hanno la fissazione di essere manipolati, ma anche io temevo di esserlo a mia volta. Putin mi permetteva di analizzare i resti di Hitler perché ne venisse convalidata l‘autenticità, era evidente. Io allora ho proposto un patto: chiedo tutte le autorizzazioni, lascio che voi siate sempre presenti, che controlliate ogni nostro movimento, parola e attrezzatura (erano terrorizzati che la telecamera nascondesse un sistema laser per danneggiare i reperti, per esempio), ma voi lasciate che io porti il migliore medico legale specializzato in cold case storici, Philippe Charlier, e non potete avere accesso alle sue conclusioni. Volevo che il nostro lavoro fosse inattaccabile scientificamente. Hanno accettato».

Quindi, come siete giunti alla certezza che Hitler è morto nel bunker?

«I denti, o meglio quel che ne rimane. Quella è la prova conclusiva. Charlier ha verificato che fossero autentici, che risalissero a quegli anni, che non portassero tracce di alimentazione carnivora (Hitler era vegetariano), e li ha comparati con il dossier medico fornito dall’assistente del dentista di Hitler. Quelli trovati nel bunker nel corpo carbonizzato sono i denti di Hitler».

Come è morto?

«Analizzando anche il cranio, con un colpo di pistola alla tempia. Non alla bocca, come vorrebbero gli inglesi, perché nei denti non abbiamo trovato traccia delle conseguenze di uno sparo».

È stato lui a spararsi?

«Questo sarà sempre impossibile stabilirlo con certezza. Era malato di Parkinson, potrebbe avere chiesto al suo valletto di sparare».

Perché tutti questi anni di leggende su Hitler in Sudamerica?

«Perché Stalin ha fatto il possibile affinché la morte di Hitler fosse avvolta nel mistero. Quando a Potsdam Churchill chiede a Stalin che ne è di Hitler, lui risponde di non averne idea. Mente, perché ha già ricevuto un documento — che ho potuto consultare — nel quale i servizi gli indicano il luogo esatto dove è stato sepolto Hitler, proprio a pochi chilometri da Potsdam».

E perché Stalin ha mentito?

«Voleva avere sempre una lunghezza di vantaggio e saperne più degli altri. Deve avere pensato che i servizi occidentali avrebbero speso tempo e risorse per cercare Hitler in tutto il mondo».

Come sono conservati i suoi resti?

«Nel modo più banale e sprezzante possibile. I denti sono in una scatola da sigari, le ossa del cranio in una scatola per floppy disk. È il modo dei russi per umiliare il nemico fino all’ultimo».

8 Commenti

  1. Non ho letto il libro. Da quello che riporta il “Corriere della Sera” nell’articolo di Stefano Montefiori mi sembra una fandonia colossale. Con quale dna avrebbe confrontato il dna mitocondraile di mandibola e cranio?
    A) i denti, anzi i dentini, che si trovano a Mosca e visionati da Patrick Burnside, unico occidentale ad averli avuti in mano (perché invitato dai Russi a Mosca e come mi confidò nel 2010), non sono di un uomo e neanche di una donna adulta, bensì di una bambina o ragazzina. Al massimo di un bambino, date le ridottissime dimensioni.
    B) La calotta cranica presenta una conformazione caratteristica di una ragazza sotto i 20 anni. La biologa molecolare americana Linda Strausbaugh (cui Nick Bellantoni fornì porzioni prelevate a Mosca) dell’Università del Connecticut, ha potuto analizzare il cranio conservato a Mosca e presumibilmente appartenuto ad Adolf Hitler. Torniamo al 2009. Per la prima volta nella storia, infatti, le autorità russe ebbero all’epoca acconsentito all’analisi del reperto, finora ostinatamente negata, quasi a proseguire la tradizione sovietica. Ebbene, quel cranio certamente non è appartenuto al Fuhrer. Per cui, non avendo avuto modo di leggere il libro, mi sembra, quello di JEAN CHRISTOPHE BRISARD un approccio confuso e con propositi ben definiti (farsi pubblicità sposando la vulgata politically correct mainstream) in assenza di giustificazioni scientifiche, forensi e medico-legali valide.
    Salutissimi.

