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L'Insolita Storia

Il punto su Lincoln e la Cancel Culture – II parte

E a cavallo delle elezioni di Midterm il cerchio torna a stringersi intorno ad Abramo Lincoln. Una facile profezia, nonostante le apparenti avvisaglie di una maggiore attenzione al problema della cultura della cancellazione. Ecco quindi Il punto su Lincoln e la Cancel Culture – II parte, a poco più di un anno di distanza dalla prima parte che metteva in luce la radicale trasformazione del mito lincolniano avvenuta negli ultimi dieci anni.

Le avvisaglie

Come scrivevamo nel 2021 citando da Forbes l’accademico e costituzionalista Evan Gerstmann «nel giro di cinque anni l’idea di togliere una statua di Lincoln da un campus universitario è diventata da una posizione estremista non meritevole di essere presa in considerazione a oggetto di discussione». E questo nonostante Lincoln fosse stato visto anche da Martin Luther King una figura chiave del processo di emancipazione. Ma le posizioni maggiormente critiche della figura di Lincoln a partire dal 2013 avevano iniziato a prendere maggior risalto. Fino ad arrivare al 2019 con il The 1619 Project. Caso di long journalism più politico che giornalistico che veniva presentato come ricerca storiografica. E in cui l’attacco alla figura di Lincoln aveva spaccato il mondo accademico statunitense arrivando a più di un paradosso. Compreso il vedere uniti nella difesta di Lincoln trumpiani & trotzkisti“!

Storia in Rete N°184 con un approfondimento sul Progetto 1619

Il doppio asse: l’emancipatore un po’ razzista

Insomma Abramo Lincoln come un falso emancipatore un po’ razzista. Un emancipatore che otteneva la fine della schiavitù solo per opportunismo politico. Questo il primo capo d’accusa alla memoria di Lincoln e al suo ruolo di Padre della Patria.

Una delle prime statue a essere rimosse è stato proprio l’Emancipation Memorial di Boston (copia del monumento a Washington D.C.). Statua rimossa a dicembre 2020 e da due anni ancora immagazzinata. Un monumento la cui colpa è stata quella di offrire un’immagine stereotipata dell’emancipazione, nonostante la statua venisse realizzata con una sottoscrizione degli ex-schiavi. Addirittura con lo schiavo ancora inginocchiato nell’atto di essere liberato dalle catene da Lincoln che con atteggiamento paternalista sembra dire “alzati e cammina“.

L’Emancipation Memorial di Washington (via Commons)

E infatti anche il monumento di Washington è costantemente a rischio per lo stesso motivo. Come riportavamo a febbraio 2021 la delegata del Distretto di Columbia al Congresso, Eleanor Holmes Norton, era di recente sull’argomento Emancipation Memorial con una nuova proposta di legge, commentando: «Sebbene gli ex schiavi americani abbiano pagato per questa statua, il design e il processo di definizione della scultura sono stati fatti senza interpellarli e senza la loro partecipazione in alcun modo, come è evidente dalla scultura. La statua non riesce a trasmettere come gli afroamericani schiavizzati abbiano combattuto per la loro stessa emancipazione».

E lo “spietato” uccisore di indiani

Ma il capo d’accusa più significativo al ruolo di Lincoln come Padre della Patria è un altro. E arriva da un altro fronte, quello delle guerre indiane, e l’ordine di esecuzione per 38 indiani Dakota. Ordine d’esecuzione che d’altra parte ne graziava altri 264.

Come scrivevamo nel 2021 questo era un fatto ben noto, ma inizia a diffondersi solo all’inizio del 2018, secondo anno di presidenza di Trump. Testimonianza indiretta di come il fatto arrivi al grande pubblico è un articolo del sito “anti-bufala” Snopes che il 14 marzo 2018 pubblica un approfondimento. Il titolo è in forma interrogativa Did Abraham Lincoln Order the Execution of 38 Dakota Fighters? Ma fin dal sottotitolo si chiarisce “Dopo una violenta rivolta di nativi americani nel 1862, il presidente Lincoln firmò 39 esecuzioni ma evitò anche la morte di altri 264 combattenti Dakota.“

Sottolineando fin da subito come Lincoln avesse operato nei limiti della magnanimità e giustizia che lo resero celebre. Commutando le pene di quasi il 90 % dei condannati al termine della cosiddetta guerra di Piccolo Corvo, nell’area del Dakota e il Minnesota. Una visione storica obbiettiva che consente di salvare sia la prospettiva storica che il mito stesso di Lincoln. Nella disparità intorno alla questione delle terre di nativi, Lincoln non colma la disparità. Resta un uomo del suo tempo ma contestualmente consente il riesame dei processi. Un elemento che si perde man mano che la notizia delle 38 impiccagioni si diffonde. Si perde il contesto e Lincoln è l’impiccatore di indiani.

Da San Francisco a Chicago

E così per l’utilizzo della “parola con la N” e per l’impiccagione di 38 indiani anche Lincoln è stato iscritto nell’elenco dei “nemici del popolo woke” e la sua immagine è diventata un legittimo bersaglio.

