Paul Revere (1734 – 1818) è una delle figure simbolo della rivoluzione americana. Argentiere e incisore a lui sono legati due degli episodi simbolo della guerra d’indipendenza delle 13 colone nei confronti dell’impero britannico. Esponente del gruppo Sons of Liberty, fu tra gli organizzatori del Boston Tea Party che nel novembre 1773 gettò in mare le casse di tè dalle navi britanniche nel porto di Boston. Ma soprattutto fu il protagonista della Midnight Ride, la corsa di mezzanotte nell’aprile 1775 per avvisare i coloni che le forze britanniche si stavano organizzando per dare battaglia a Lexington, in quello che fu il primo scontro campale della guerra d’indipendenza.
La Midgnight ride fu ampiamente romanzata, e la figura di Revere che cavalca solitario nella notte con solo una lanterna urlando a squarciagola British are coming! è diventata una delle immagini simbolo della guerra d’indipendenza. Nonostante la carriera di comandante militare Revere durante il conflitto fu fallimentare, resta una figura storica dall’aura quasi mitica per gli statunitensi. Un po’ come per gli italiani potrebbero essere le figure di Pietro Micca, Balilla o Masaniello.
E quel suo British are coming! è diventato ispirazione per generazione di pubblicitari. La Fiat lo fece diventare Italians are coming! per lanciare la 500L negli USA in uno spot del 2014, spot tornato alla ribalta nei giorni scorsi come meme per festeggiare le vittorie di Luna Rossa nelle regate di qualificazione all’America’s Cup.
Proprio sulla figura di Revere l’operato della famigerata “Commissione per la ridenominazione del nome delle scuole” del distretto scolastico di San Francisco ha incontrato un piccolo “inciampo” a livello d’immagine. Un inciampo che per il momento non ferma i propositi della commissione, che anzi è sempre più vicina alla realizzazione del suo piano: togliere il nome di Lincoln, assieme a quelli di Roosevelt, Louis Stevenson e Thomas Edison. Questa avanguardia della cancel culture, è riuscita a fine di gennaio a far approvare la sua proposta di ridenominazione al direttivo del distretto scolastico di San Francisco. Una votazione quasi plebiscitaria, 6 voti per la ridenominazione delle scuole e solo 1 contrario.
La cancellazione di 44 nomi di personaggi storici dalle scuole di San Francisco per molti mesi era stata derubricata come un evento estremamente improbabile. Il dibattito intorno a Lincoln era stato considerato una “mera strumentalizzazione della destra trumpiana”. D’altronde lo stesso sindaco di San Francisco London Breed avesse definito nell’ottobre 2020 la proposta “offensiva” di ridenominazione di massa, in quanto una perdita di tempo e denaro visto che le scuole erano ancora chiuse causa lockdown. E nonostante negli ultimi mesi si fossero alzate diverse voci contrarie per la metodologia e l’appoccio usato dalla famigerata commissione. Anche il San Francisco Chronicle, principale giornale cittadino che aveva seguito la vicenda in maniera tutto sommato neutrale, il 5 gennaio scorso aveva dedicato un articolo piuttosto critico “San Francisco at its worst’: Schools renaming process blasted by advocacy group“, San Francisco al suo peggio: Il processo di ridenominazione delle scuole è stato severamente criticato (“blastato” NdR) da un gruppo di sostenitori.
Insomma gli stessi liberal favorevoli in linea di principio all’applicazione draconiana della cancel culture per cancellare dalla contemporaneità i nomi “scomodi” del passato, contestavano l’approccio della famigerata commissione per la ridenominazione, che lasciava troppo spazio a contestazioni poiché:
- Non aveva coinvolto le comunità locali;
- Non aveva coinvolto storici di professione, ma si era limitato alle “prime notizie che uscivano fuori su internet“;
- Per depennare i personaggi storici in questione è stata sufficiente la prima cosa negativa che si è trovata su internet;
- E soprattutto era pieno di errori e approssimazioni. Tant’è che come ammetteva lo stesso comitato per la ridenominazione non erano nemmeno sicuri che la “Scuola Roosevelt” fosse dedicata a Teddy o a Franklin Delano! Un comitato composto proprio da insegnanti, non illetterati analfabeti. Nel dubbio si erano limitati a trovare qualcosa di negativo per entrambi.