  2. Certi commenti lasciano piuttosto basiti. Non mi pare un approccio corretto cercare di confutare studi diretti sui reperti basandosi sul sentito dire, e prendendo come fonte certa il lavoro di altri studiosi, la cui buona fede (sono americani) potrebbe essere messa in discussione per ovvi motivi.
    Comunque, in rete è pieno di complottisti…
    P.S.
    Se prendiamo gli studiosi americani come modello per valutare la veridicità degli studi altrui, mi sa che partiamo già male…

  3. Credo che nessuno possa essere sicuro di nulla su questa faccenda. Ed io sono il primo a lasciare aperte tutte le porte, inclusa quella della versione ufficiale. Egr. John Doe, finito lo sforzo di retorica spicciola con la quale ognuno esibisce quel tanto di luoghi comuni che ha imparato a coltivare in una dialettica da salotto priva di contenuti, varrebbe forse la pena di ricordare, a proposito di “sentito dire”, che l’unico studio scientifico diretto e documentato mediaticamente sui reperti (History Channel – che guardo sempre con distacco e critica – ha però filmato il tutto a Mosca) è quello di Linda Strausbaugh e Nick Bellantoni, oltre quello comunicatomi da Burnside (che mi ha mostrato le cartelle in cirillico dei presunti interrogatori degli altrettanto presunti testimoni tedeschi presenti nel bunker). Io vado nei luoghi di cui si parla (Argentina, archivi britannici, Germania etc.). E vedo. Al contrario di altri, che sicuramente hanno la verità in tasca.

  4. secondo me nel bunker è morto un sosia, secondo me era morto nel 1944 nell’attentato ma gobels ha usato un sosia fino alla fine, infatti ho visto un documentario in cui uno storico tedesco affermava che goebels aveva ucciso hitler che non era in grado manco di spararsi tanto era drogato, poi c è il testamento di hitler uno scritto ridicolo di propaganda senza giustificazioni serie sul disastro in cui addirittura cede i suoi beni alla germania, ma non voleva che tutta la nazione perisse con lui? io penso,inoltre che già prima nel 42 avesse avuto un crollo fisico e mentale perchè si era reso conto dell’inevitabilità della sconfitta e le redini del potere erano state prese da borman e gobels apputo

  5. Ma scusate, ma bastare fare un discorso molto semplice:
    ma se Martin Bormann, il braccio destro di Hitler, è riuscito a fuggire in Sud America e così pure diversi altri alti gerarchi nazisti tedeschi ( vedasi “Martin Bormann. Nazi in exile” by Paul Manning ) e se subito dopo la fine della seconda guerra mondiale diversi nazisti tedeschi sono stati poi impiegati dagli USA come scienziati in USA o spie in Europa e se la versione ufficiale di “Pearl Harbor”, che segna subito dopo l’ingresso degli USA nella seconda guerra mondiale, fa acqua da tutte le parti ( vedasi “Il Giorno Dell’Inganno” di Robert Stinnett ) a dir poco e allora la storiella che Hitler era depresso e impazzito e che si è suicidato nel bunker non ha né capo e e né coda e tutti quei fatti che ho elencato sono accaduti per davvero, non sono affatto ipotesi, ma quando si parla della versione ufficiale della morte di Hitler non vengono mai minimamente presi in considerazione, ma che strane coincidenze……!!
    Cordiali saluti.
    Fabrice
    PS concordo al 100% con le ottime osservazioni del Dott. Alessandro De Felice, non fanno una piega, e proprio per questo i media mainstream le censurano, prova evidente che hanno il carbone bagnato!!

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Exit mobile version