Dalla scelta di includere Lincoln tra le scuole da “ridenominare” a San Francisco, progetto poi rientrato a causa del rischio di una causa. Alla commissione di Chicago che aveva incluso due statue di Lincoln (compresa una delle più famose degli Stati Uniti) tra le statue da sottoporre a “revisione”. Un progetto ancora in corso che ha incluso di tutto nelle statue da sottoporre a “processo del popolo woke“, compresa una statua allegorica.

Il doppio vandalismo di Chicago

Ed è proprio due delle statue di Chicago che sono state oggetto di vandalismo a cavallo del midterm e della festa del Ringraziamento. Il Thanksgiving, Festa del Ringraziamento, essendo la festività associata ai Padri Pellegrini, è ormai un simbolo stesso del colonialismo. A differenza del Columbus Day, legato alla comunità italo-americana, la Festa del Ringraziamento è talmente radicata nella cultura a stelle e strisce che non subisce attacchi frontali. Ma negli ultimi anni la data è diventata occasione per vandalismi su statue, specialmente legate a pellegrini, pionieri e simboli legati al mondo nativo.

Vandalismi tra Columbus Day e Ringraziamento

E così durante la festività del Ringraziamento è stata colpita la statua del giovane Lincoln, con la consueta vernice rossa. Sul basamento frasi come colonizer, land back e la dicitura Dakota 38. Statua che è tra le 5 statue a rischio identificate dal Chicago Monuments Project, assieme al più famoso Lincoln in piedi di Saint-Gaudens. Opera che fino a qualche anno fa era considerata la statua più significativa dedicata al presidente assassinato.

Monumento che era stata colpito proprio lo scorso lunedì 10 ottobre in maniera analoga. Vernice rossa, scritte “land Back!“, “Dethrone the Colonizers!” e “Revenge the Dakota 38“, in quella che è la settimana del Columbus Day.

La rimozione alla Cornell University

Insomma tolte le statue dei Confederati, o là dove i Confederati non sono mai arrivati come a Chicago Lincoln è finito in cima alla lista dei personaggi “controversi”….

E se è controversa una figura come Lincoln, tutti sono a rischio. Lo dimostra bene il caso della Cornell University, a Ithaca, New York. Ateneo membro della prestigiosa Ivy League finito nell’occhio del ciclone lo scorso giugno per “colpa” di Lincoln. L’università aveva fatto rimuovere un busto di Lincoln e una targa con il discorso di Gettysburg dopo aver ricevuto una lamentela!

Lo sdegno è stato tale che a settembre l’università ha fatto marcia indietro, riposizionando il busto e la targa in questi giorni. Il professore associato Randy Wayne della Cornell ha dichiarato in un’intervista radiofonica alla Fox: «Credo che questo sia l’annullamento della cultura della cancellazione. L’annullamento di Lincoln è una vera vittoria contro la cultura dell’annullamento che si è impadronita delle università»1.

Attacco a Lincoln, una tendenza in crescita

Ma c’è da essere meno ottimisti del professor Wayne. Certo la Cornell University ha ammesso l’errore. L’Università di Madison, Wisconsin, non ha ancora assecondato chi chiede la rimozione della statua di Lincoln, nonostante sia in corso di realizzazione un documentario per dimostrare l’attivismo contro la statua stessa. E la stessa commissione dei monumenti di Chicago è apparentemente ancora in una fase interlocutoria, e le statue sono ancora tutte al loro posto. Ma il fatto che non si sia ancora passati alla fase esecutiva, più che a una maggiore comprensione della Storia, è forse imputabile ai problemi di criminalità della città. Problemi che rischiano di compromettere la rielezione del sindaco democratico Lightfoot, e che consentono alla repubblicana Fox di fare al novembre 2022 titoli strillati come pandemic of violence“.

Se le istituzioni per adesso osservano e non prendono iniziative per il vandalismo ormai non c’è più distinzione tra Lincoln e i confederati. Come dimostrano i due recenti casi di Chicago culmine di una lunga scia di attacchi a base di vernice rossa.

Vandali against Lincoln

Mentre in passato i vandalismi erano casi isolati e privi di qualunque rivendicazione storico-politica (come il vandalismo al Lincoln Memorial del 2013), un piccolo busto a Chicago i cui danni negli anni sembrano legati più all’incuria che altro o la statua di Ashland, Oregon, periodicamente decapitata dagli anni ’60.

Lincoln ormai è un obiettivo legittimo delle proteste. E come dimostrano i casi passati una volta che una figura storica è diventata un obiettivo è difficile tornare indietro. Le amministrazioni preferiscono togliere i monumenti a rischio, o rinunciare a ripristinare quelli rimossi. Come dimostra il caso di Portland, dove a due anni dall’abbattimento le autorità locali non hanno ancora preso una decisione sul ripristino delle statue. O il momunento di Boston che dopo due anni non ha ancora musealizzato la statua rimossa.

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Note

1 – “I believe that this is the uncanceling of the cancel culture. The uncanceling of Lincoln is a real win against cancel culture that has taken over the universities

Randy Wayne, associate professor at Cornell University’s School of Integrative Plant Science, told Fox News Digital in a phone interview.

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