Insomma una questione di “metodo” che era risultato troppo raffazzonato. Tra le altre sviste della commissione quella sulla Sanchez Elementary, la commissione pensava si trattasse del missionario Jose Bernardo Sanchez (primo risultato utile su internet) che aveva accompagnato una “spedizione militare”. Invece la scuola elementare è intitolata a tal Francisco Sanchez, un alcalde della California spagnola. Altri errori evidenziati fin da subito quelli su James Russell Lowell e su James Lick.
Ma alla fine nonostante queste “sviste” e le polemiche il distretto scolastico di San Francisco ha perseverato. Non ha fermato l’applicazione del piano di “ridenominazione delle scuole” nemmeno il fatto che non si tratti di una semplice questione di “carta intestata”! Sempre dal San Francisco Chronicle apprendiamo che: «Il distretto non ha fatto un’analisi dei costi. Sulla base di altre ridenominazione scolastiche avvenute nel paese, probabilmente costerà almeno 1 milione di dollari e forse diversi milioni di dollari per cambiare la segnaletica, comprare nuove uniformi per la bande musicali o le rappresentanze sportive, rimuovere i riferimenti al vecchio nome (compresa una statua di Lincoln), ridipingere i pavimenti della palestra e altro.»
E questo nonostante il distretto abbia un corposo deficit di 75 milioni di dollari! Ecco le priorità ai tempi della cancel culture. Ma d’altronde come ben sanno i lettori di “Iconoclastia – La pazzia contagiosa della Cancel Culture che sta distruggendo la nostra storia” non appena qualche nome di personaggio storico finisce nella lista nera, è solo questione di tempo perché venga cancellato.
E come verranno “ribattezzate” le scuole una volta cancellati i vecchi nomi? A parte gli Obama, per il momento girano solo voci. Anche perché da un lato si vorrebbe un processo partecipativo, ma in realtà il rischio di “nuove” polemiche potrebbe far si che alla fine si opti per titolazioni del tutto super partes come «piante, animali o un semplice sistema numerico».
Il destino delle scuole di San Francisco è ormai segnato. Ma almeno stavolta c’è una apparente piccola consolazione dopo la scoperta dell’ennesimo errore del comitato, un errore sulla figura del leggendario Paul Revere. Il comitato di ridenominazione aveva classificato Revere come da epurare in quanto: «Paul Revere servì come comandante dell’artiglieria terrestre nella disastrosa spedizione Penobscot del 1779, evento connesso alla colonizzazione». Mettendo anche il link alla pagina di History Channel “10 cose che forse non conoscete su Paul Revere“. Insomma il comitato non copia nemmeno da Wikipedia, si limita agli articoletti acchiappaclic! Peccato per il comitato che la spedizione di Penobscot andasse a caccia di “giubbe rosse” e non di “pellerossa”. Revere doveva stanare i britannici, ma non fu così fortunato come per la sua cavalcata notturna.
L’iconico personaggio e il suo British are coming! è riuscito dove persino Washington, Jefferson, Lincoln, i Roosevelt (Teddy e Delano) e il generale Sherman avevano fallito. L’errore su Revere ha attirato nei confronti della commissione e del distretto scolastico di San Francisco più di una critica da un campione della stampa liberal come il compassato The New Yorker. Il periodico ha realizzato un’intervista in cui il giornalista Isaac Chotiner ha messo alle strette Gabriela López, la presidente del direttivo del distretto scolastico di San Francisco, mostrando tutti i limiti culturali e i paradossi di un’operazione come quella della ridenominazione delle 44 scuole.
Le domande poste da Chotiner alla presidente del direttivo sono il vademecum ideale su come approcciare chi si fa fautore della rimozione scientifica del nostro passato e della nostra storia. Ecco alcune delle domande
- Prima stava parlando di come, indipendentemente da chi eleviamo ad esempio, la storia deve essere insegnata. Dato che stai sottolineando l’importanza della storia, ero curioso di sapere se gli storici avevano testimoniato (alla commissione di ridenominazione NdR). E sembra che non l’abbiano fatto.
