Home Stampa italiana 2 1940: non ci fu la “pugnalata alla schiena” alla Francia

1940: non ci fu la “pugnalata alla schiena” alla Francia

Il 10 giugno 1940 alle 16,30 il ministro degli Esteri Galeazzo Ciano ricevette André François – Poncet, l’ambasciatore francese a Roma, per consegnargli la dichiarazione di guerra che, di lì a poco, sarebbe stata annunciata al popolo italiano da Mussolini. Il disagio era palpabile anche perché i due uomini si conoscevano e si stimavano. Le versioni dell’incontro fornite dai protagonisti sono simili, ma non identiche. Nel Diario, Ciano annotò che il diplomatico francese gli disse: “È un colpo di pugnale ad un uomo in terra. Vi ringrazio comunque di usare un guanto di velluto”. François-Poncet, invece, racconta di aver esclamato: “E così, avete aspettato di vederci in ginocchio, per accoltellarci alle spalle”. La differenza fra le due versioni è, in apparenza, minima, ma nella sostanza è grande. L’immagine del colpo di pugnale vibrato alle spalle fu quella, poi, largamente ripresa e diffusa. Divenne la versione canonica al punto che persino il volume dei Documenti Diplomatici Francesi riguardanti questo periodo intitola la tavola sinottica relativa: “Le “coup de poignard dans le dos” de l’Italie”.

Francesco Perfetti, da “Il Tempo” 10/06/2009 

E non c’è dubbio che questa lettura abbia finito per pesare nei rapporti fra Italia e Francia proiettando un’ombra sinistra e irritante sulle relazioni diplomatiche fra i due paesi e condizionando gran parte della storiografia. In un attento e approfondito studio che Maurizio Serra, diplomatico e storico di indiscusso valore, ha premesso all’edizione italiana dei ricordi di François-Poncet – «A Palazzo Farnese. Memorie di un ambasciatore a Roma 1938-1940» (pp. 146, Euro 16), editi dalla casa editrice Le Lettere – si fa notare che la versione di Ciano era la più vicina al vero perché certamente l’attacco alla Francia in ginocchio era “un atto vile ma non traditore”, come sembra evocare l’impropria espressione del “colpo di pugnale alla schiena”, perché i rapporti fra i due paesi non erano all’epoca né di alleanza né di inimicizia.

Quella espressione, inoltre, implica l’idea di una vera e propria sorpresa, che in realtà non ci fu. La frontiera delle Alpi, infatti, era rimasta la più munita del dispositivo militare francese e la Marina francese, sin dal settembre 1939, aveva messo a punto e aveva caldeggiato il piano di un possibile attacco preventivo contro l’Italia. Le memorie di François-Poncet, mai pubblicate prima d’ora in Italia, offrono non solo un contributo di primo piano alla conoscenza di una pagina drammatica della nostra storia più recente, ma certificano il fallimento della “missione impossibile” del diplomatico francese. Questi, uomo di grande cultura, era stato ambasciatore in Germania dove aveva assistito alla fine della Repubblica di Weimar, all’ascesa di Hitler e all’avvio della politica espansionistica del nazionalsocialismo.

Fu proprio lui a chiedere di essere destinato a Roma nella convinzione, maturata dopo la Conferenza di Monaco, che Mussolini avrebbe potuto influenzare Hitler e salvare la pace. Era, certo, una illusione, perché il capo del fascismo era ormai legato alla Germania e aveva una sorta di complesso nei confronti del dittatore tedesco. Tuttavia, François-Poncet rimase convinto, almeno fino all’inizio del 1940, che ci fossero concrete possibilità per mantenere l’Italia fuori dal conflitto e si adoperò, cercando di forzare la diffidenza del Quai d’Orsay, per evitare che si bruciassero i ponti con l’Italia. In questo quadro maturarono quei rapporti di cordialità e di stima, se non proprio di amicizia, con Galeazzo Ciano che paventava ormai, insieme a pochi altri l’eventualità della guerra. Rapporti che resero drammatico, imbarazzante e doloroso l’incontro del 10 giugno.

Francesco Perfetti

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Inserito su www.storiainrete.com il 10 giugno 2009

9 Commenti

  1. Questioni di lana caprina di un revisionismo disperato e doppiopesista.

    Pugnalammo alla schiena sia la Francia che la GRECIA e invademmo per bramosia coloniale Libia e i Paesi del Corno d’Africa, amazzando centinaia di migliaia di persone in una guerra di pura aggressione, utilizzando persino ami chimiche, alleati al mostro nazista e a quello nipponico che massacrò Asia e Oceania.

    Lo stesso vigliacco Mussolini disse candidamente che aveva bisogno di qualche migliaio di morti per sedere al tavolo della “pace” (cioè della spartizione).

    Non c’è revisionismo di comodo che potrà cambiare questi FATTI.

  2. Ritengo pertinente alla discussione relativa alle lettere inviate da esponenti politici francesi a Casa Savoia prima del 10 giugno 1940 per far entrare l’Italia fascista in guerra a fianco della Germania nazionalsocialista, il recentissimo (novembre 2016) saggio storico-politico di Alessandro De Felice intitolato “Umberto II ed il mistero dell’Archivio Savoia scomparso per il ‘900 e la seconda guerra mondiale”, Sinclair R&A Edizioni, Milano, che ho acquistato da poco e che sto leggendo attualmente.

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