- Il motivo per cui lo dico (l’intervento degli storici NdR) è che alcuni dei ragionamenti storici dietro queste decisioni sono stati contestati – non tanto come dovremmo considerare il fatto che George Washington sia al contempo un padre della Patria e un proprietario di schiavi ma, piuttosto, cose fattuali e concrete come la rimozione del nome di Paul Revere per la Spedizione Penobscot. Spedizione che non riguardava la colonizzazione delle terre dei nativi americani. E così è nato un dibattito sul fatto che gli storici avrebbero dovuto essere coinvolti per controllare queste cose.
- Credo che parte del problema siano che i fatti evidenziati potrebbero non essere quelli che il comitato ha detto che erano. Ecco perché ho sollevato la questione (sull’intervento degli storici e sugli errori NdR).
- Ma sembra che dovremmo avere un’idea se ciò che hanno fatto sia storicamente corretto o meno. No?
- O.K. Beh, ho appena menzionato la cosa di Paul Revere. Un’altra questione aperta è quella intorno a James Russell Lowell e se voleva che i neri votassero, cosa che in realtà era a favore. Il nome di questo uomo d’affari, James Lick, è stato rimosso perché la sua fondazione ha finanziato un’installazione che non è stata realizzata fino a quasi due decenni dopo la sua morte.
- Ma il membro del comitato per la ridenominazione ha detto, essenzialmente, “le cose sono vere o false”. E così sembra che, se sono false, allora questo non richiede necessariamente più dialogo; richiede una storia più accurata.
Una serie di domande serie, precise e puntuali. Quello che in genere si omette di fare quando ci si trova di fronte a un esponente della cancel culture, verso cui si preferiscono altre strategie controproducenti o paradossali, come quella dello storico britannico che nella querelle su “Churchill peggiore dei nazisti” ha preferito contestualizzare affermando che i giapponesi avrebbero sicuramente ammazzato più indiani di quanti ne avrebbero mai potuti far morire di fame gli inglesi!
Di fronte alle domande di Chotiner la Lopez ha prima abbozzato una strategia difensiva basata sul fatto che non c’era bisogno di storici in quanto, il comitato si è costituito come: «una serie variegata di membri della comunità, persone con esperienze che contribuiscono a questi dibattiti, persone di diversa provenienza che sono anche istruite dei loro diritti.» Ovvero il primato delle “emozioni” e delle “esperienze” sulla Storiografia. Ma quando Chotiner ha ribadito che loro stessi propugnano l’insegnamento della Storia, a quel punto Lopez ha accusato il giornalista di stare screditando il lavoro svolto. Poi dopo esser caduta più volte in sfumate contraddizioni, ha dovuto concordare nelle ultime domande nel metodo e col metodo del giornalista.
Una lezione istruttiva su come controbattere gli araldi della cancel culture. Ma questa è solo apparentemente un piccola vittoria per chi si oppone a questo nuovo oscurantismo. Non solo non cambia nulla sul piano della cancel culture e delle scuole di San Francisco, ma lo stesso The New Yorker, tornando sull’argomento nei ha comunque smorzato i toni. Pubblicando un fondo a firma Nathan Heller che pur non ritrattando l’intervista del collega Chotiner, aggira il problema della ridenominazione e della storiografia. Quella di Heller è una riflessione sulla celebrità, piuttosto che sulla Storia. Heller non contraddice il collega Chotiner, ma certamente il senso della operazione di Heller suona come uno spin comunicativo del tipo: “Se si tratta di un’operazione di riflessione sul senso di celebrità, allora il rigore della Storia, può passare in secondo piano”.
L’ennesimo cambio di paradigma della cancel culture che continua ad avanzare.
E se pure non mancano novelli Paul Revere decisi ad avvertire la comunità dell’arrivo di questo nulla oscurantista, sembra che stavolta non troveranno nessuno ad ascoltarli.